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Le competenze del Presidente Napolitano

di Anna Lami - 07/03/2012

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“Non posso aderire a incontri in cui si discutano decisioni come quelle relative alla linea Torino-Lione: decisioni che non mi competono, che sono state via via assunte dalle istanze di governo responsabili e che hanno già formato oggetto, nel corso di parecchi anni, di molte discussioni e mediazioni”. Con queste parole il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, lo stesso che a detta di tanti osservatori internazionali ha oltrepassato il ruolo costituzionalmente assegnatogli per prendere direttamente in mano le redini della politica nazionale, rifiuta di incontrare gli amministratori valsusini (parliamo di amministratori comunali, gente eletta nelle liste di partiti “moderati”, al massimo fautori di critica civile e contestazione pacifica contro l’alta velocità, non certo “violenti”) e canta le lodi della Tav in un blindatissimo convegno torinese. Talmente blindato che a Turi Vaccaro, esponente di primo piano del movimento NO TAV, è stato notificato il foglio di via da Chiomonte dopo che lo stesso Turi si trovava a poca distanza dal luogo dove Napolitano ha fatto la sua apparizione mattutina.

Dunque, il Presidente non è competente a decidere sulla Tav eppure si schiera apertamente a favore di un’opera che è riuscita laddove tutti i retorici discorsi presidenziali in occasione del centocinquantesimo anno dall’unità d’Italia sono puntualmente falliti: ha creato reale coesione territoriale e sociale; nel nome dell’opposizione al mostro TAV, la Valle di Susa ha realizzato localmente un’unità popolare quasi perfetta e riscosso solidarietà dalla Valle d’Aosta alla Sicilia.

Non ci stupiamo però del comportamento di Napolitano. Dall’ interlocutore privilegiato di Obama, della cancelliera Merkel e del francese Sarkozy, già acceso sostenitore dell’intervento italiano nella guerra in Libia (nonostante la Costituzione che Napolitano dovrebbe garantire ripudi la guerra come risoluzione delle controversie internazionali), dall’uomo che ha controfirmato tutti i provvedimenti più discutibili del Governo Berlusconi, da chi alla tenera età di 87 anni ha deciso al posto degli italiani quale fosse il governo da insediare in ossequio ai desideri della BCE, non ci si poteva certo aspettare particolare sensibilità nei confronti delle istanze popolari.

Quello che casomai lascia perplessi, è la perenne aurea di sacralità e di intangibilità che permette al Presidente di agire impunemente. Si tratta di una patologia che colpisce in primis i media main stream: nessun editorialista dei principali quotidiani o nessun opinionista televisivo osa muovere qualche critica politica al Capo dello Stato. Davvero preoccupante.

È fatto oggetto di un coro di lodi ai nostri occhi incomprensibile, e si che la sua storia politica personale è non proprio coerente e irreprensibile: nel 1942 collaborava con la rivista “IX maggio” dei Giovani Universitari Fascisti scrivendo articoli a sostegno della guerra dell’Asse, tre anni dopo, a regime sconfitto, chiedeva la tessera del Partito Comunista. Nel 1956, quando i carri armati sovietici invadevano l’Ungheria, Napolitano dichiarava apertamente il proprio appoggio all’intervento dei carri armati sovietici, per poi pentirsene 50 anni dopo… chissà se tra qualche tempo si pentirà anche del suo appoggio alla guerra della Nato contro la Libia.

Riteniamo che iniziare a guardare con obiettività all’operato di Sua Altezza Reale il Presidente Napolitano sia una premessa importante per smettere di essere sudditi e tornare ad essere cittadini nel senso indicato dai valsusini, che poi è l’unico senso possibile: cittadino è colui che ha dei diritti ma anche dei doveri, tra cui quello principale che consiste nell’assumersi la responsabilità di contribuire a costruire una vera democrazia. Dove le decisioni siano prese rispettando la sovranità popolare e non gli interessi dei poteri forti.