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Non compro più nulla... ma soprattutto Omsa

di Debora Billi - 03/01/2012

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Qualche giorno fa avevo postato il mio manifesto per il 2012: Basta, non compro più nulla. Nulla se non l'indispensabile, e ahinoi la biancheria intima rientra in questa categoria. Non si può certo riciclare o comprare usata!
Non sono in genere il tipo che corre dietro ai marchietti "etici" o "equosolidali", visto che il meccanismo dietro queste operazioni è spesso identico a quello del commercio globale, anche se in buona fede. E neppure mi perdo dietro boicottaggi irrealizzabili: ci sono marchi che non compro, ma solo per mia personale antipatia e non certo perché penso di far loro chissà che danno.

Con Omsa, però, il discorso è diverso.

Ne avevo parlato già qualche mese fa, ma vedo che stavolta il boicottaggio sta diventando virale al punto che potrebbe persino funzionare. Quando ci si mettono, le donne sanno rivoltarsi.

La Omsa dal 27 dicembre ha chiuso, licenziando 239 operaie, e non perché è in crisi: solo per delocalizzare in Serbia, sfruttare altra gente e vedere utili più grassi. Lo racconta bene Lameduck, che è romagnola come la fabbrica di calze.

Mentre ci sono imprenditori che si suicidano per il dolore di dover licenziare i propri dipendenti, ce ne sono altri che lasciano che a suicidarsi siano gli operai. Ma da quel che sento, un piccolo suicidio di immagine la Omsa l'ha già prodotto: andate a vedere la loro bacheca Facebook, in cui si susseguono migliaia di insulti spediti dalle donne di mezza Italia.

Ricordo alle signore all'ascolto, qualora volessero unirsi alla protesta, che i marchi da non acquistare sono: Omsa, Golden Lady, SiSi e Philippe Matignon.

Qualcuna potrebbe chiedere un aiuto per trovare alternative. Per il momento, consiglierei i molto diffusi marchi Oroblu: Oroblu, San Pellegrino, Lepel, Liberti. L'azienda, CSP International, produce a Mantova i 2 terzi dei collant venduti in Europa. Un gigante italiano, non certo un artigiano equosolidale, ma che ancora dà lavoro a 350 persone nel nostro Paese.

Oroblu, ti compriamo ma ti teniamo d'occhio. Un passo falso, e siamo sempre pronte a dirottare il nostro portafoglio sui collant Cin-Ciao-Lin della bancarella.