Oggi si celebra la commemorazione del centenario dell’armistizio dell’11 novembre 1918 a suggello della I Guerra Mondiale, quello che sfociò nel Trattato di Versailles, che consacrò la prepotenza e la vendetta della Francia, smembrando l’impero coloniale tedesco a suo vantaggio, imponendo riparazioni di guerra strabilianti da 125 milioni di marchi d’oro e l’esproprio di tutte le proprietà pubbliche e private dei tedeschi nei territori coloniali ceduti a Francia, Belgio, Danimarca, oltre la cosiddetta “vittoria mutilata” dell’Italia: un trattato iniquo che predispose alla nascita del fascismo e del nazismo e alla seconda guerra mondiale.

Ricordo che oltre agli aggiustamenti dei suoi confini territoriali (Alsazia e la Lorena alla Francia, lo Schwleswig alla Danimarca, Posnania, Prussia occidentale, e Slesia alla Polonia), vi fu la cessione di proprietà pubblica e privata di tutte le miniere di carbone del bacino della Saar che poi con plebiscito 15 anni dopo fu deciso di riannettere alla Germania (ma della proprietà delle miniere della Saar non ho capito che fine fecero). Senza parlare dell’occupazione del bacino della Ruhr nel 1922 per garantire alla Francia quelle produzioni di carbone. Per il Trattato la Germania doveva anche offrire gran parte della produzione di carbone nei suoi territori ai paesi vincitori, Francia Belgio e in minor parte, Italia. I giacimenti di carbone e di acciaio erano così importanti per l’economia europea che dopo la seconda guerra mondiale fu istituita la CECA, la Comunità europea del Carbone e dell’Acciaio per controllarne la produzione a livello europeo. Per conto e a vantaggio di chi sarebbe interessante saperlo, con opportuna indagine. 

Lo smembramento dell’impero coloniale tedesco sfociò nella cessione a Francia, Belgio, Gran Bretagna e Giappone di interi paesi, sotto la copertura dell’amministrazione della nascente Società delle Nazioni. Così invece di cancellare l’imperialismo lo si trasferiva semplicemente, concentrandolo nelle mani di Gran Bretagna e Francia con la complicità di una Società delle Nazioni che invece di garantire l’autodeterminazione dei popoli, garantiva l’imperialismo di Francia, Olanda, Belgio, Danimarca, Gran Bretagna.
La punizione fu tale da prevedere l’esproprio puro e semplice delle proprietà private dei singoli cittadini tedeschi con possedimenti e aziende in quelle colonie e in Alsazia Lorena. Tale misura punitiva nei confronti dei cittadini tedeschi fu resa possibile, dal Trattato di Versailles, anche in quei paesi alleati della Germania, come Cina, Bulgaria, Russia,  Turchia, Austria, Bulgaria, Ungheria.  In Africa, la Germania dovette cedere il Togo e il Camerun alla Francia (CFA), il Ruanda Burundi al Belgio, per poi transitare al Congo del franco CFA, rinforzando l’impero coloniale francese che confluirà nella France Afrique del franco africano (cfr. Forcheri, Francia Africa, ipocrisia “vomitevole”). Altri paesi dell’Africa del sudovest e dell’Africa orientale furono ceduti al Commonwealth della Gran Bretagna. Lo scopo era di amministrare quei paesi verso la prosperità, mandato del tutto tradito e ignobilmente calpestato fino a oggi, sia dal Belgio che dalla zona francese dell’Africa che dal Commonwealth britannico.

Oltre alle colonie, furono confiscate alla Germania marina militare, materiale bellico, navi superiore  a 16000 tonnellate, migliaia di locomotive e camion. Dallo smembramento dell’Impero austro-ungarico nacquero ben 10 nuovo Stati e 2 città “libere” amministrate dalla Società delle Nazioni, di cui Fiume che fu il fulcro della decantata dannunziana “vittoria mutilata”, facile pretesto e terreno di rivendicazioni future, futuriste e fasciste.

Le riparazioni esorbitanti richieste alla Germania furono  di 5 miliardi di dollari  in qualsiasi forma richiesta “che sia in oro, materia prime, navi, obbligazioni o altro”.

La Germania rinuncia a tutti i diritti, titoli e privilegi nei territori ad essa appartenuta o ai suoi alleati. in Cina, in Siam (Tailandia), in Liberia, in Marocco ed Egitto.

Ad esempio, il Marocco diventa un protettorato della Francia (nel 1922 anche la Siria e il Libano), facendo cessare qualsiasi protezione di cittadini tedeschi, o associati agricoli, con il trasferimento di tutte le proprietà e i possedimenti dell’Impero tedesco al governatorato francese con esproprio dei cittadini tedeschi, senza alcuna indennità, ivi compresi i diritti di miniera. E la chicca: il governo tedesco garantirà il trasferimento a una persona nominata dal governo francese di tutte le azioni rappresentanti il capitale tedesco della Banca centrale del Marocco.

Lo spirito del Trattato è pesantemente criticato da Keynes che ha partecipato ai lavori come tecnico e poi, disgustato, ha rassegnato le dimissioni. Scrive infatti nel suo libro “Le conseguenze economiche della pace”, parlando dei negoziati al Trattato che “il futuro della vita dell’Europa non era la loro preoccupazione né i mezzi per una vita dignitosa. Ciò che li preoccupava, a tutti loro, buoni o cattivi, riguardava le frontiere e le nazionalità, l’equilibrio tra poteri, l’ingrandimento degli imperi, il futuro indebolimento di un nemico forte e pericoloso, di cui vendicarsi,  e il trasferimento degli oneri finanziari insopportabili dai vincitori sulle spalle dello sconfitto”.

Keynes non fa eccezione alla norma oltralpi di non occuparsi – ignorandole completamente – le solite ingiustizie subite in questi frangenti dall’Italia che, pur essendo un paese vincitore, vede completamente deluse le sue aspettative sancite nel Trattato di Londra (1915). Infatti la Dalmazia è ceduta alla Repubblica dei Serbi croati e sloveni, in virtù dell’autodeterminazione dei popoli decretata dal Presidente statunitense Wilson quello stesso principio NON rispettato però per il caso di  Fiume, che pur essendo a maggioranza italiana, non viene ceduta all’Italia ma viene trasformata in Città amministrata dalla Società delle Nazioni.

Sia le punizioni esorbitanti, vendicative, imposte dalla Francia (+ Belgio, Gran Bretagna e Danimarca) alla Germania, sia il tradimento della vittoria d’Italia, che deserta le trattative agevolando gli interessi della Gran Bretagna, gettarono le basi di quello scontento “populista” che fu l’humus per costituire sul consenso popolare i regimi fascista e nazista.

Sentire esaltare il centenario dell’armistizio dell’11 novembre come occasione di garanzia contro i nazionalismi, quando fu l’apoteosi dello spirito nazionalista e imperialista della Francia e suoi alleati (Danimarca, Belgio, Gran Bretagna, Giappone, Polonia) contro altri, specie la Germania (e l’impero austro ungarico, ottomano e russo), contro persino un paese vincente l’Italia, perdente anche quando è vincente, un armistizio e un trattato che portarono alla seconda grande guerra, non lascia presagire nulla di buono.

Soprattutto fa capire che questa Unione europea è costruita sulle sabbie mobili semplicemente perché non è stato fatto il lavoro di rinvangare le basi per pulirle e ripartire su un piano non inclinato ma un “level palying field” e visto che non è stato fatto questo lavoro di livellare le fondamenta, ora queste rischiano di trasformarsi in déjà vu: nazionalismi, crisi bancarie e guerre.

Come non paragonare infatti le riparazioni esorbitanti inflitte alla Germania a quelle imposte alla Grecia, e presto all’Italia?

Come non dimenticare che oggi come allora la Francia è un impero scomodo vicino di casa che ci sta colonizzando in tutte le risorse attraverso galassie mezzo pubblico privato, (BNP, Suez Engie, Total, EDF, Axa, ecc), oltre a monopolizzare le risorse di mezza Africa, sobillare il NordAfrica e averci scippato con la forza gli accordi diplomatici e commerciali con la Libia di Gheddafi?

Come non provare disgusto alle ipocrite parole di Macron quando parla della generosità, dei valori morali, e della grandezza della Francia come “guerriera del diritto e delle virtù” allorquando sappiamo che cosa fu quell’armistizio: il coronamento dell’egoismo della Francia.  Un egoismo da cui nacque poi il terreno fertile della seconda guerra mondiale.