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Il Dio di Ezra Pound

di Andrea G. Sciffo - 02/01/2012

Campo di Coltano (Pisa), estate del 1945. A guerra appena conclusa, il poeta americano Ezra Pound venne imprigionato in una “gabbia” di filo spinato ovvero cella a cielo aperto, dato il clima torrido, in quanto accusato di collaborazione con il regime mussoliniano: così lo vide il maggiore Sala, comandante del Btg. Folgore, anch’egli fra i prigionieri del campo 5. Una quindicina di giorni dopo l’arresto, il poeta fu trasferito al campo di punizione 335 per ordine del Disciplinary Training Center.

 

In quel frangente, il soldato Gianni Schinetti (classe 1925) combattente nella Decima-MAS sin dalla battaglia nella Selva di Tarnova (presso Gorizia, 19-21 gennaio ‘45) contro i partigiani jugoslavi del maresciallo Tito, e imprigionato nel medesimo luogo, poté forse intravedere Pound oltre la polvere del campo di concentramento, malgrado la vista appannata dai digiuni forzati e dalle privazioni di deportato: chi può dirlo? Solo l’occhio del destino o della storia lo sa. Del resto, anche se lo avesse scorto al di là della recinzione, a quel tempo Schinetti non sapeva chi fosse Pound, né che volto avesse.
Il poeta americano era più anziano di lui di esattamente quarant’anni: Ezra Loomis Pound aveva abbandonato gli USA per amore della Vecchia Europa e dell’Italia mediterranea e corporativa del Fascismo, per pronunciare poi i famigerati “radiodiscorsi” (a favore dell’Asse, in anni di guerra) che gli costeranno tredici anni di reclusione manicomio criminale meritandogli l’accusa di tradimento e di squilibrio mentale. Era la ricompensa della sua madrepatria…

 

Schinetti forse non aveva ascoltato nessun radiodiscorso, ma quand’era di stanza coi suoi commilitoni nei pressi di Livorno, gli emigranti di ritorno dagli States gli avevano raccontato quale fosse la vita degli italiani a Brooklin, e così li metterà per iscritto mezzo secolo dopo nella sua autobiografia:
“in quei tempi, le porte di molti locali pubblici avevano affisso un cartello nel quale era scritto VIETATO L’INGRESSO AI NEGRI, AGLI ITALIANI E AI CANI. Emarginati sia per il loro stato miserabile sia per la delinquenza […] erano pane e cipolla contro la ricerca spasmodica del lucro, un Dio diverso dal Dio dei nostri emigrati”.
Queste note private e popolari coincidevano però con le spregiudicate analisi di economia ortologica poundiana “contro l’Usura” e contro la borghesia del denaro. Ma fu solo l’anti-americanismo ad accomunare Pound, il nervoso e coltissimo, intransigente intellettuale dell’Idaho, cresciuto nella Londra di Bloomsbury, e Schinetti, un giovane modenese arruolatosi nella RSI per strabordante passione politica, patriottica, nel corso sottoufficiali il 1° dicembre 1943?
I nodi ideologici del Novecento sono inestricati a tutt’oggi, e ciò è dovuto alla cattiva volontà degli storiografi: tanto che la cosiddetta “crisi” attuale ne è un fenomeno collaterale. Però, per accostarsi alla questione (che nessuno ha veramente voluto sciogliere, tra gli intellettuali organici italiani del dopoguerra) in maniera diversa da quanto suggerisce la Cultura Ufficiale, occorrerebbe immergersi sin da adesso dentro due libri semiclandestini: l’agile trattatello di Andrea Colombo Il Dio di Ezra Pound. Cattolicesimo & religioni del mistero (edizioni Ares, 2011; pp.168 € 14) e il già citato volume di Gianni Schinetti, Le piume e i rovi. Un cattolico nella Decima MAS NovAntico Editrice, 2011; €20, cit. a pag.196).

 

In particolare, di quest’ultimo, il Capitolo XIII è tutto dedicato alla descrizione delle penose condizioni nel Campo pisano per i “vinti”: sono pagine consigliate, sia per un commento quasi-dantesco ai Pisan Cantos sia come lettura preparatoria per quanti trascorrono le vacanze estive in “villaggi” all-inclusive.
Pound-Schinetti, dunque: come in un ideogramma, due figure ieratiche, il vecchio saggio e il giovane imprudente, stanno assieme all’emblema della guerra alla verità; e ora che ci accingiamo a celebrare il quarantennale dalla morte di Pound, anche Schinetti è diventato un vecchio (saggio anch’egli), e l’ideogramma è ruotato ancora su scenari di guerra alla verità.
Se la maggioranza degli Italiani avesse tempo e pazienza e voglia, scoprirebbe almeno in via teorica la soluzione all’arcano maggiore che ho proposto poco sopra (“perché l’anti-americanismo accomunava un poeta vorticista e un soldato di provincia?”): prendendo in parola le opere e i giorni di Schinetti e Pound, nel loro incrocio mancato e reale al Coltano, nell’estate del 1945. Sullo sfondo scarlatto s’incrociano figure di due religiosi, come portatori del divino nei giorni insanguinati del poeta e del soldato: monsignor Pietro Pisani, don Tullio Calcagno,  padre Vath, padre Casimiro Canepa, don Tardini.

 

Però questo è troppo: nomi di uomini di Chiesa, scomparsi in giorni lontanissimi. È troppo per un’epoca che adora gli idoli: “hanno bocche e non parlano, hanno occhi e non vedono, hanno mani e non palpano”. L’incontro tra Schinetti e Pound, peraltro, a suo tempo non avvenne e non è mai avvenuto: adesso fa parte del passato, quello buono, quello che accetta di passare… Perché se tutto il tempo è presente, tutto il tempo è irredimibile, scriveva quel famoso amico di Pound.