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Energia rinnovabile in Cina: "salto della rana" ma verso dove?

di Pietro Greco - 11/08/2010


 

Secondo l'International Energy Agency di Parigi, la Cina è diventato il primo consumatore al mondo di energia, scalzando dopo molti decenni, gli Stati Uniti d'America. Il dato viene contestato dalle autorità di Pechino, perché ormai nell'opinione pubblica mondiale consumare energia equivale a inquinare l'ambiente e, in particolare, contribuire a quegli indesiderati cambiamenti del clima di cui, a torto o a ragione, molti sostengono che dalla Russia al Pakistan, dall'Europa alla stessa Cina, proprio in questi giorni si vedono alcuni effetti devastanti.

In realtà la Cina tende sempre più ad accreditarsi come il paese che, più di ogni altro, sta puntando al cambiamento del paradigma energetico e allo sviluppo delle fonti rinnovabili. Alcuni dati le danno ragione. In questo momento la Cina ha una "potenza rinnovabile" installata di 226 gigawatts. La più grande al mondo. Gli Stati Uniti, secondi, con 144 gigawatts seguono ben distanziati.

È il  paese più dinamico. Non solo perché - con investimenti pari al 3% del Pil è secondo solo alla Corea del Sud (investimenti pari al 5% del Pil) - mostra di avere più fiducia degli altri nella "green economy". Ma anche perché nel 2009 la Cina ha aggiunto al suo sistema energetico ben 37 gigawatts di "potenza rinnovabile", quasi la metà della nuova capacità rinnovabile aggiunta nell'anno dal pianeta intero (80 gigawatts).

Inoltre proprio il mese scorso l'Amministrazione per l'energia di Pechino ha annunciato un piano da 738 miliardi di dollari per portare la "potenza rinnovabile" del paese a 500 gigawatts entro il 2020. Se raggiungerà questo risultato, fra meno di dieci anni un terzo della produzione di energia del paese sarà da fonti rinnovabili: più di quanto ha in mente di fare l'Unione europea (il cui obiettivo è produrre almeno il 20% da fonti rinnovabili entro il 2020).

Essendo la Cina il paese più popoloso del mondo (con 1,3 miliardi di persone) e avendo l'economia in più rapida crescita l'insieme di queste notizie è incoraggiante. Tuttavia non è tutto oro quello che luccica nel paese del Dragone. I punti critici sono almeno due: la scarsa efficienza e, in alcuni settori, la domanda interna ancora scarsa.

Per quanto riguarda l'inefficienza ne è un esempio il fatto che le turbine eoliche cinesi hanno, per l'appunto, una efficienza inferiore del 10% rispetto a quelle europee o americane. Inoltre anche la loro installazione, secondo la rivista Nature, sta procedendo in maniera poco brillante. Le torri eliche non vengono installate lì dove c'è più vento o, comunque, lì dove il rapporto costi/benefici è maggiore. Ma meglio maluccio che niente.

L'altro problema riguarda la domanda interna, ancora insufficiente in alcuni settori. Per esempio nel settore, decisivo, del solare. Oggi, per esempio, la Cina è il massimo esportatore al mondo di celle fotovoltaiche. Da solo il paese del Dragone controlla ormai il 40% del mercato mondiale. Ma non rientra neppure tra i primi cinque paesi per potenza fotovoltaica installata. L'innovazione è tutta orientata verso l'export. Ma  ha troppo scarse ricadute interne. Uno dei motivi è, appunto, che i Cinesi stanno favorendo la costruzione di grandi centrali localizzate, piuttosto che lo sviluppo di una rete di piccole e piccolissime centrali diffuse.

Se efficienza e mercato interno non aumenteranno, il rischio è - paradossalmente - che il pianeta avrà pochi benefici - o, almeno, meno benefici del previsto - dall'incredibile "salto di rana" realizzato dall'agilissimo Dragone.