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La crisi (non) è finita. Attenti alla prossima

di Alessandro Cappelletti - 10/11/2009

 

Gli è tutto sbagliato, gli è tutto da rifare!.

Gino Bartali

carte-di-credito1_fondo magazineE’ chiaro che non hanno capito nulla. O meglio: hanno capito tutto, tranne la morale della storia, ma questo non ci stupisce, era assolutamente prevedibile.

Alcune cifre di questi giorni non fanno altro che confermare i nostri timori, ovvero che questa Crisi non sia stata altro che un incidente di percorso o tutt’al più un regolamento di conti interno, così come scrivemmo sul Fondo del 28 aprile “Crisi. Ma quale crisi?“: «questa gente probabilmente s’è presa un grande spavento, ha visto il baratro all’orizzonte ed ha quindi sacrificato qualche ramo secco ed ha fatto le scarpe a qualcun altro ma, sostanzialmente, sta tornando a maneggiare l’economia e la finanza come se nulla fosse o sia stato. In pratica, stiamo assistendo ad un riassetto delle posizioni sul mercato. Restano darwinianamente e come sempre gli esseri più capaci di conservarsi e non necessariamente i più evoluti».

Da ottobre 2008 a marzo 2009, secondo i dati forniti, la produzione industriale è crollata del 25-30%. Le conseguenze sono state: magazzini vuoti, investimenti azzerati, crisi economica trasferita sui conti corrente. Contestualmente le statistiche dicevano che i consumi erano scesi solo del 2-3% e gli investimenti del 15%, cifra più cifra meno.

Era opinione comune degli analisti che la Crisi non poteva essere interpretata con i normali modelli congiunturali perché eravamo di fronte a una inedita sequenza di cause ed effetti che hanno portato il mondo a una violenta ed improvvisa deindustrializzazione globale. Il ritorno ai livelli precedenti il crollo è previsto, se mai ci sarà, a lungo termine. Non è certo un pil migliore dello zero-virgola-per-cento rispetto al previsto che può illuderci di essere usciti dal fango: l’economia mondiale in sei mesi, ha perso un quarto della sua ricchezza virtuale e reale e, per risalire la china da cui è precipitata, ci vorranno anni.

L’anarchia che dominava il mondo finanziario, ci ha condotto a questa situazione: non c’è stata una crisi di produzione, né di carenza né di eccesso, non c’è stata un crisi inflattiva, né deflattiva, né di consumi, ma c’è stato un collasso di ricchezza dovuto alle speculazioni finanziarie che ha messo in ginocchio un sistema che si riteneva invincibile. Per anni ci hanno ammorbato con la favola che il Mercato fosse auto-regolato, che il liberismo fosse il migliore dei modelli economici, applicabile tanto alle democrazie occidentali quanto alle dittature orientali ed abbiamo dovuto credere alle “magnifiche sorti e progressive” di un meccanismo perfetto che doveva essere solo lasciato libero di correre, perché avrebbe portato ricchezza e felicità per tutti. Peccato che quel sogno fosse solo menzogna e numeri drogati: il crollo verticale che si è manifestato da ottobre 2008 ha colto di sorpresa solo chi aveva bevuto ingenuamente le frottole degli integralisti del liberismo. Abbiamo visto manager e banchieri, agenti di borsa e finanzieri cospargersi il capo di cenere, chiedere scusa e promettere che non sarebbe mai più successo. Gli Stati sono intervenuti a sostegno delle imprese in difficoltà per evitare che l’ingordigia di pochi, mettesse sul lastrico più persone di quanto non abbia fatto. In questi 12 mesi si è poi parlato di norme mondiali condivise, della necessità di tornare a un’economia di mercato sociale, di legare i risultati alla produttività reale, di portare aiuti alle banche solo in cambio di una severa regolamentazione negli investimenti, affinché il bene di tutti non fosse sacrificato sull’altare del profitto a tutti i costi.

Come volevasi dimostrare, le buone intenzioni sono rimaste tali e di fatto non è cambiato niente. Leggere di seguito:

«Crisi: Roubini, nuova bolla mercati – Economista, preoccupa impennata borse e materie prime (Ansa) – Roma, 4 nov 2009 – Nouriel Roubini avverte sul rischio di una nuova crisi finanziaria che potrebbe investire i mercati internazionali. Secondo l’economista, l’impennata delle borse e delle materie prime puo’ rappresentare l’inizio di una bolla pronta a esplodere. Gli investitori, spiega, prendono in prestito enormi somme, con tassi ai minimi storici, per finanziare i propri acquisti, un carry trade che si allarga sempre di piu’ e piu’ diventa ampio piu’ forte sara’ lo scoppio della bolla».

Qualche numero per capire cosa sta succedendo:

  • Milano, 4 nov – Banca Generali: sale utile 9 mesi. Si e’ attestato a 45,6 mln, MOL a +140,6%.
  • Parigi , 5 nov – Bnp Paribas: utile trimestre +44,8%
  • L’indice S&P 500 di Wall Street è circa sui 140 punti. Ovvero: ogni azione ha un valore calcolato a 140 volte l’utile. Quello precedente era 47.
  • A febbraio il costo del barile di petrolio era 30$. Oggi, a novembre, è sugli 80$, in rialzo.
  • Il dollaro è sempre più debole nei confronti dell’Euro, spingendo in alto, per contrappeso, le quotazioni delle materie prime. (quotazione sull’euro del 04/11: 1.4761)
  • L’indice delle materie prime questa estate era a 260, a febbraio 211.

E’ chiaro che di fronte a questi risultati numerici strabilianti non possa che esserci un premio e quindi, per esempio, ecco che Goldman Sachs, la banca d’affari per la quale collaborarono a vario titolo, tra gli altri, Padoa Schioppa, Prodi, Draghi, Michael Bloomberg (sindaco di New York) Robert Rubin (segretario del Tesoro nell’amministrazione Clinton), Henry Paulson (segretario del Tesoro nell’amministrazione Bush), Gary Gensler (sottosegretario al Tesoro nell’amministrazione Obama) e altri, elargirà ai propri dipendenti un bonus di 800 mila dollari in media pro-capite. Meno male! Dopo aver visto gente dormire nelle scatole di cartone, avendo perso lavoro e risparmi, la nostra coscienza sociale e sindacale era sinceramente preoccupata per le sorti di questi lavoratori!

Il crollo della finanza speculativa non ha portato nessun cambiamento nella mentalità delle elites di potere, solo un grande spavento. E come poteva essere altrimenti? Passata la tempesta, calmatesi le acque, gli speculatori sono tornati sul luogo del delitto per cercare di recuperare quello che la “sfortuna” e “l’imprevedibile” insolvenza dei mutui sub-prime, aveva loro tolto ed evitare che le conseguenze degli investimenti selvaggi della scorsa estate passino all’incasso senza possibilità di intervenire direttamente nel condizionamento forzato dei mercati: secondo Andrew Smithers, analista di borsa, oggi le azioni sono sopravvalutate del 40%, per Nouriel Rubin, la svalutazione del dollaro porta le banche, che usufruiscono di prestiti a tasso zero, grazie agli interventi mirati della Fed, a godere di tassi negativi anche del 10-20%, spingendole a indebitarsi sempre di più per rilanciare gli investimenti spericolati pre-crisi.

Gli squali sono tornati, più famelici che mai e sono di nuovo pronti a giocare con i nostri risparmi e il nostro lavoro. A loro importa nulla che ci siano ancora milioni di persone in rovina, senza lavoro, con un mutuo o un affitto da pagare salatamente, che vivono nella insicurezza di cosa porterà il futuro, a loro importa solo di riesumare l’Economia dell’Algoritmo e di rientrare nel gioco del guadagno facile, a qualunque costo, soprattutto se poi il costo lo paghiamo noi, con i nostri risparmi e le nostre tasse.

Prima che l’autunno scorso scoppiasse il bubbone della speculazione, ci fu infatti una corsa disperata all’acquisto di Futures, ultima risorsa-rifugio per cercare di recuperare l’irrimediabile che si stava prospettando all’orizzonte, che portò all’aumento dei prezzi di beni primari, come il grano, o necessari, come il petrolio. Ci hanno detto che, se pagavamo la pasta e il pane di più, era colpa dei cinesi i quali, inondati di ricchezza, mangiavano di più e di conseguenza, per la legge del mercato, i prezzi dovevano adeguarsi all’attualità spietata della domanda e dell’offerta. Sti poveri cinesi, evidentemente, negli ultimi mesi si sono messi a dieta, visto che quei prezzi sono poi scesi e sempre sti poveri cinesi, buttati giù i chili di troppo, oggi hanno ricominciato a consumare filoni, baguette, spaghetti e tortiglioni, visto che i prezzi delle cosiddette “Commodities” stanno tornando a crescere. Certo, qualche insigne premio nobel prima o poi ci dovrà spiegare perché il grano che si coltiva nelle campagne italiane debba subire aumenti dovuti al fatto che i cinesi abbiano abbandonato il riso alla cantonese per gli spaghetti al pomodoro e basilico, ma questo è un altro discorso.

Per ora ci interessa sapere solo, con l’aiuto di Wikipedia, che i Futures altro non sono che: “contratti a termine standardizzati per poter essere negoziati facilmente in Borsa. Il contratto futures è un contratto uniforme a termine su strumenti finanziari, con il quale le parti si obbligano a scambiarsi alla scadenza un certo quantitativo di determinate attività finanziarie, ad un prezzo stabilito”.

 

Noi, che non siamo economisti, certi meccanismi non riusciamo a comprenderli né tanto né poco ma, ragionando in maniera meno sottile e raffinata rispetto ai professori illuminati, comprendiamo perfettamente che chi nell’estate del 2008 abbia acquistato Futures “ad un prezzo stabilito”, ma gonfiato dalla “legge della domanda e dell’offerta”, debba rivendere alla scadenza quei prodotti “ad un prezzo stabilito e gonfiato più il guadagno”, pena il fallimento dell’investimento fatto, concetto che tra gli squali della finanza evidentemente non è contemplato.

Non contenti del fatto che i tassi di interesse dei prestiti ricevuti dalle banche centrali, siano praticamente azzerati, a differenza di quelli che applicano a Te, cittadino-consumatore che devi pagare il mutuo e la macchina e il prestito per tirare avanti, sia un po’ più alto, ora stanno cercando di tornare allo status ex-ante per recuperare i soldi investiti in quei Futures che, appunto, altro non sono che i beni che noi, io e te, caro lettore, dobbiamo per forza comperare.

La scommessa è drammatica: devono costringere le persone a tirar fuori quei risparmi che tra mille sacrifici hanno messo da parte in questo anno difficile, per continuare a trarre profitto artificialmente dalla speculazione, non dalla produzione reale di beni, ma attraverso quei complicati calcoli algoritmici che prevedono aumenti di guadagno drogati da modelli matematici che nulla hanno a che fare con il lavoro vero delle persone.

I Tremonti-Bond, le regole che i vertici internazionali hanno elaborato, i richiami alla responsabilità: tutto è già stato gettato nella spazzatura per tornare di nuovo, come nulla fosse stato, alla speculazione tossica e selvaggia solo che stavolta, un’eventuale, ma purtroppo probabile, nuovo collasso, sarebbe ancora più devastante di quello che ci ha travolto un anno fa.

Gli analisti stanno già mettendo in guardia il mondo finanziario dal rischio di una nuovo terremoto economico, ma l’indifferenza e l’egoismo difficilmente permetteranno agli squali di farsi un esame di coscienza e ascoltare questi richiami. Sarebbe bello potersi mettere sulla riva del fiume e attendere il passaggio dei cadaveri se non fosse che il rischio di essere travolti dall’onda di piena è alto. Forse è più sicuro passare al bosco e augurarsi che nel 2012 ci sia veramente la fine del Kali Yuga perché purtroppo, in questi 12 mesi, modelli e considerazioni alternativi a questo sistema non sono stati presi in considerazione.

Il modello liberista-integralista è, infatti, ormai accettato quasi con rassegnato fatalismo dalla maggior parte degli esseri umani del mondo cosiddetto occidentale, nonostante le evidenti e nefaste conseguenze che potrà provocare, probabilmente perché l’abitudine allo schema mentale sclerotizzato che è stato imposto sub liminalmente, ha prodotto infine l’incapacità di manifestare un pensiero realmente critico, capace cioè di separare, smontare e ricomporre gli elementi, per creare un nuovo orizzonte prospettico sul futuro.

Non è bastata una lezione, già di per sé abbastanza dura, a farci meditare sulle perversioni del guadagno rapido, sembra necessario un altro violento schianto per comprendere a pieno che solo la fatica, l’impegno e il lavoro reale creano evoluzione e benessere.

Ve la ricordate la favola della rana dalla bocca larga? Si gonfia, si gonfia, si gonfia… fino a che…

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Fonti citate e approfondimenti:

http://wikipedia.sapere.virgilio.it/wikipedia/wiki/Speciale:Ricerca?search=Futures+&go=Vai

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/economia/2009/11/04/visualizza_new.html_993399338.html

http://www.repubblica.it/2009/10/sezioni/economia/crisi-42/nuova-speculazione/nuova-speculazione.html

 

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