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Perché non capiscono?

di Andrea Strozzi - 18/09/2013

Fonte: llht.org

Perché non capiscono?

Cosa sta succedendo, là fuori? Il gioco si sta rompendo! Perché non se ne rendono conto?

WallEProviamo a mettere insieme i pezzi, questa volta. Proviamo a capire, oltre al “cosa” e al “come”, anche il “perché”. Partiamo da una considerazione: domenica 15 settembre è stato il quinto anniversario del crollo di Lehman Brothers, la banca d’affari che scolpì il proprio fallimento, negli occhi e nei cervelli di tutto il mondo, tramite le immagini dei propri dipendenti che uscivano dalle rispettive sedi imbracciando i cartoni pieni delle loro cose. Bene, sapete quanto si stima sia costato, da allora, salvare da analogo fallimento le altre banche d’investimento e commerciali dei Paesi “sviluppati”? Siete seduti? Bene, inspirate lentamente prima di proseguire: diciottomila miliardi di dollari. Ve lo scrivo per esteso, se rende meglio l’idea: 18’000’000’000’000 $. Lo capite meglio in Euro, forse? Allora siamo poco oltre i tredicimila e cinquecento miliardi di Euro: 13’540’000’000’000 €. L’informazione non proviene da un tweet di “Occupy Wall Street”, ma dal Sole 24 Ore (qui), che riporta a sua volta uno studio di Zero Hedge, famoso blog finanziario statunitense.

Per la cronaca, il PIL della tanto amata Unione Europea sapete quant’è? 17’600’000’000’000 $. Praticamente identico.

Inoltre, poiché di quei 18 mila miliardi, circa 5 vengono dalle banche centrali (di USA, UE, Inghilterra e Giappone) e uno soltanto dalla crescita del PIL nominale, si può anche leggere il fenomeno asserendo che,per ottenere ogni singolo Dollaro di quella ”fantomatica” crescita (quella che inseguono tutti…), ne sono serviti diciotto di nuovi debiti. Servono altri commenti?

Ma andiamo oltre…

Abbiamo visto, ormai da parecchi mesi, come vari fenomeni globali stiano radicalmente modificando gli assetti economici, politici e sociali di intere popolazioni. E’ ormai opinione condivisa, anche da parte di chi ingenuamente si ostina a dissimularlo, che il Declino che stiamo attraversando non sia soltanto economico, ma sia principalmente etico e ambientale.

Abbiamo anche visto come le elite tecnocratiche e i centri di Potere stiano convulsamente tentando di accaparrarsi le ultime fiches di questa roulette impazzita. Il FMI a livello mondiale e, nel Vecchio Continente, la Banca Centrale Europea e l’Unione Europea (cioè la cosiddetta “troika”), trovandosi ormai palesemente impreparate a tradurre in equilibri sociali gli immani flussi demografici e di capitali (spianati dalla piena globalizzazione), stanno tentando le ultime mosse per salvare il salvabile e non soccombere di fronte ai nuovi assetti indotti da questa multi-Crisi.

Come? Sostanzialmente, facendo convergere la loro “sfera di influenza” (termine volutamente evocativo della Guerra Fredda) solo sulle fasce sociali su cui è più facile esercitare un certo appeal, quindi – in sostanza – sui grandi detentori di capitali economici e finanziari. In pratica, il famoso detto “i soldi van coi soldi” sta ora subendo un’accelerazione convulsa e mai vista in precedenza. Questo fenomeno ha due risvolti.

Il primo risvolto, di stampo prevalentemente geopolitico, riguarda i nuovi assetti della governance che si stanno dando i principali organismi del mondo della finanza: il voto favorevole di questi giorni dell’Europarlamento alla Vigilanza unica bancaria è solo l’ultimo tassello di questo mosaico accentratore, nel suo ultimo e patetico tentativo di amalgamare un continente prima attraverso una moneta, e adesso attraverso la finanza.

Evoluzione e distribuzione geografica del numero di HNWI (Fonte: Rapporto 2013 sulla Ricchezza nel Mondo - Capgemini & RBC Wealth Management)

Evoluzione e distribuzione geografica del numero dei super-ricchi
(Fonte: Rapporto 2013 sulla Ricchezza nel Mondo – Capgemini & RBC Wealth Management)

Il secondo risvolto, a cui si riferisce il grafico sopra e sul quale si concentra LLHT fin dalla sua nascita, riguarda la crescente sperequazione nella distribuzione della ricchezza, che vede patrimoni sempre maggiori concentrati nelle mani di sempre meno persone: anche in questo caso, basterà ricordare soltanto che, dal 2008 ad oggi, il numero di HNWI (un termine tecnico per definire i super-ricchi, cioè i detentori di patrimoni superiori al milione di dollari) è cresciuto in tutto il mondo – con intensità diverse a seconda dei continenti – da circa 8 milioni e mezzo di individui a circa 12 milioni! Proprio vero – come recitava il vecchio slogan di un alcolico – che la crisi è… per molti, ma non per tutti.

Leggendo questi numeri, si capisce anche perché sofisti del pensiero come Flavio Briatore (con cui – giova ricordare – Matteo Renzi ha recentemente condiviso una cena conviviale) non perdano occasione per dichiarare che, anche in Italia, l’unico business che tira è quello del lusso.

Rich man poor manTornando alla dinamica mondiale della distribuzione del reddito (negli ultimi 50 anni, il divario tra il reddito del più ricco 5% della popolazione e il 5% più povero, è passato da circa “trenta volte” a circa “centocinquanta volte”), si capisce allora assai bene il motivo dello “scollamento” tra l’economia reale e i centri di Potere che hanno determinato questo trend. Questo, comprensibilmente, ha rapidamente fatto emergere pulsioni sociali che fino agli anni Ottanta e Novanta erano pressoché ignote: da alcune forme di antagonismo populiste e in qualche caso violente (Indignados, Occupy Wall Street, più alcune derivazioni estreme), fino a forme di protesta politica assolutamente civili, ma non meno determinate (Pirati Svedesi, MoVimento Cinque Stelle e, più in generale, tutta la corrente di pensiero orbitante intorno alla Decrescita).

Perché scrivo queste cose? Perché, fino a quando i “Quartier Generali” delle tecnocrazie occidentali non si renderanno conto di questi radicali mutamenti socio-economici e non prenderanno autenticamente atto delcambiamento necessario, la frattura sociale rappresentata da queste frange di popolazione (che ormai “frange” non sono più…) sarà destinata ad ampliarsi pericolosamente. Possibile che non capiscano?

Le iniezioni di liquidità nel sistema economico, attuate dalla FED tramite le operazioni di Quantitative Easing e, qui in Europa, tramite l’LTRO (Long Term Refinancing Operation) voluto da Draghi tra il 2011 e il 2012, rischiano di passare alla storia come quelle infiltrazioni di resina espansa che si effettuano sotto le fondazioni di una casa, quando i muri cominciano a presentare le prime crepe. Le crepe, apparentemente, si rimarginano. Ma il terreno sottostante – nonostante le iniezioni – resta cedevole…

Il trend drammaticamente crescente della disoccupazione nei paesi “civilizzati” è un fenomeno ormai fisiologico. Dagli anni Settanta ad oggi, i salari reali sono cresciuti molto meno della produttività del lavoro. Come dire, cioè, che è sufficiente lavorare molto meno, per ottenere lo stesso livello di benessere. La locuzione “lavorare molto meno”, se non dovesse essere chiaro, significa che lo stesso output (in termini di prodotti e servizi) richiede molta meno manodopera. Occorre quindi inventarsi qualcosa di diverso. Qualcosa di meno illusorio e intangibile. Qualcosa di più autentico.

Quei 18 mila miliardi sono una pezza. Molto cara e pagata da tutti noi. Ma solo una pezza. Si tratta di soldi per la maggior parte sottratti alle tasche dei cittadini (tramite la creazione di debito inutile) e destinati non all’economia reale, come avrebbe dovuto essere, ma all’intermediazione creditizia. Che, in molti casi, non… intermedia. Né, tranne in qualche rara eccezione, fa credito! Non stupiamoci, quindi, se quei soldi verranno prima o poi rivendicati da qualcuno…

Perché il popolo italiano, primo fra i Paesi occidentali, il 24 e 25 febbraio scorsi ha già fornito una prova – che non esito a definire “neorinascimentale” – di saper anticipare i tempi, rivendicando l’attuazione di un cambiamento non più prorogabile.

La risposta dell’establishment di casa nostra (l’ultima risposta, in ordine di tempo) è stata la nomina di Giuliano Amato a giudice della Corte Costituzionale. Giuliano Amato: 75 anni. Giuliano Amato: pensione di22mila Euro mensili, vitalizio di 9mila Euro mensili e, adesso, stipendio di altri 33mila Euro mensili. Totale: 64mila Euro mensili. Amato: nome omen.

Ecco, forse, perché non capiscono.