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Georges Habash e la Resistenza palestinese

di Thierry Meyssan* - 31/01/2008




Georges Habash, figura carismatica della Resistenza palestinese è morto in esilio, il 26 gennaio 2008, all’età di 81 anni. Malgrado una vita di combattimento, egli non ha assistito alla liberazione della Palestina e alla creazione di uno Stato unico, laico e socialista, da lui sempre auspicato, in cui Palestinesi e coloni ebrei sarebbero stati eguali. Di fronte alla commozione popolare, i suoi avversari dell’Autorità Palestinese hanno decretato un lutto nazionale di tre giorni.

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27 gennaio 2008

Georges Habash nasce il 2 agosto del 1926, a Lydda in Palestina (rinominata « Lod » dallo Stato di Israele), in una famiglia di commercianti greci ortodossi. Nel 1948, mentre segue gli studi di medicina all’università Americana di Beyruth, l’Hagannah (una milizia sionista) e l’Agenzia ebraica (ossia l’esecutivo sionista clandestino nella Palestina sotto mandato britannico) adottano il « Piano Dalet » [1]. Gli avvenimenti che seguiranno decideranno il suo destino.

Gli storici divergono sull’obiettivo di questo piano. Per Benny Morris, esso mirava a rendere sicura la zona di colonizzazione ebraica espellendo, se necessario, le popolazioni autoctone. Ma, per Ilan Pappe, chef a riferimento alle memorie di David Ben Gurion, il suo scopo era ripulire etnicamente la Palestina. Secondo il Piano stesso, si trattava di «operazioni contro i centri di popolazione nemica situati all’interno del nostro sistema di difesa o in prossimità di esso, al fine di impedire che siano utilizzati come basi da una forza armata attiva. Queste operazioni possono essere condotte nel modo seguente : o distruggendo i villaggi (incendiandoli, facendoli esplodere e minando e minando le loro macerie), specialmente nel caso di centri di popolazione difficili da controllare; o mettendo su delle operazioni di rastrellamento e di controllo secondo le seguenti linee direttrici : accerchiamento del villaggio e perquisizione all’interno. In caso di resistenza, la forza armata deve essere annientata e la popolazione espulsa fuori dalle frontiere dello Stato »

All’epoca, Lydda è una città di 30 000 abitanti. Dal 7 al 18 luglio 1948, l’Hagannah lancia l’operazione Danny contro le città di Lydda e Ramla e i 75 villaggi dell’agglomerato, sulla strada che da Tel Aviv porta a Gerusalemme. I miliziani ordinano ai civili di lasciare le loro case in un’ora, pena la morte. Per farsi obbedire, uccidono come capita quelli che protestano. In un caldo estenuante, la popolazione fugge a piedi, incalzata dai miliziani. Centinaia di donne e bambini sono uccisi. L’episodio è nrimasto nella memoria con l’appellativo di « Marcia della morte di Lydda ». Georges Habash assiste ai massacri e all’esodo.

In totale, in sei mesi di operazioni terroristiche, sono 800 000 i Palestinesi a prendere la via dell’esilio. In seguito, lo Stato sionista constaterà la loro assenza dalle loro case e ne confischerà i beni « abbandonati » per attribuirli a coloni ebrei.

Georges Habash ritorna a finire i suoi studi di medicina a Beyruth, dove fonda con un altro studente palestinese greco ortodosso, Waddie Haddad, le Gioventù della vendetta, un gruppo armato clandestino laico, il cui scopo è fare pressione sui dirigenti arabi eliminando quelli che collaborano con l’occupante sionista. Egli prende allora il nome di battaglia di Al-Hakim (« il dottore », ma anche « il saggio »).

Ottenuti brillantemente il suo dotorato e la sua specializzazione in pediatria, parte con il suo amico Waddie Haddad per curare i profughi in un campo in Giordania, prima di aprire insieme il « Dispensario del popolo » ad Amman. Qui, in vista della liberazione della loro patria, essi creano il Movimento dei nazionalisti arabi, di obbedienza nasseriana. Nel 1957, è coinvolto nel tentativo di colpo di Stato contro il giovane re Hussein di Giordania. Fugge, dapprima in Siria, poi in libano, mentre in Giordania viene condannato in contumacia a 33 anni di prigione, è proclamata la legge marziale e i partiti politici sono vietati.

A conclusione della Guerra dei Sei Giorni, nel 1967, e con il susseguente crollo politico del nasserismo, Georges Habash riesce a federare numerosi gruppi di resistenti laici su una base sia nazionalista araba che marxista, all’interno del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina (FPLP), di cui diviene il primo segretario generale. Progressivamente l’organizzazione interpreta il conflitto arabo-israeliano come una manifestazione dell’imperialismo e del colonialismo. Tuttavia, alla sua estrema sinistra, un’ala esclusivamente marxista leninista rompe con il nazionalismo arabo. Attorno a Naif Hawatme, essa effettua una scissione che prende il nome di Fronte Democratico di Liberazione della Palestina (FDPLP).

Il FPLP s’impone nei confronti di el Fatah di Yasser Arafat come la più radicale delle grandi organizzazioni della resistenza palestinese. Esso esegue delle spettacolari operazioni di dirottamento di aerei della compagnia El-Al. Per sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale alla causa palestinese, Waddie Haddad —forse influenza dall’URSS a cui è vicino— estende tali operazioni al di fuori della Palestina, creando per quest il FPLP-Operazioni estere (FLPL-OE). Haddad si rivolge ad un vecchio compagno di Arafat, Abu Nidal, e a gruppi stranieri come la Frazione Armata Rossa (Germania). Soprattutto, recluta un agente senza pari : il venezuelano Ilich Ramirez Sanchez (alias « Carlos »).

Il 6 settembre 1970 ; il FPLP-OE dirotta contemporaneamente Quattro aerei: uno svizzero, uno israeliano, uno statunitense ed uno del Bahrein e li poggia sulla pista della base militare britannica di Dawson, nel deserto giordano. Convoca la stampa internazionale in quello che è diventato « l’Aeroporto della Rivoluzione » e reclama la liberazione di tutti i resistenti palestinesi incarcerati nei diversi paesi interessanti in cambio della liberazione degli ostaggi. Negli Stati Uniti, il Presidente Nixon rinuncia ad intervenire militarmente mentre, nel Regno Unito, Edward Heath accetta di negoziare. Quanto alle forze giordane, esse si rivelano incapaci di controllare la situazione. La popolazione del regno, palestinese all’80%, è sul punto di sollevarsi. Ovunque sono contestati i legami della monarchia hascemita con gli anglosassoni e i sionisti. Il regime vacilla. Il 16 settembre, re Hussein decide di schiacciare la rivoluzione : decreta la legge marziale, attacca il quartier generale delle organizzazioni palestinesi ad Amman e prende d’assalto dei campi profughi che hanno proclamato la loro indipendenza. Il monarca riceve il sostegno militare del generale pakistano Muhammad Zia-ul-Haq (che sette anni più tardi prebderà il potere ad Islamabad) e del presidente iracheno Ahmad Hassan al-Bakr. I Rivoluzionari palestinesi ricevono l’aiuto del presidente siriano Salah Jadid, che arma pesamene i combattenti dell’Esercito di liberazione della Palestina (la branca militare dell’organizzazione di Arafat), in particolare fornendo loro 250 tank T-55. Il 27 settembre, un cessate il fuoco viene negoziato dal presidente egiziano Gamal Abdel Nasser e firmato aIl Cairo da Yasser Arafat e da re Hussein. Ma, il giorno dopo Nasser muore per una « crisi cardiaca » e i combattimenti riprendono. Alla fine, l’esercito reale giordano trionfa nel sangue : quel «settembre nero» sarà costato la vita a 20 000 persone. La dinastia hascemita ritrova il controllo della Giordania e i combattenti palestinesi riprendono la via dell’esilio e si raggruppano nei campi profughi libanesi. In Siria, il presidente Salah Jadid, che ha fallito, viene deposto dal generale Hafez el-Assad. Considerato responsabile dello scatenarsi di quella guerra arabo-araba, Waddie Haddad si allontana dal FPLP e crea la propria organizzazione. Pianifica allora nuove operazione, tra cui la presa in ostaggio dei ministri dell’OPEC al fine di costringere i paesi esportatori di petrolio ad utilizzare una parte delle loro entrate per aiutare il popolo palestinese e lo sviluppo del terzo mondo [2].

Habash diviene la bestia nera degli Israeliani. Al punto che, nel 1973, il Mossad dirotta un aereo della linea Beyruth-Bagdad credendolo a bordo, ma non è così.

Negli anni successive, Georges Habash si oppone a Yasser Arafat. Il FPLP lascia il Parlamento nazionale palestinese. Legalitario, Arafat crede nell’applicazione del piano dell’ONU del 1948 di divisione della Palestina (la « soluzione a due Stati ») : soera nella creazione di uno Stato palestinese sovrano accanto allo Stato di Israele. Questa logica lo condurrà all’accordo di Oslo prima di trovare il proprio limite con l’assassinio di Yitzhak Rabin, con il piano di apartheid di Ariel Sharon e con la costruzione del Muro. Da parte sua, Georges Habash crede in una soluzione democratica : un solo Stato nel quale ogni cittadino, ebreo o rabo, avrà voce uguale.

In occasione della firma dell’accordo di Oslo, nel 1993, Georges Habash costituisce a Damasco un fronte del rifiuto e lo allarga ai gruppi islamismi come Hamas e il Jihad. Il suo stato di salute lo costringe a lasciare progressivamente la scena politica. Sebbene, a titolo personale, egli si rifiuti di recarsi nella Palestina occupata per non legittimare l’Autorità palestinese, il FPLP partecipa alle elezioni legislative del 2006. Egli è morte il 26 gennaio 2008 all’età di 81 anni. I suoi amici del Réseau Voltaire rendono omaggio a questo patriota palestinese, combattente intransigente della libertà.


* Giornalista e scrittore, presidente del Réseau Voltaire.



[1] Ossia il « Piano D », essendo « Dalet » il nome in ebraico della lettera « D ».

[2] « Comment et pourquoi j’ai pris en otage les ministres de l’OPEP », di Ilich Ramirez Sanchez, dit « Carlos », Réseau Voltaire, 18 luglio 2006.





Fonte: Voltaire, édition internationale