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Il guru dei sovranisti lascia l'Europa. Nessun rimpianto

di Gennaro Malgieri - 09/08/2019

Il guru dei sovranisti lascia l'Europa. Nessun rimpianto

Fonte: Il Dubbio

Ci chiedevamo qualche giorno
fa che fine avesse fatto
Steve Bannon. Ne avevamo
perso le tracce. Dopo aver infiammato
il fronte europeo sovran-
populista si era come eclissato.
Il suo “The Movement” sparito
improvvisamente, insieme alla
prospettiva di fare dell’antica abbazia
di Trisulti nel Frusinate una
scuola d’élite per aspiranti propagandisti
del sovranismo in salsa
americana: una bizzarria considerato
che l’operazione avrebbe dovuto
avere come scenario l’Europa.
Poi il vetusto monastero gli è
stato negato e Bannon si è eclissato.
Fino alla scorsa settimana,
quando Donald Trump, il suo mentore
e beneficiario delle “bannoniane”
invenzioni elettorali
nell’ultima fase della campagna
presidenziale, dopo averlo cacciato
dalla Casa Bianca senza un motivato
perché - plausibile il contrasto
con la famiglia del presidente
ed in particolare con il marito di
Ivanka, Jared Kushner - lo ha in
qualche modo “riabilitato” con un
tweet. Il 2 agosto scorso, a sorpresa,
il presidente ha mandato un
messaggio variamente interpretato.
Eccolo: «Bello vedere che uno
dei miei migliori allievi è ancora
un grande fan di Trump. Steve si è
unito a me dopo aver vinto le primarie,
ma mi è piaciuto molto lavorare
con lui!». Preludio ad una ricomposizione
dopo le affermazioni
di Bannon sul clan Trump contenute
nel libro di Michael Wolff
Fire and Fury: inside the Trump
White House? Presto per dirlo.
Fatto sta che la presenza dell’ex direttore
di Breitbart, ai confini con
il Messico ad un’adunata anti-immigrazione
l’altro giorno, di sostanziale
appoggio alla costruzione
dei muri di Trump, sta facendo
parlare in America di un riavvicinamento.
Che tuttavia non esclude
l’interesse di Bannon per l’Europa
dalla quale - per dirla tutta e senza
giri di parole - è stato “costretto”
ad allontanarsi dopo la sua breve
stagione di guru di una destra “alternativa”,
che poco ha a che fare
con una vera destra conservatrice
e riformista, dalla progressiva indifferenza
che hanno mostrato nei
suoi confronti e del suo progetto
Salvini e Le Pen, Di Maio e Wilders,
oltre ad altri esponenti di secondo
piano del populismo continentale.
Si potrebbe dire che ce ne
hanno messo i suoi sponsor della
prima ora ad accorgersi che Bannon
non faceva per loro. Negli ambienti
della destra-destra italiana
è stato sempre visto con diffidenza;
è uscito anche un libretto a più
mani che lo sconfessava: Inganno
Bannon. Poi, dopo alcune interviste
televisive, molto poco originali,
e tanti titoli sui giornali non proprio
lusinghieri, si è capito che era
un eccentrico “americano a Roma”
(ma anche a Parigi e a Londra)
in tour per autopromuoversi. E sostenere
(ma ne avevano bisogno?)
l’alleanza tra Lega e Cinque Stelle.
Quella stessa alleanza che oggi dagli
Stati Uniti - come anticipa il
Corriere della sera pubblicando
un estratto che uscirà su Sette -
Bannon considera fallita. «Penso -
dice - che quello tra Salvini e Di
Maio sia stato un nobile esperimento.
Mi piacerebbe vederlo continuare,
sarebbe fantastico, ma capisco
perché potrebbe non accadere.
Hanno cercato di tenere unite
due visioni diverse dell’economia,
da una parte il salario minimo
e dall’altra la flat tax. E poi credo
che Salvini stia dando un messaggio
a chi lo ha votato nelle elezioni
europee». E ci voleva tanto a capirlo?
Mobilitare organizzazioni, raccogliere
risorse, spingere energie
politiche all’impegno sovranista
per concludere, in pochi mesi, che
non tutti i matrimoni riescono, è il
segno di un fallimento analitico assai
grave per chi si propone obiettivi
di vasta portata. Il suoi matrimoni,
quelli privati cioè, di Bannon,
sono stati tre e dalla durata piuttosto
breve. Di esperienza, come ammette,
dunque ne ha fatta. Insomma,
l’uomo che per una stagione
non lunga ha tentato confusamente
di rivitalizzare una certa destra
conservatrice americana, molto
meno bisogna dire di quanto riuscì
a Sarah Pallin e al movimento del
Tea Party, è tornato a casa. Forse ne
sentiremo ancora parlare. Ma i
suoi giocattoli europei giacciono
spiaggiati sulle nostre coste e nessuno
sembra intenzionato a raccoglierli.
A dimostrazione che non si
sbagliava chi sosteneva che era un
bluff politico, una fugace apparizione,
una meteora, un’ “americanata”
insomma alla quale tanti europei,
benché “sovranisti” (in maniera
sui generis), erano stati solleciti
ad incoraggiarne l’azione “colonizzatrice”
in un campo che non
poteva essere il suo. Se non tornerà
da Trump, comunque, da qualche
altra parte lo vedremo intrufolarsi.
L’uomo è abile. Non dimentichiamo
che qualche successo l’ha avuto
nel mondo delle fiction...