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Una vergogna "ali" italiana

di F. D'Attanasio - 22/09/2008

 

Non c’è dubbio che la vicenda Alitalia sia da annoverare come una classica vicenda all’italiana. Se non fosse che viviamo in questo disgraziato paese ci sarebbe solo da ridere e divertirsi, ma purtroppo a noi italiani non ci resta che piangere. Non penso che in nessun altro paese dotato di un certo grado di rispettabilità in quanto a livello di sviluppo economico e produttivo, ma soprattutto sociale e culturale, si sarebbero potuto concretizzare fatti simili a riguardo, non di una impresa qualsiasi, ma della propria compagnia aerea di bandiera. Certo non è questione degli ultimi mesi, ma la causa del tutto risiede principalmente nell’inettitudine ed incapacità delle classi dirigenti politiche che si sono alternate alla guida del paese negli ultimi dieci o quindici anni. Nessuno di queste ha avuto il coraggio, come è successo in altri paesi europei svariati anni passati, di prendere il toro per le corna quando effettivamente i tempi imponevano una svolta in termini di strategie industriali complessive con l’obiettivo di essere al passo dei tempi e dei concorrenti, per evitare poi di essere da questi ultimi definitivamente inghiottiti. L’Alitalia ha rappresentato fino agli ultimi tempi il classico carrozzone italiano, vissuto da  più o meno tutti (dal più semplice operaio fino all’amministratore delegato) come il rifugio o l’ancora di salvezza, il luogo della tranquillità, tanto lo stato avrebbe provveduto a tutto, sborsando soldi ad ogni evenienza. La classe politica chiaramente è stata connivente avendo avuto il suo bel tornaconto, ma adesso sembra sia venuto proprio il momento della débâcle definitiva, perché di questo penso proprio si tratterà al di là di come concretamente riusciranno in maniera definitiva a sistemare la situazione.

Sembra quasi inutile ribadire che in questo nostro paese non c’è possibilità alcuna di fare, come si suol dire, minimamente sistema; al di là delle chiacchiere, del sistema paese non interessa assolutamente a nessuno, si fa a gara a chi più può “arraffare”, dal mondo della politica a quello imprenditorial-finanziario passando per quello sindacale. Certo le classi dominanti fanno i loro interessi, il loro obiettivo primario non è quello di migliorare le condizioni di vita complessive di chi sta socialmente “sotto”, questi agiscono principalmente al fine di estendere e rafforzare il proprio potere, ma si dà il caso che l’organizzazione capitalistica della società impone, in via generale, l’estensione del benessere a gran parte delle classi sociali, seppur con differenze spesso anche notevoli. Negli altri paesi non è che appunto i vari gruppi dominanti siano ben coesi e d’accordo su tutto, anche lì ci sono lotte spesso anche molto dure, ma rispetto a date situazioni e momenti storici prevale una certa compattezza altrimenti si finisce per essere schiacciati nella complessiva lotta intercapitalistica con conseguenze negative soprattutto per le classi subalterne. Consideriamo ad esempio gli USA, rispetto all’attuale crisi finanziaria che per adesso sta colpendo maggiormente tale paese, mi sembra che più o meno tutti si trovino d’accordo col piano di salvataggio (tengo a precisare che detto piano di salvataggio, a mio avviso, produrrà certo un qualche risultato positivo come sperato, ma avrà fiato piuttosto corto) che sta per essere messo in piedi dall’attuale governo, contravvenendo completamente ai più sacri principi liberisti, considerati fino ad oggi assolutamente indiscutibili. Non assistiamo certo al “rimballo” delle responsabilità e delle accuse per questa situazione veramente delicata e difficile fra, ad esempio, i due candidati alle presidenziali, nonostante appunto che in campagna elettorale si usino tutti i mezzi per screditare l’avversario. In Italia invece si agisce in tutt’altra direzione, si va all’arrembaggio di quelle poche ricchezze e risorse rimaste, una vera e propria azione predatoria, il tutto in conformità alle strategie geo-politiche d’oltre atlantico che ci vogliono succubi ed ubbidienti.

E passiamo al ruolo dei sindacati, ai cui vertici si pongono burocrati da strapazzo assolutamente incapaci anche di abbozzare una minima, dico minima proposta, dato che appunto non è in gioco il destino di alcune migliaia di lavoratori ma di un’azienda strategica il cui forte ridimensionamento che inevitabilmente subirà, avrà ripercussioni negative generali su tutta l’economia italiana. Ad esempio il leader della CGIL Epifani, ha dato prova, diciamo così, di grande fantasia nell’esporre le ragioni alla base della scelta da parte della sua organizzazione, di non firmare gli accordi con la CAI; secondo il segretario generale per quanto riguarda piloti e assistenti di volo, non poteva prendere una posizione "per un problema di democrazia sindacale [corsivo mio]: decide il 51% dei lavoratori. E le sigle confederali, tutte insieme, hanno una rappresentatività di gran lunga al di sotto di questa soglia". La posizione della Cgil rispetto al piano della Cai è stata quindi quella di aver "firmato per quello che riguarda la nostra rappresentatività, e ipoteticamente entro questi limiti firmeremo ancora". Avete capito cari lavoratori del settore privato, che in questi ultimi anni avete subito centinaia di accordi a perdere, accordi che il sindacato confederale vi ha fatto piombare sulla testa, senza che nessuno di voi abbia avuto la minima possibilità di esprimere uno straccio di parere? Fino all’altro ieri, questa maledetta democrazia (maledetta perché, come teneva a precisare Lenin, borghese) nelle posizioni ufficiali della CGIL e di tutto il sindacato confederale, veniva consacrata con il referendum approvativo degli accordi sottoscritti, pena la non validità degli accordi stessi. Ora, il fatto che tutti gli ultimi referendum hanno convalidato gli accordi, perché comunque messi in atto con procedure tutt’altro che democratiche, ad esempio escludendo dalle varie procedure esplicative le sigle sindacali comunque contrarie agli accordi, è un altro discorso; ma va comunque rilevato come questi loschi personaggi siano abili nel trovare i più raffinati escamotage al fine di perseguire sporchi interessi di parte. Spero quantomeno che i lavoratori abbiano capito che la CGIL, come di consuetudine fa, abbia agito in accordo con il PD per cercare in tutti i modi di mettere in cattiva luce l’attuale governo; come si fa a non sottoscrivere un accordo che prevede ammortizzatori sociali per sette anni, quanto appunto la stessa CGIL firma accordi ovunque, specialmente nel settore privato, i quali di ammortizzatori sociali ne prevedono molto meno? Ma questa volta, CGIL e PD, ho l’impressione abbiano valutato un po’ “maluccio” la situazione, tant’è vero che la stessa organizzazione sindacale sembra stia rimettendo in parte in  discussione, in queste ultime ore, le proprie posizioni iniziali. Fatto sta che la commedia Alitalia andrà avanti ancora per un bel po’ e non penso che verrà fatta fallire, non è da escludere che possa addirittura essere nazionalizzata, senza che ciò peraltro venga accompagnato da una efficace ed energica ristrutturazione tesa a rilanciarla e a farla diventare una impresa sana come conviene a qualsiasi impresa gestita con i canoni dell’efficienza e della redditività, con le ben note conseguenze sulle nostre tasche.