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Crisi tra Thailandia e Cambogia

di Michele Paris - 18/11/2009

Da oltre una settimana a questa parte, la tensione tra Thailandia e Cambogia è salita alle stelle riportando alla luce rancori e diffidenze che hanno caratterizzato i rapporti tra i due paesi del sud-est asiatico negli ultimi cinquant’anni. In seguito alla nomina a proprio consigliere economico da parte del governo di Phnom Penh dell’ex primo ministro tailandese in esilio, Thaksin Shinawatra, Bangkok ha messo in atto una serie di proteste che hanno riacceso gli animi tra i due paesi confinanti e che minacciano di far riesplodere una crisi politica nella quale la Thailandia è precipitata da tre anni a questa parte.

I primi segnali delle intenzioni cambogiane si erano avuti lo scorso mese di ottobre nel corso di un meeting dei paesi appartenenti all’Associazione del Paesi del Sud Est Asiatico (ASEAN). In quell’occasione il primo ministro della Cambogia, Hun Sen, aveva dichiarato che Thaksin sarebbe stato il benvenuto nel suo paese, dal momento che il governo thailandese aveva consentito al leader dell’opposizione cambogiana, Sam Rainsy, di tenere un discorso a Bangkok nel quale aveva criticato il suo governo per gli scarsi risultati ottenuti sul fronte economico e dei diritti umani.

Già nel 2003, quando Thaksin era primo ministro, i due paesi erano giunti ai ferri corti dopo che l’ambasciata thailandese a Phnom Penh era stata data alle fiamme da un gruppo di dimostranti infuriati per le dichiarazioni di un’attrice thailandese circa la presunta appartenenza al proprio paese di un conteso tempio Khmer situato in una zona di confine. Un’accesa disputa su un altro tempio inoltre, quello di Preah Vihear, assegnato nel 1962 dalla Corte Internazionale di Giustizia alla Cambogia, provoca da tempo occasionali scontri tra i due vicini. Manifestazioni di gruppi di nazionalisti di entrambi i paesi sono esplose con particolare violenza nel luglio del 2008 e nello scorso aprile, quando i due eserciti sono stati protagonisti di scontri a fuoco che hanno provocato una manciata di morti.

Su rapporti già così incrinati si è innestata dunque la questione della nomina dell’ex primo ministro Thaksin, approvata ufficialmente il 5 novembre dal sovrano cambogiano Norodom Sihamoni. Per tutta risposta, il governo di Bangkok, guidato da Abhisit Vejjajiva, ha annunciato l’immediata “revisione di tutti gli accordi” stipulati tra i due paesi, tra cui un’intesa per lo sfruttamento delle risorse naturali - anch’esse contese - situate al di sotto delle acque del Golfo di Tailandia. Alla mossa di Bangkok ha fatto seguito il ritiro dell’ambasciatore cambogiano e, subito dopo, di quello tailandese.

La dura reazione del governo tailandese alla nomina a consigliere del governo cambogiano di Thaksin Shinawatra è dovuta precisamente alla controversa figura di un uomo politico deposto dal proprio incarico in un colpo di stato militare nel settembre del 2006, nonché dal massiccio seguito sul quale può ancora contare nel proprio paese dopo tre anni in gran parte trascorsi in esilio volontario. Miliardario e magnate delle telecomunicazioni, Thaksin ha una condanna in sospeso a due anni di carcere per violazione della legge tailandese sul conflitto d’interessi nell’ambito dei propri affari finanziari.

Da tre anni a questa parte, in Tailandia ha regnato l’instabilità politica. Dopo la dissoluzione del partito di Thaksin (Thai Rak Thai), a fine 2007 la giunta militare indisse nuove elezioni, vinte dagli stessi seguaci dell’ex primo ministro radunatisi nel nuovo Partito del Potere Popolare (PPP). I due deboli governi succedutisi sono stati poi entrambi dissolti da altrettante discusse sentenze della Corte Costituzionale che hanno spianato così la strada verso il potere al leader dei conservatori Abhisit Vejjajiva e al suo Partito Democratico, sostenuto dall’esercito, dalla monarchia e dalla influente burocrazia statale tailandese.

Alla guida di una fragile coalizione nella quale hanno trovato ospitalità molti membri del partito di Thaksin, l’attuale primo ministro thailandese deve fare i conti però con un malcontento diffuso causato dagli effetti della crisi economica e con svariati scandali e accuse di corruzione. Un clima politico acceso quello thailandese e reso ancora più precario dalle condizioni di salute dell’anziano sovrano Bhumibol Adulyadej. Con ampi strati della popolazione ben disposti verso un ritorno in Tailandia di Thaksin Shinawatra, Abhisit ha così cercato di sfruttare la controversia con il governo cambogiano per accusare l’ex primo ministro di scarso patriottismo. Da qui anche la richiesta di estradizione presentata a Phnom Penh, e immediatamente respinta, dopo l’arrivo di quest’ultimo nella capitale della Cambogia per un discorso tenuto di fronte ad economisti e membri del governo di Hun Sen.

Come quello thailandese, anche il governo cambogiano sta in qualche modo utilizzando l’incarico di consigliere affidato ad una personalità straniera - pratica peraltro consueta da parte di Phnom Penh, come dimostra l’impiego in veste di consigliere economico dell’attuale presidente sudcoreano Lee Myung-bak dal 2000 al 2007 - per sviare l’attenzione dai propri problemi interni. Anche qui d’altronde la recessione globale sta colpendo duramente. Inoltre, il regime di Hun Sen deve fronteggiare le continue accuse dei suoi oppositori di essere asservito agli interessi di un altro vicino, il Vietnam. Fu proprio quest’ultimo paese, infatti, ad installare l’attuale premier cambogiano nel 1985, dopo l’invasione che rovesciò il regime di Pol Pot.

I motivi di contrasto tra Thailandia e Cambogia risalgono altresì al loro passato coloniale. I sentimenti anti-francesi nutriti dai thailandesi si sono trasferiti sui cambogiani dopo la loro conquista dell’indipendenza da Parigi nel 1953. Più tardi, la guerra in Indo-Cina degli Stati Uniti avrebbe visto i due paesi su fronti opposti: mentre il regime militare tailandese era un fedele alleato americano, la Cambogia mantenne la sua neutralità. Negli anni Ottanta, infine, dopo la caduta dei Khmer Rossi la Tailandia diede rifugio a molti esponenti del regime dissolto. A dispetto dei difficili rapporti, Bangkok era comunque diventata il principale partner commerciale di Phnom Penh, ma negli ultimi anni questo rapporto di dipendenza si è allentato in seguito all’incremento degli investimenti nel paese di Cina, Giappone e Corea del Sud.

Nonostante le cause del conflitto in corso nel sud-est asiatico siano determinate sostanzialmente da questioni interne ai due paesi, le implicazioni potrebbero tuttavia avere ramificazioni ben più ampie. Questa porzione del continente sta diventando infatti un nuovo terreno di confronto tra gli interessi americani e quelli della Cina. Perché è appunto verso Pechino che negli ultimi anni sia la Cambogia sia la Tailandia, quest’ultima tradizionalmente un alleato strategico di Washington, stanno guardano sempre più insistentemente.