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Macellato con la spada dal profugo: e i media, zitti

di Francesco Lamendola - 06/08/2019

Macellato con la spada dal profugo: e i media, zitti

Fonte: Accademia nuova Italia

Tre fatti di cronaca provenienti dalla Germania, la patria dell’accoglienza e la cabina di regia delle politiche migratore dirette dall’Africa e dall’Asia verso l’Europa: tre, desideriamo sottolineare, fra le decine e decine che avremmo potuto mettere in fila.

Cittadina di Bad Kreuznach, presso Magonza, 15 gennaio 2019. Un richiedente asilo afghano di venticinque anni accoltella al ventre una donna polacca incinta e provoca la morte immediata del nascituro; poi tenta di far perdere le sue tracce, ma viene catturato quando è giunto vicino alla stazione ferroviaria.

Francoforte, 29 luglio 2019. Un eritreo di 40 anni, richiedente asilo, ha spinto una mamma e il suo bambino di 8 anni sotto il treno che stava entrando nella stazione ferroviaria; la donna, pur ferita, è sopravvissuta, mentre il bambino  morto sotto le ruote del veicolo.

Stoccarda, 31 luglio 2019. Al termine di una lite di cui s’ignorano, per ora, le cause, un richiedente profugo siriano di 28 anni ha aggredito e massacrato a colpi di spada, o di machete, un tedesco di 36 anni, lasciandolo cadavere in mezzo alla strada; poi è fuggito in bicicletta e solo in serata le forze di polizia lo hanno ritracciato e arrestato.

Sono solo tre casi, ripetiamo, su cento altri che avremmo potuto citare. Ciò che li accomuna è la scarsa eco che hanno avuto sui media in Germania, e la nessuna eco che hanno avuto nel resto d’Europa. L’ultimo e il più raccapricciante, quello del migrante che trucida con la spada un uomo inerme, tagliandolo a fette e lasciandolo sull’asfalto, sotto gli occhi increduli dei passanti, come in un film dell’orrore (esiste un video in rete che ritrae tutta la scena, se avete voglia di guardarlo) è passato del tutto inosservato. I nostri giornali e telegiornali si sono semplicemente scordati di informarci di quanto era accaduto. Anche per le avare notizie di altri episodi, i giornali che li hanno riferiti si sono premurati di aprire il titolo con una opinione spacciata per spiegazione: Pazzia. Si vuol dare a intendere che per questi fatti non esiste spiegazione, si tratta di episodi isolati dovuti a squilibrio mentale di pochi soggetti devianti. Non possiamo evitare di domandarci cosa sarebbe successo e come si sarebbero comportati giornali e televisioni se si fosse trattato di episodi di segno opposto, cioè di inermi migranti aggrediti da cittadini tedeschi armati di spada o di qualsiasi altra arma, o sospinti sotto le ruote di un treno in arrivo alla stazione. Sappiamo cosa avrebbero fatto perché lo vediamo tutti i giorni: avrebbero dato a quei fatti un immenso risalto. Il presidente della Repubblica (tedesca, in questo caso), le autorità, il sindaco, la polizia, i sociologi, i filosofi, i teologi, tutti si sarebbero lanciati in sermoni contro il razzismo, l’egoismo, il populismo, che stanno avvelenando il clima in Europa e che sono responsabili, quanto meno in senso morale, di ogni singolo episodio di violenza diretto contro un migrante. Il papa, da parte sua, o meglio quel signore che veste da papa e si spaccia per papa, senza esserlo, anzi senza essere neppure cattolico, avrebbe levato altissime strida, avrebbe tuonato dal balcone del Palazzo apostolico al momento dell’Angelus, accusando e stigmatizzando il comportamento barbarico e anticristiano degli ignobili assassini. Ma poiché, in tutti questi casi, le vittime erano pacifici cittadini europei, tedeschi nello specifico, mentre i carnefici erano i poveri migranti, quelli che scappano da fame e guerre, quei disperati che sono venuti in cerca di una vita migliore, allora ai mass-media è stata data la consegna del silenzio. Mass-media servi del potere, ridotti a dire – o a tacere, secondo gli ordini di scuderia - tutto ciò che vogliono i loro padroni e signori, i finanzieri delle grandi banche. E gli opinionisti e gli intellettuali mainstream ancor più servi, in quanto la loro prostituzione culturale è ancor più abietta, nascendo unicamente dalla vanità e dalla brama di trovarsi dalla parte giusta della barricata ideologica. E la parte giusta, per costoro, non è certo quella che indica loro la coscienza, che del resto non hanno, ma quella che esercita una certa attrattiva sul loro portafoglio e che può aiutare la loro popolarità a livello di audience.

Quello che più colpisce in simili episodi, forse più ancora della violenza barbarica, disumana, di tali delitti, è la consegna del silenzio rigorosamente osservata da tutti i maggiori mezzi d’informazione, compresi quelli italiani. È come se le povere vittime fossero state ammazzate due volte, perché alla gente non è dato sapere ciò che è loro accaduto. Il potere ha troppa paura che possa cominciare ad inquietarsi, che possa fare le sue amare riflessioni, che possa sonoramente bocciare la politica di accoglienza dei governi dell’UE dominata in ogni senso dalla BCE. Evidentemente, la gente non deve sapere quel che accade, quali sono i costi reali delle politiche di accoglienza e che tipo di situazioni provochi l’ingresso di decine di migliaia di stranieri, provenienti da zone geografiche e soprattutto da culture diversissime da quella europea; stranieri dei quali non sappiamo praticamente nulla, a cominciare dal fatto se siano dei veri profughi e se realmente scappino da guerre o emergenze umanitarie; e che razza di persone siano, se galantuomini o delinquenti della peggiore specie; se portino con sé malattie contagiose; se fra loro vi siano dei terroristi decisi a organizzare attentati; e infine se siano suscettibili e desiderose d’integrarsi o se siano ben decise a formare come delle isole a sé stanti, occupando il territorio come degli autentici invasori, e costringendo i residenti locali a sottomettersi o ad andarsene via.

Si ha l’impressione, comunque, osservando la frequenza con cui i richiedenti asilo commettono reati gravissimi e non di rado tanto efferati quanto gratuiti, che in molti di loro covi una rabbia mostruosa, un odio assoluto verso la società in cui hanno voluto recarsi e alla quale hanno chiesto ospitalità e comprensione; qualcosa di simile all’istinto di morte che spinge lo scorpione a pungere la rana che lo sta trasportando in salvo sulla corrente del fiume, contro ogni logica oltre che contro la più elementare gratitudine. Sia che le loro aspettative fossero esagerate e del tutto irrealistiche, e siano poi rimasti delusi dalla realtà dei fatti; sia che lo shock culturale sia stato troppo forte e troppo brusco (passare da una società fondamentalista islamica, basata sulla stretta osservanza del Corano, alla società aperta post-moderna, edonista e libertina, non è certo cosa da poco), è come se nelle loro menti vi sia stato un corto circuito; come se qualcosa fosse impazzito e avesse prodotto un fiotto di sentimenti distruttivi, risvegliando ataviche violenze e un’oscura mescolanza di odio, invidia, disprezzo e gelosia. Negli stupri etnici di Colonia, per esempio, la notte di Capodanno del 2016, vi è stato qualcosa di più che la semplice, si fa per dire, violenza sessista del maschio tradizionalista nordafricano nei confronti della donna tedesca, libera ed emancipata nel modo di vestire, nei comportamenti, ecc.: è ormai accertato che si è trattato di una specie di gigantesco agguato di massa, nel quale si è resa esplicita una carica di aggressività che è comunque insita in quelle persone e che rimane allo stato latente fino a quando non si presenta l’occasione per venire a galla, con tutta la sua forza dirompente. Dell’uomo eritreo che ha spinto la mamma e il bambino sotto il treno, per esempio, le autorità hanno detto che era considerato un modello d’integrazione riuscita: era in Europa già da alcuni anni e pareva perfettamente inserito, né aveva mai creato problemi o manifestato insofferenze. E allora, cosa può averlo spinto a compiere un gesto così terribile e, in apparenza, così inutilmente insensato? Riteniamo che tutti, a cominciare dai buonisti dell’accoglienza indiscriminata, ma anche gli stessi migranti, abbiano sottovalutato ciò che comporta, in termini di stress psicologico e spirituale, uno sbalzo repentino dai modi di vita africani e asiatici al contesto della società europea odierna. La dipendenza di quei soggetti dai telefonini e dalla musica da ascoltare mediante gli auricolari è solo la punta dell’iceberg. Evidentemente, la scossa che comporta quel passaggio è tale da mandare in crisi tutte le certezze e i punti di riferimento e provoca negli individui uno sconvolgimento dalle dimensioni gigantesche e dalle conseguenze imprevedibili. Chi può dire cosa accade in quelle menti, di fronte a un simile shock? Chi potrà misurare la mescolanza di sentimenti opposti, l’ambivalenza di odio e amore che un eritreo, un nigeriano, un senegalese, vivono sulla loro pelle arrivando in una terra così diversa dalla loro, dopo che una propaganda ingannevole li aveva illusi che arrivare in Europa avrebbe significato automaticamente arrivare nel paese del latte e del miele, dove tutti sorridono e non aspettano altro che di prodigarsi in ogni modo a favore dei nuovi venuti? Dove le relazioni sociali sono improntate su un registro e su una tonalità affettiva completamente differenti da quello che caratterizza la vita in un villaggio maghrebino o pakistano?

Queste cose le Boldrini, i Bergoglio e tutti i soloni dell’immigrazionismo non se le sono mai chieste, anche perché essi partono da un atteggiamento di spontanea sottomissione culturale. La signora Boldrini, che trova acconcio e appropriato presentarsi in visita dal Santo Padre indossando le ciabatte, come in spiaggia, non oserebbe mai ricevere degli imam per conferire con loro, senza mortificare la propria femminilità nascondendo i cappelli sotto il velo, fino all’ultima ciocca; e il signor Bergoglio, che nessuno mai ha visto inginocchiarsi devotamente e umilmente davanti al Santissimo, si fa vedere e fotografare sovente mentre s’inginocchia fino a terra e bacia le scarpe ai suoi ospiti e mentre lava i piedi ai poveri migranti d’ambo i sessi. Per i fautori dell’accoglienza selvaggia, per i tifosi delle capitane violatrici di porti e speronatrici di motoscafi della Finanza, per i preti telefonisti amici degli scafisti come don Mussie Zerai e per i preti, come don Paolo Farinella, che non celebrano la Messa di Natale per una forma di solidarietà con il dramma dei migranti, è scontato che gli europei e i cristiani sono in fallo davanti ai non europei e ai non cristiani; che si devono vergognare, non si sa bene di cosa e perché, e farsi perdonare le loro colpe o quelle dei loro avi; che qualsiasi gesto di solidarietà verso i nuovi venuti è semplicemente un atto dovuto e, anzi, che qualsiasi cosa si faccia in loro favore, sarà sempre poco, sarà sempre insufficiente, sarà solo un acconto sul debito morale che noi, ricchi ed egoisti, abbiamo nei loro confronti. Come ha detto candidamente la signorina Carola Rackete: Quando mi sono accorta che ero figlia di una società ricca, che avevo il passaporto giusto, ecc., mi sono sentita in obbligo di fare qualcosa per i meno fortunati. E questo fare qualcosa ha preso, in lei e in tanti altri come lei, la forma di un’imposizione della loro volontà di espiazione e di auto-punizione a tutti gli europei, e specialmente agli italiani (chissà come avrebbero reagito il governo e l’opinione pubblica tedeschi, se la nave Sea Watch si fosse presentata, carica di clandestini, davanti a Brema o ad Amburgo), che hanno la sorte di essere i più esposti geograficamente. Come se i missionari e le missionarie cristiani, che da sempre donano la loro vita al bene dei popoli africani, e che lo fanno con umiltà e modestia, spesso pagando col martirio, e anche con molto buon senso, cioè aiutando quei popoli a badare a se stessi e non incoraggiandoli a fuggire in massa, fosse poco; come se le pagine meravigliose scritte dagli uomini e dalle donne che, in nome del Crocifisso, hanno lasciato le loro case e le loro famiglie per donarsi interamente a un ideale di fratellanza e solidarietà cristiana, fosse qualcosa che ha meno valore della bravata di una ragazzotta tedesca viziata e milionaria, che si sente un’eroina, e viene acclamata da molti come tale, per la bella impresa di aver violato la legge di uno Stato sovrano e mostrato a tutto il mondo che la strada giusta è quella presa dai migranti: abbandonare l’Africa, piantare in asso le famiglie, catapultarsi in Europa a cercar chissà quale fortuna, quale miraggio di felicità. Salvo poi restare amaramente delusi e aver voglia di spaccare tutto: di spingere una mamma col suo bambino sotto le ruote di un treno, o di menare fendenti contro il ventre d’una donna incinta, o tagliar a pezzi con la spada un inerme cittadino per sfogare tutta la propria rabbia, frustrazione e disperazione.

Resta quel silenzio assordante, inquietante, da parte dei mass-media intorno ai crimini compiuti quotidianamente dai migranti. I più rozzi fautori dell’immigrazione selvaggia, come il signore che si veste da papa ma che non è papa, fanno notare che anche gli europei commettono dei crimini: come se in un simile “argomento” ci fosse un minimo di logica e di senso comune. Ma è un modo di pensare coerente con le premesse; e la premessa fondamentale di costoro è la stessa di Thomas Müntzer, la storia ce lo insegna, il quale sosteneva che tutta la terra appartiene a tutti gli uomini. L’idea comunista dell’assoluta uguaglianza materiale si sposa e si fonde con l’idea capitalista che chiunque può andare dove vuole e stabilirsi nel luogo che più gli piace, senza dover dare tante spiegazioni, perché in fondo la terra è di tutti e la libera circolazione delle merci e delle persone significa anche libera migrazione di massa per i popoli: un corollario dell’idea capitalista che nulla si deve opporre alle leggi del progresso economico, in realtà le leggi del massimo arricchimento per gli speculatori finanziari, al più alto costo sociale per i popoli. In altre parole: questi migranti sono solo carne da macello di cui si servono gli speculatori finanziari per abbassare sempre più il costo del lavoro, per cui anche i lavoratori europei sono solo carne da macello, con la prospettiva di una prossima guerra fra poveri per disputarsi l’ultimo posto di lavoro precario e sottopagato, come dei moderni schiavi. Siamo proprio sicuri che sia questa la soluzione giusta ai problemi dell’Africa?