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No, così non va. In morte di un soldato

di Gianfranco La Grassa - 15/07/2009

 
 
No, caro Cavaliere, non ci si può scaricare così facilmente la coscienza per il sottufficiale italiano ucciso in Afghanistan, cui va tutto il nostro cordoglio, perché non nutriamo alcun astio nei confronti dei nostri “corpi speciali in armi”, in particolare per i sottoposti. Non si può sostenere che la “missione è necessaria”. Odio fare il pacifista “a bischero sciolto” e ancor meno protestare contro ogni violenza senza considerarne le motivazioni (mi sono poco simpatici simili individui, futili e dannosi nel loro modo di ragionare così semplicistico e rudimentale).

So benissimo che la politica estera da lei timidamente accennata, almeno fino ad ora, è nel mirino di coloro che non vogliono certo aperture verso la Russia (e l’Eni-Gazprom) o verso la Libia, ecc. Questi “coloro” però, deve essere detto con chiarezza, sono in primo luogo gli Usa di Obama, i cui fini non divergono da quelli degli altri presidenti, pur tenendo ormai conto della necessità di nuove manovre tattiche più furbe e meno apertamente arroganti e “da padroni del mondo”. La stampa estera ed italiana “di sinistra” che l’ha ultimamente attaccata – per imbeccata di ben precise forze economico-politiche europee e italiane, “sdraiate” sui diktat americani – con una volgarità incivile e indegna, senza alcuna capacità di una qualsiasi idea e progettualità politica, è pienamente complice e corresponsabile di questa uccisione di un nostro connazionale. Anzi, in un certo senso, è la più responsabile.

Tuttavia, se lei non ha la forza di opporsi, oltre certi limiti, alle pressioni – dirette e indirette – degli Usa, pur sornioni e che si trincerano dietro il terrorismo, la difesa dei “diritti democratici” (ma non ci si è accorti di ben due massacri di parecchie decine di civili denunciati dalle autorità fantoccio afgane solo negli ultimi due mesi?), e altre menzogne consimili; se lei non ha, lo ripeto, tale forza, è bene almeno non essere così arrendevole, sostenendo che una missione del genere è necessaria. Per di più copiando il tanto criticato D’Alema che, ipocritamente, mascherava l’aggressione (da subordinato) alla Jugoslavia come “difesa integrata”. Qui si sostiene che si tratta di missione di pace. Ma chi ci crede? E chi ha voglia di morire per la “democrazia” in Afghanistan, perché le donne – di quella tradizione culturale! – tolgano il velo e per altre questioni di cotale importanza?

Sappiamo bene qual è la reale partita che si sta giocando laggiù: la lotta di potenza in una zona nevralgica. Lei cerca allora di dimostrare che l’Italia sta tutto sommato dalla parte degli Usa in questa lotta, dato che la politica estera (ed energetica) del nostro paese – sotto di lei, non certo sotto altri settori politici, di sinistra o di destra – ha sollevato tanti sospetti negli Stati Uniti. Lei vuol tenersi la sedia di Presidente del Consiglio. Non faccio demagogia spicciola e fastidiosa, dicendo che la poltrona non vale la vita di un uomo. Non vale però la pena continuare a traccheggiare e contorcersi per non farsi travolgere da campagne ispirate d’oltreatlantico. Si dica intanto apertamente chi, al nostro interno, trama in effetti contro i nostri interessi piegandosi, per sopravvivere, ai “consigli” degli Stati Uniti, cui però anche lei si dimostra troppo “sensibile”.

Almeno, cominciamo a regolare i conti in casa nostra. Se sospetto io chi sono le nostre quinte colonne, non può non saperlo lei. Qui sta il nodo, senza sciogliere il quale (meglio ancora, tranciarlo di brutto) ci si rende allora responsabili di morti senza alcun senso, del tutto evitabili. E, lo ribadisco, sostengo tale tesi senza alcuna retorica di stampo non violento e pacifista, che è spesso quella di coloro che più sono conniventi con gli Stati Uniti solo per prolungare la propria agonia, magari nel ridicolo e nell’ignominia; sappiamo di chi stiamo parlando, nevvero? Si agisca, intanto, per le “pulizie di casa”.