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Europa contro Occidente o viceversa?

di Alain de Benoist - 18/05/2014

Fonte: Arianna editrice

 

Sono in molti, nel mondo mediatico o meno, a confondere Europa e Occidente. Lo stesso Giappone farebbe altrettanto parte dell’Occidente, pur non trovandosi esattamente in Europa…

Raymond Abellio aveva osservato che “l’Europa è fissa nello spazio, ovvero nella geografia”, mentre l’Occidente è “mobile”. Di fatto, “l’Occidente” non ha mai smesso di spostarsi e di cambiare senso. All’inizio il termine evocava soltanto la terra di Ponente (Abendland), in contrapposizione con i paesi del Sol Levante (Morgenland). A partire dal regno di Diocleziano, alla fine del terzo secolo della nostra era, l’opposizione fra Oriente e Occidente si riconduce alla distinzione fra Impero romano d’Occidente (la cui capitale fu Milano, e quindi Ravenna) e l’Impero romano d’Oriente insediato a Costantinopoli. Occidente ed Europa si sono in seguito confusi in maniera duratura. E tuttavia, a partire dal diciottesimo secolo, l’aggettivo “occidentale” si ritrova sulle carte marittime in riferimento al Nuovo Mondo, chiamato anche “sistema americano”, in contrapposizione con il “sistema europeo” o con “l’emisfero orientale” (che comprende a quel punto tanto l’Europa quanto l’Africa e l’Asia). Nel periodo compreso fra le due guerre mondiali, l’Occidente, sempre assimilato all’Europa, per esempio da Spengler, si contrappone a livello globale a un Oriente che diviene a un tempo oggetto di fascinazione (René Guénon) e spauracchio (Henri Massis). Durante la guerra fredda, l’Occidente raggruppa l’Europa occidentale e i suoi alleati anglosassoni (Inghilterra e Stati Uniti) per contrapporsi questa volta al “blocco dell’Est” dominato dalla Russia sovietica. Tale accezione, che permette agli USA di legittimare la propria egemonia, sopravvivrà alla caduta del sistema sovietico, come si può vedere nell’analisi di Samuel Huntington. Oggi, l’Occidente ha cambiato nuovamente senso. Talvolta si tratta di una definizione puramente economica: sono “occidentali” tutti i paesi sviluppati, modernizzati, industrializzati, tanto il Giappone e la Corea del Sud quanto l’Australia, gli ex paesi dell’Est, l’America del Nord o l’America latina. “Ex Oriente lux, ex Occidente luxus”, come diceva scherzosamente lo scrittore polacco Stanislaw Jerzy Lec! L’Occidente perde allora ogni connotato spaziale per confondersi con la nozione di modernità. Talvolta invece si contrappone a livello globale all’ultima incarnazione in ordine di tempo del furor orientalis agli occhi degli occidentali: l’islamismo. In questa visione, una frattura essenziale contrapporrebbe “L’occidente giudeo-cristiano” all’“Oriente arabo-musulmano”. Siccome non esiste più un “Occidente” unitario quanto un “Oriente” omogeneo, tutto ciò è nuova fonte di equivoco.

Alla fine degli anni Settanta, lei aveva sconcertato l’opinione pubblica di destra dichiarando che la prospettiva di portare il berretto dell’Armata Rossa non era certo entusiasmante, ma che l’idea di andare a mangiare a vita gli hamburger a Brooklyn era altrettanto orribile. Nell’era della Russia putiniana, cos’ha da aggiungere?

La boutade cui lei fa allusione voleva semplicemente dire che, all’epoca della guerra fredda, io personalmente non mi sentivo in accordo né con il sistema sovietico né con un mondo occidentale la cui qualifica di “libero” richiedeva già parecchie virgolette. Io facevo il tifo per un’Europa autonoma, indipendente dai due blocchi. Adesso che il sistema sovietico si è disgregato, la situazione è ancor più chiara. La “libertà” che propone un “mondo libero” che non può più servirsi dell’URSS come di un oggetto di disgusto appare chiaramente foriera di alienazioni tutte nuove. “L’Occidente” è oggi il perimetro del pensiero unico e del liberoscambismo sfrenato. L’Europa, dal canto suo, è a mio modo di vedere chiamata a volgere lo sguardo a una Russia con cui condivide molti aspetti complementari, e che come lei appartiene al blocco continentale eurasiatico.

Più o meno nello stesso periodo, negli ambienti “nazionalisti”, si lasciava percepire la differenza fra “europeisti” e “occidentalisti”. Questo divario le sembra ancora oggi di attualità, in un momento in cui altri tendono a far sovrapporre le nozioni di Occidente o di cristianità? Di fatto, oggi, l’Occidente non sarebbe il peggior nemico dell’Europa?

Il divario esiste sempre, certo: io stesso mi sento profondamente europeo, ma assolutamente non “occidentale”. Ma la cosa importante di cui dobbiamo renderci conto, soprattutto, è che la nozione di “Occidente”, così come viene intesa oggi, è un’aberrazione geopolitica. L’Europa appartiene alla Potenza della Terra, mentre gli Stati Uniti rappresentano la Potenza del Mare. La storia, diceva Carl Schmitt, è prima di tutto una storia di lotta fra la Terra e il Mare. E malgrado tutto ciò che ci sciorinano a Bruxelles e a Washington, gli interessi degli europei e dei nordamericani non sono convergenti quanto invece opposti. Quanto al concetto di “Occidente cristiano”, concetto che da fin troppo tempo fa dimenticare la dimensione universale (e universalista) della religione cristiana, ha perduto ogni significato da quando la religione è divenuta affare privato. L’Europa e l’Occidente sono oggi totalmente disgiunti – al punto che difendere l’Europa implica, a tutti gli effetti, molto spesso combattere l’Occidente. Non rapportandosi più ad alcuna area geografica, e né tantomeno culturale, particolare, la parola “Occidente” dovrebbe, a tutti gli effetti, essere dimenticata.

Intervista di Nicolas Gauthier

Traduzione di Marco Zonetti