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Striscioni

di Andrea Cascioli - 23/06/2019

Striscioni

Fonte: Andrea Cascioli

Repubblica sta documentando il fatto che in diversi comuni, per motivi vari, stiano togliendo dalle facciate di municipi e amministrazioni locali gli striscioni verità per Regeni.
Ora, a monte di tutti i giudizi etici e non etici vorrei partire da un presupposto: la campagna di Amnesty International (e Repubblica) è cominciata a febbraio 2016, quindi tre anni e mezzo fa. Ammettiamo pure che tre anni siano pochi, diciamo che queste strisce di pvc giallo debbano restare dove sono per più tempo. Vorrei capire esattamente se c'è un "quanto". Se a Repubblica pensano che tra tot anni (dieci anni? Vent'anni? Cinquant'anni? Cento?) sarà lecito ritenere, senza incorrere in anatemi e condanne morali, che il comune di Vergate sul Membro abbia dato un contributo sufficiente alla campagna - in sé meritoria, ci mancherebbe - ed esercitato sul governo egiziano tutta la pressione politica che poteva fare.

A margine di tutto questo: da quando nel nostro ordinamento esistono i comuni c'è un metodo più che dignitoso per onorare la memoria di personalità ormai decedute ed è l'intitolazione di targhe, sale, vie, piazze, scuole, giardini, istituti scolastici. Ci sono per esempio le pietre d'inciampo che sono un bel modo per ricordare i deportati nei lager.

Questa moda degli striscioni sulle finestre dei municipi (per giunta col logo di un'associazione in bella vista) non rientra nella stessa categoria, ed è invece parente stretta dell'attitudine di chi nei pubblici uffici ha preso a mettere e togliere bandiere di Paesi stranieri o di nazioni senza Stato, levare il ritratto del presidente della Repubblica, appendere il calendario del duce o di Che Guevara e avanti andare.

Per quanto mi riguarda nell'ufficio di un funzionario pubblico non dovrebbe starci neanche la foto dei suoi figli. Già che si parla spesso di senso dello Stato ricominciamo a stabilire la giusta distanza tra le istituzioni e le copertine di Facebook.