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Ghiaccio bollente

di Pierluigi Fagan - 16/08/2019

Ghiaccio bollente

Fonte: Pierluigi Fagan

Trump vuole comprarsi la Groenlandia? Trattata a poco meno che una boutade, un lancio Reuters, oggi ripreso da Repubblica, Corsera e La Stampa, ma più ancora dall’intero schieramento della stampa internazionale, anglosassoni in fila, riporta degli sghignazzi dei politici danesi. Danimarca dove Trump si recherà però in visita ai primi di settembre. Ma la faccenda è molto meno surreale di quanto si voglia mostrare.
Il contesto è duplice. Da una parte lì si sta sciogliendo tutto checché ne dicano gli improvvisati de-bunkers del cambiamento climatico. Le terre si liberano e si offrono a vari utilizzi tra cui quelli minerari hanno la precedenza. Dall’altra, proprio in ragione di questa emersione di una parte del globo prima infrequentabile, non solo per la terra ma anche per il mare, c’è grande fermento tra le potenze, russi e cinesi su tutti. Dopo aver spulciato un po’ il web, penso di far cosa gradita allegando l’articolo di analisi più ampio e fondato dell’immancabile Politico, è di giugno ma torna molto utile per inquadrare la faccenda reale.
In breve, la situazione è questa: La Danimarca è tra i paesi fondatori della NATO, gli USA hanno un decennale accordo militare sulla Groenlandia ed una base attiva. I danesi, pare che comincino ad avere problemi a pagare l’annuale contributo di sostegno alla vita dei 50.000 abitanti l’isolone ghiacciato. Gli americani, da tempo, armeggiano cercando di promettere investimenti che però poi non arrivano. Lo fanno per cercare di contrastare la pesante infiltrazione cinese già attiva con diritti di sfruttamento minerario da soli ed in co-partnership con gli australiani, nonché reitarti tentativi di comprare porti ed aeroporti. Se i russi stanno puntando pesantemente sul Polo Nord riaprendo basi, varando navi, sottomarini e rompighiaccio e chiedendo la ratifica di una nuova cartina dei diritti territoriali che amplierebbe di parecchio le proprie pertinenze, i cinesi non sono da meno come si leggerà nell’articolo ed in un più superficiale ma non sbagliato video uscito dalla Gabanelli su Corsera che allego qui in chiusura. Politico riferisce che gli americani hanno a lungo avuto un solo rompighiaccio vecchio di 43 anni, quasi sempre in riparazione (con ricerca dei pezzi di ricambio su eBay) e solo di recente Trump è riuscito a farsi finanziare dal Congresso uno nuovo. Il problema dunque sono i soldi, come al solito. La boutade di Trump, prima del viaggio danese, potrebbe esser solo una far venire l’acquolina in bocca ai nordici non certo per fargli vendere l’isolone (tra l'altro: comprandolo con che soldi?) ma per fargli assaporare la possibilità di fare nuovi business vantaggiosi mettendo i cinesi in stand by.
Si capiranno allora meglio alcune cose. La prima è che la faccenda artica promette di incendiarsi a breve e chissà che la stagione degli incendi nelle zone pre-artiche di questa estate non ne sia più che una simbolica avvisaglia. La seconda è che se Trump chiede alla Germania di aumentare il contributo NATO è perché la NATO deve ridistribuirsi sul pianeta secondo nuove logiche e le ridistribuzioni costano. La terza è che quando commentiamo questioni sul Mar Cinese o Malacca o Hormuz o Bad El Mandeb o Suez o il Mediterraneo o Gibilterra o Panama o altrove, c’è chi questi problemi non li ha uno per uno ma tutti assieme. E quel qualcuno non può certo più far fronte da solo a tutta questa complessità, quindi le redini dell’alleanza atlantica (più tutti gli altri accordi multilaterali o bilaterali che hanno gli USA come terminale) si faranno sempre più strette e gli inviti più imperiosi o meglio nervosi. La quarta ed ultima, è che gli Stati Uniti, con Trump, stanno giocando una partita davvero difficile che in breve sembra sempre meno la continuazione del “Secolo Americano” e sempre più il cercar di guadagnare tempo prima che cinesi, indiani, russi, golfisti, europei e tutti gli altri, esplodano nel conclamato casino multipolare che di certo restringerebbe di non poco le condizioni di possibilità americane con effetti non lineari a cascata molto imprevedibili.
Comunque, da tempo sottolineo come il cambiamento climatico (si legga bene, ho scritto “cambiamento” non “riscaldamento”) ponga due questioni simmetriche nel tempo: da dove viene e dove va, cioè che effetti avrà, come prepararsi a gli impatti nel mentre ci si diletta a disquisire sulle cause. Mentre i più attardati si scannano sulle cause dilettandosi nel decostruire la ragazzina scandinava, i più svegli (i responsabili delle potenze) si stanno già dando gran da fare su gli effetti.
Il Nuovo Mondo Multipolare, passa anche per i poli geografici. La nuova guerra fredda guarderà sempre più a Nord e non per simpatia climatica.