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Prigionieri palestinesi ancora in sciopero della fame

di Gianni Sartori - 24/08/2019

Prigionieri palestinesi ancora in sciopero della fame

Fonte: Gianni Sartori

L'annuncio risale alla sera del 21 agosto. La sezione penitenziaria del Fronte popolare per la Liberazione della Palestina informava che altri prigionieri entravano in sciopero della fame per tre giorni in sostegno di Huzaifa Halabiya e degli altri palestinesi in sciopero della fame illimitato. Al momento, 24 agosto, Hazaifa (imprigionato in “detenzione amministrativa” senza accuse e senza processo dal 10 giugno 2018) è ormai al 56° giorno di digiuno.  La sua salute già precaria (è sopravvissuto alla leucemia e da bambino ha subito gravi ustioni) richiede cure mediche urgenti e specialistiche. Al momento dell'arresto sua moglie era incinta e lui non ha mai avuto la possibilità di incontrare la figlioletta Majdal.

Altri otto detenuti stanno mettendo in pratica la medesima protesta e in oltre cinquanta hanno preso parte a scioperi temporanei di solidarietà. Già il 30 luglio una ventina di prigionieri si erano uniti alla protesta di quelli in “detenzione amministrativa”. Questo gruppo di 20 era coordinato da Wael Jaghoub, esponente del FPLP. Come ritorsione le forze di sicurezza avevano perquisito e devastato  le sezioni 10 e 13  in cui sono rinchiusi i militanti del FPLP, minacciandoli di ulteriori trasferimenti.

Dall'inizio della protesta si sono già tenute diverse manifestazioni,. In particolare a Gaza nell'ufficio dell'Alto Commissariato ai diritti umani e davanti alla prigione di Ofer.

Uno sciopero generale (soprattutto tra i commercianti) si era invece svolto a Eizariya e Abu Dis (Gerusalemme). Qui in precedenza c'era stata anche una manifestazione a cui avevano partecipato centinaia di persone. Ma veniva duramente repressa con gas lacrimogeni, granate assordanti e proiettili di gomma (in realtà di metallo e solo rivestiti di gomma).

Un ulteriore comunicato dei prigionieri  chiamava “tutti gli abitanti della Cisgiordania, di Gerusalemme, di Gaza, della Palestina occupata dal '48 e dei campi dei rifugiati della diaspora a testimoniare che noi conduciamo insieme una battaglia, quella della libertà e della vittoria”.

Si chiedeva inoltre che il ministro per la sicurezza pubblica - Gilad Erdan – e altri funzionari israeliani responsabili delle ingiuste “detenzioni ammnistrative”, siano sottoposti al giudizio di una corte internazionale “per i loro crimini contro i prigionieri e contro l'intero popolo palestinese”.

 Il comunicato proseguiva con una richiesta precisa, ossia che  “ il Comitato internazionale della Croce Rossa e altri organismi internazionali si assumano le loro responsabilità nei confronti dei prigionieri”. Tali istituzioni infatti “non possono rimanere in silenzio”.

 Oltre a  Huzaifa Halabiya sono in sciopero della fame illimitato:

Ahmad Ghannam, anch'egli sopravvissuto alla leucemia e ovviamente in “detenzione amministrativa”; De Dura, padre di due figli; Ismail Ali, ugualmente padre di due figli e arrestato – sempre senza accuse - nel gennaio di quest'anno;  Sultan Khallouf, proveniente da Burqin, un villaggio nei pressi di Jenin; il ventenne Wajdi al-Awawdeh in prigione dall'aprile 2018; Tareq Qa'adan di Jenin, già incarcerato per 11 anni; Nasser al-Jada e Thaer Hamdan.

Tutti loro – ripeto – sono in “detenzione amministrativa”, una pratica introdotta in Palestina all'epoca del mandato coloniale britannico e poi mantenuta da Israele.

In base a tale norma i palestinesi possono essere condannati a sei mesi di detenzione senza accuse e senza processo. Inoltre tale ordinanza è rinnovabile, praticamente all'infinito, per anni. Su un totale di circa 5mila prigionieri palestinesi attualmente sono circa 500 quelli in tale condizione.

I prigionieri in sciopero della fame vengono sottoposti a repressione, angherie di vario genere: continui trasferimenti, isolamento, privazione del sonno...

E ovviamente le loro condizioni di salute sono peggiorate con perdita di peso, vomito, difficoltà nei movimenti, dolori articolari, problemi respiratori e alterazione della frequenza cardiaca.

Samidoun, rete internazionalista di solidarietà con i prigionieri palestinesi, ha chiesto a tutti coloro che si sentono solidali con il popolo palestinese di intraprendere manifestazioni, sit in, conferenze e petizioni per esprimere adeguatamente la vicinanza nei confronti di questi coraggiosi prigionieri in lotta per la giustizia e la libertà.