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Incredibile. La “libera stampa” torna a parlare di diseguaglianza sociale

di Federico Roberti - 07/07/2010

Corrado Gini e dintorni

Corrado Gini e dintorni

Incredibile. La “libera stampa” torna a parlare di diseguaglianza sociale e distribuzione dei redditi e della ricchezza in Italia.

Saccheggiamo a piene mani l’articolo Il Belpaese della disuguaglianza, apparso su La Repubblica di lunedì 5 Luglio a firma Roberto Mania (http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna&currentArticle=SNBV5).

L’autore ci rammenta una vecchia cognizione universitaria, secondo la quale l’indice per misurare il tasso di diseguaglianza nella distribuzione del reddito è stato definito nel secolo scorso da uno statistico-economista italiano: Corrado Gini. Più basso è l’indice Gini, meno diseguaglianze presenta la società.

 

In Italia l’indice Gini è pari a 35, a 38 negli Stati Uniti, arriva a 47 in Messico. Francia e Germania non superano il 30, Danimarca e Svezia si fermano al 23. Inoltre, nel giro di due decenni il coefficiente è aumentato di sei punti dal livello 29 del 1991 e nulla fa pensare che si fermi, anzi.

Per misurare la diseguaglianza, esiste anche un altro modo: dividere la popolazione in decili, raffrontando il 10% più ricco con il 10% più povero e calcolare poi quante volte il reddito del primo gruppo supera il secondo. Risulta allora che gli italiani più ricchi hanno un reddito superiore di dodici volte quello dei più poveri. In Europa ci superano solo i britannici (14), mentre la Germania è al 6,9 e la Svezia al 6,2.

Secondo la Banca d’Italia, che periodicamente analizza i bilanci delle famiglie italiane, il 10% di quelle più ricche possiede quasi il 45% della ricchezza (netta) complessiva, senza che negli ultimi quindici anni sia cambiato qualcosa in meglio.

Ed i giovani sono quelli che stanno pagando più cara la crisi. Le statistiche certificano infatti 300mila giovani occupati in meno nel 2009 rispetto all’anno precedente, il 79% del calo complessivo dell’occupazione. Un giovane su tre è senza lavoro, e chi lavora guadagna il 35% in meno di chi ha tra i 31 e 60 anni, contro il 20% in meno degli anni Ottanta.

Tra i frutti dell’economia malata, infine, l’emergere della povertà anche tra i lavoratori, operai ma pure impiegati, a testimoniare un fenomeno che l’Italia non aveva ancora conosciuto in queste dimensioni.

“Siamo diventati tutti americani” chiosa Mania.