Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Hai 1 prodotto nel carrello Carrello
Home / Articoli / Effetti collaterali

Effetti collaterali

di Naoki Tomasini - 28/03/2006

Fonte: peacereporter.net

Continuano gli episodi di uccisioni di civili, anche da parte dei soldati Usa
Mentre prosegue il massacro di sciiti da parte dei miliziani legati al regime di Saddam e di sunniti da parte delle squadre della morte sciite, le truppe della coalizione sono sempre più odiate dagli iracheni, anche a causa di numerosi episodi, mai del tutto chiariti, di uccisioni di civili. Oggi a Mosul un’attentato ha colpito un centro di reclutamento della polizia irachena, uccidendo 30 aspiranti agenti. Mentre tra Baghdad e Baquba, sono stati ritrovati altri 40 corpi di sunniti giustiziati.
 
La moschea di Mustafa. Nella notte tra sabato e domenica i soldati statunitensi si sono resi protagonisti di un episodio che ha portato all’uccisione di diversi civili e che attizzerà ulteriormente il clima di guerra civile nel Paese. É accaduto a Sadr City, il sobborgo sciita di Baghdad, dove forze speciali irachene con la supervisione di militari Usa stavano conducendo una retata casa per casa alla ricerca di combattenti insorti. Secondo le testimonianze i militari sarebbero stati attaccati e avrebbero iniziato uno scontro a fuoco, costato la vita a 20 iracheni, perlopiù fedeli disarmati. Tra di loro anche l’ottantenne imam della moschea. Le forze della coalizione negano di aver portato la battaglia sin dentro la moschea, mentre i seguaci di Moqtada Sadr sostengono che i soldati Usa hanno ucciso le guardie del santuario e fatto irruzione all’interno dove hanno ucciso oltre 20 persone. Il ministro iracheno per la Sicurezza ha dichiarato che le vittime del raid sono state 37 e che “erano tutti disarmati, nessuno ha sparato contro i soldati. I soldati Usa sono entrati nella moschea, hanno legato i presenti e hanno sparato a tutti. Non si sono lasciati nemmeno un ferito alle spalle”. Domenica poi, un colpo di mortaio ha colpito a Najaf, l’abitazione del religioso sciita Moqtada Sadr, il quale non ha esitato a incolpare per i due episodi proprio le forze della coalizione: Questi attacchi, ha dichiarato, “o li supervisionano o li organizzano e attuano da soli (gli Usa, ndr)”. Di fronte alla renitenza della Coalizione ad ammettere le proprie responsabilità, il governatore di Baghdad ha annunciato che sospenderà i rapporti con gli Usa, per protestare contro l’attacco alla moschea di Mustafa. Mentre il Primo Ministro Jaafari ha espresso la propria preoccupazione di fonte al generale Casey, che ha promesso l’apertura un’inchiesta, l’ennesima, per appurare la verità dei fatti.
 
Ishaqi. Il comando della Coalizione in Iraq sta indagando sulle accuse, mosse dalla polizia irachena, secondo cui i marines Usa sarebbero responsabili dell’eccidio di undici civili, avvenuto due settimane fa nella città di Ishaqi, a nord di Baghdad. Accuse contro i soldati statunitensi sono tutt’altro che rare, spesso gli incidenti avvenuti durante i raid militari sono stati ingigantiti e i miliziani spacciati per civili, ma questa vicenda ha costretto il comando della Coalizione ad aprire un’inchiesta perché le accuse sono venute dalla polizia irachena, firmate dai testimoni e sottoscritte da ufficiali di alto grado. Stando alla ricostruzione degli eventi, il 15 marzo, poco dopo le due di notte, i militari Usa hanno attaccato una casa dove ritenevano si trovasse un esponente di al Qaeda. “I militari hanno raccolto tutti i membri della famiglia in una stanza e hanno ucciso undici persone, tra cui cinque bambini (due di cinque anni, due di tre e uno di sei mesi) e quattro donne (una delle quali di 75 anni )”, così si legge nel rapporto della polizia. “Poi hanno abbattuto la casa bombardandola, bruciato tre veicoli e ucciso i loro animali.” Secondo il resoconto della Coalizione gli undici civili sono morti per il crollo del tetto dell’abitazione, che non avrebbe retto al bombardamento. Il report della polizia però non lascia spazio a dubbi: si sostiene che i soldati Usa sono entrati nella casa quando questa era ancora in piedi e hanno giustiziato i presenti. Le autopsie eseguite all’ospedale di Tikrit hanno rivelato che “tutte le vittime avevano un proiettile nella testa ed erano ammanettate”. Il portavoce dalla coalizione ha contestato allora che “nelle fotografie delle vittime non si vedono i segni delle fascette di plastica”.
 
Haditha. Nei giorni scorsi è stata aperta anche un’altra inchiesta: anche in questo caso i militari Usa sono accusati di aver ucciso indiscriminatamente dei civili e il comando generale è accusato di aver tentato di insabbiare la vicenda. L’episodio è avvenuto il 19 novembre 2005 ad Haditha, un piccolo centro nella provincia di al Anbar, ma è venuto a galla solo adesso per via di un video-testimonianza consegnato ai media da un’organizzazione irachena per i Diritti Umani. I fatti: il 20 novembre il rapporto della coalizione sugli eventi bellici parlava di una bomba posta a lato della strada, esplosa contro una pattuglia di soldati statunitensi. “Un marine e quindici civili uccisi dall’esplosione, due marine feriti e otto insorti uccisi negli scontri a fuoco seguiti all’esplosione”. Le testimonianze dei residenti già allora avevano sollevato dei dubbi sulla versione ufficiale, diversi testimoni sostennero che dopo l’esplosione i marine persero la calma e iniziarono a sparare contro l’abitazione. La settimana scorsa, la  pubblicazione del video fornito dall’organizzazione Hammurabi ha dimostrato che i quindici civili “non potevano essere stati uccisi da una bomba”, ha dichiarato Bobby Gosh della Bbc. “I corpi erano crivellati di colpi –ha descritto il reporter- c’erano evidenti segni di una sparatoria avvenuta dentro casa”. Il rapporto del comando Usa è allora cambiato: “Un marine ucciso, due feriti e quindici civili accidentalmente uccisi da fuoco Usa durante gli scontri con i ribelli”. Non è ancora la verità, pensano le organizzazioni per i diritti umani irachene, e anche Amnesty International accusa da tempo l’esercito Usa di non indagare adeguatamente sulle accuse di abusi da parte dei suoi soldati.
 
Subumani. Certamente non occorre attendere il risultato delle inchieste, qualunque sia, per conoscere l’opinione degli iracheni su questi episodi. L’annuncio fatto prima della guerra secondo cui la Coalizione operava in Iraq per conquistare il cuore e la mente degli iracheni è totalmente naufragato, e le innumerevoli storie di abusi contro civili indifesi da parte dei marines non fanno che alimentare l’odio dei civili verso la potenza occupante e le sue promesse mancate. Sempre più spesso si sente dire che “quando c’era Saddam si stava meglio e si moriva di meno”. A conferma delle accuse di insensibilità dei marines verso i cosiddetti danni collaterali (di cui, non essendo conteggiati, non devono rendere conto ), si è levata all’inizio di marzo la protesta di un militare britannico delle forze speciali Sas. Ben Griffin, questo il suo nome, si è dimesso dall’esercito rifiutandosi di combattere ancora a fianco dei militari Usa. “Ho assistito a dozzine di azioni illegali e sbagliate. Abusi commessi da soldati Usa che considerano gli iracheni dei subumani” ha dichiarato. “Non è così che si conducono le operazioni militari. Senza il sostegno della gente non si vincono le guerre” ha concluso.
 
Duecentocinquantamila? Le truppe della coalizione, è un fatto noto, non tengono il conto delle vittime tra i nemici combattenti e i civili iracheni. Le statistiche delle vittime civili che vengono riportate dalle fonti giornalistiche parlano di oltre trentamila vittime, ma riguardano solo gli episodi che hanno avuto un’eco sufficiente da arrivare agli organi di stampa. Dunque con ogni probabilità i civili che negli ultimi tre anni sono morti in modo violento in Iraq sono molto più numerosi. I soli dati certi sono quelli che riguardano le vittime tra i soldati della Coalizione, e anche quei numeri vengono pubblicizzati il meno possibile. Una recente ricerca, bastata su una metodologia simile a quella che venne usata nel ’90 per calcolare le vittime della guerra in Kosovo, ha prodotto delle nuove stime che aumentano, e di molto, il numero delle vittime civili irachene. La ricerca è stata pubblicata dalla rivista medica britannica The Lancet, ed è stata realizzata in collaborazione con la Colombia University, la Johns Hopkins University e al Mustansiriya di Baghdad. Lo studio descrive l’enorme crescita delle morti violente nel Paese, indicando come stima al ribasso il numero di cento mila civili uccisi dal 2003 a oggi, ma questa cifra, si specifica, è calcolata senza tenere conto di quanto successo a Falluja nel 2004. Falluja inclusa, il conto delle vittime civili passerebbe i duecentocinquanta mila casi.