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Qualche dubbio sulla perestrojka europeista di Kiev

di Alfonso Piscitelli - 09/12/2013

Fonte: lacosablu

 

L’Ucraina protesta. L’Ucraina è quasi in fiamme ci dicono i giornali. E ci confermano gli amici che a Kiev hanno casa: nella capitale dello Stato occidentale sorto dalle ceneri dell’URSS in questi giorni è pericoloso girare per strada.

La questione ucraina è all’ordine del giorno; cerchiamo allora di capire meglio cosa è questa regione “di confine”: tale è infatti il significato della parola Ucraina, che indica appunto la terra di confine del vasto territorio russo con la Polonia e le altre nazioni più occidentali.

Poco meno della metà degli Ucraini sono russi per lingua, etnia, religione, costumi, storia. Il punto è che anche l’altra metà più uno difficilmente si distingue – per lingua, etnia, religione, costumi – dal “grande fratello” russo. Se sei uomo di mondo, con orecchio per le lingue e i dialetti, puoi distinguere un còrso da un francese, uno scozzese da un inglese, un catalano da un castigliano; ma potresti non distinguere un ucraino da un russo, o meglio ancora: una ucraina da una russa (e qui approfondire le eventuali somiglianze o differenze potrebbe essere cosa interessante). La Russia in effetti nasce in … Ucraina, e la prima capitale dei sovrani russi fu Kiev. Nel corso di dieci secoli la storia ucraina è storia russa: una storia fatta spesso di difficili prove.

Dopo che i Mongoli dell’Orda d’Oro rifluirono a Oriente,fu la regione occidentale di confine della Russia – appunto l’Ucraina – a subire gli effetti dell’espansione polacca, lituana, svedese; ma soprattutto polacca. È in questo contesto che nascono i cavalieri Cosacchi: contadini liberi che formano un ordine guerriero e nello stesso tempo una comunità autonoma. I Cosacchi dell’Ucraina aspirano ad una autonomia anche rispetto allo stesso Zar, ma si sentono fondamentalmente russi e la loro preoccupazione principale è respingere gli impulsi espansionistici polacchi.

A nostro avviso il solco che a un certo punto separa l’Ucraina dalla Russia è un solco politico, più che etnico. E’ la rivoluzione marxista ad allargare il solco: l’Ucraina è “bianca”, la Russia è “rossa”. A Mosca prevalgono i bolscevichi, mentre in Ucraina prevalgono i socialisti riformisti e gli anticomunisti tout court.

La Germania si inserisce in questa spaccatura e la volge a suo favore: è quella Germania con gli elmetti a punta della prima guerra mondiale. In effetti la prima Repubblica Ucraina nasce alla fine della I guerra mondiale, sotto occupazione militare tedesca.

E nel 1941 gli Ucraini accolgono con le braccia aperte i giovanottoni della Wermacht. Tra la prima occupazione tedesca e la seconda occupazione tedesca si erano interposti gli anni dello stalinismo, e gli anni della terribile carestia del 1929-1933: eventi politici e drammatici scontri ideologici che contribuiscono ad approfondire il solco.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, nella parte occidentale della Ucraina si diffondono i gruppi filo-tedeschi di Bandera, che ingrossano le fila delle SS nazionalsocialiste. Ma tanti Ucraini aderiscono anche al movimento partigiano che si oppone alla – durissima – occupazione tedesca.

Sia detto per inciso, nelle ultime elezioni ha riscosso un buon successo del 10% un partito di stampo schiettamente neonazista, Svoboda, il cui simbolo sono il pugno con tre dita tese (come il simbolo di giuramento di quella poetica associazione di baldi giovani in uniforme tutta nera…). Le roccaforti di Svoboda sono nei distretti più occidentali e il movimento è in prima fila nelle proteste “europeiste” e antirusse di questi giorni. E tuttavia i nazionalisti ucraini, non solo i neonazisti, sono anche fieramente ostili ai polacchi (anche qui per vecchie storie risalenti al 1920 e al 1941), per cui sarebbe davvero bella da vedere questa futura Unione Europea sotto tallone berlinese, con Polacchi e Ucraini che si beccano tra loro come i capponi di Renzo.

Torniamo però alla storia con la S maiuscola e ai suoi eventi decisivi. Passano pochi anni dalla fine della Unione Sovietica e un dirigente ucraino del PCUS diviene il capo della Russia Sovietica: Nikita Krusciov. Krusciov, forte dei suoi poteri di capo dei comunisti, dopo aver abbattuto il mito di Stalin prende una decisione storica (o per meglio dire: antistorica): stacca la Crimea dal territorio della Russia e la annette all’Ucraina!  Oggi la Crimea, penisola strategica per il controllo del Mar Nero, regione russa al 100%, appartiene all’Ucraina. Si consideri tutto questo groviglio di relazioni prima di dare un giudizio affrettato sulla questione ucraina…

Nonostante tutto, nel marzo del 1991 quando gli Ucraini vengono chiamati a scegliere in un referendum se continuare a far parte di una Unione politico-nazionale con i Russi, ben il 70% degli Ucraini vota sì. Nei mesi successivi, sarà la crisi economica galoppante, la rovinosa politica di privatizzazioni di Eltsin a far cambiare idea ai cittadini del “confine”: un nuovo referendum indetto nel dicembre 1991 sancisce a larga maggioranza la costituzione di uno Stato autonomo. Si conferma la nostra tesi: la spaccatura tra Ucraini e Russi si sviluppa sull’onda delle drammatiche vicende politiche del Novecento (la rivoluzione bolscevica del 1917, il dramma delle privatizzazioni selvagge, del vuoto di potere e della crisi politico-economica dell’era Eltsin all’inizio degli anni Novanta).

Ora questo Stato, composto da Russi-Russi e da persone che somigliano ai Russi più di quanto i Texani somiglino ai Newyorkesi, annaspa nella crisi economica, nel vuoto di potere, nel vano inseguimento del fascino (…) della Merkel. La Russia invece, sotto la presidenza, Putin vola ai ritmi di crescita economica dei paesi BRICS. Penso proprio che gli Ucraini avessero fatto la scelta giusta nel primo dei due referendum del 1991.

Ma lasciamo le vecchie storie e gli intricati ragionamenti sulle “identità” e veniamo ai fatti concreti. Primo fatto nudo e crudo: l’Ucraina il petrolio e il gas non ce li ha, la Russia sì. Fino ad ora l’energia per accendere i riscaldamenti e avviare le macchine la Russia l’ha passata all’Ucraina a prezzo politico. È chiaro che se l’Ucraina si orienta verso altre sponde la fornitura viene rinegoziata e i debiti del passato vengono contestati. È mostruoso Putin se chiude il rubinetto del gas e passa all’incasso? Certo, l’uomo di Mosca non è una mammoletta. Ma una volta rampognato Putin perché non regala più petrolio agli ex cugini divenuti parenti alla lontana, si può provare a chiedere agli Arabi o ai Texani se sono disposti a regalare petrolio alla nuova stella d’Europa…

Yanucovich ci ha provato, ma inutilmente, a chiedere fondi alla Unione Europea, famosa per la sua generosità nei confronti dei popoli soggetti. Per realizzare le riforme che l’UE chiede alla Ucraina (con la stessa gentilezza con la quale nei scorsi mesi ha chiesto alla Grecia) occorrono parecchi miliardi. Finanziarie di lacrime e sangue. Ecco questo è il secondo fatto nudo e crudo: la “perestrojka europeista” di Kiev richiederebbe miliardi di euro, ma la UE è disposta a versare solo poche briciole di aiuti.

Terzo fatto nudo e crudo: le merci ucraine sono tutto sommato modeste, l’Ucraina deve ancora lavorare per giungere ad un export di qualità. I cioccolatini ucraini che si vendono a Kiev e che hanno un piccolo range di esportazione in Russia non hanno nessuna chance di competere con le goloserie occidentali. Se l’Ucraina si riscopre “europea”, Mosca smette di fare la compiacenza di importare cioccolatini e Kiev deve provare a vendere a Occidente dolcetti che susciterebbero perplessità non solo a Dudù, ma anche a Scooby Do.

La proposta di partnership Ucraina-UE prevedeva appunto la libera circolazione delle merci e la libera circolazione delle persone. Ma se da un lato le merci ucraine hanno poche chance in Occidente, d’altra parte siamo sicuri che avrebbero una chance le persone? Proprio nei giorni che hanno immediatamente preceduto il mancato appuntamento di Vilnius il premier inglese Cameron ha piantato i paletti contro l’eccessiva facilità di approdo in Inghilterra degli Europei dell’Est.

Dunque ricapitolando: la prospettiva degli Ucraini era di pagare salata la bolletta del gas, perdere le esportazioni verso la Russia, essere fermati nei loro movimenti verso Occidente o essere malsopportati come i famosi “idraulici polacchi” a Parigi, subire finanziarie lacrime sangue per anni e anni. Certo – ribattono gli europeisti mistici – sono piccoli sacrifici, ma in fondo vale la pena sopportarli per ricevere il premio più ambito: prendere posto accanto alla Grecia e all’Italia nella UE, il famoso paradiso dei lavoratori!

La sintesi, umoristica e perciò perfetta, l’ha fatta un mio amico studioso di relazioni internazionali che si chiede: “migliaia di persone in piazza in Ucraina perché alle economie emergenti dei BRICS preferiscono la crisi della UE?”

E tuttavia cerchiamo di capire anche i manifestanti: a differenza della “rivoluzione arancione” oggi la protesta appare più spontanea. Nel 2004 in poche ore comparvero sciarpe arancioni, magliette arancioni, bandiere arancioni, peluche arancioni, mancavano solo gli arancioni del guru Rajneesh, ma c’erano tutti gli ingredienti per un coloratissimo show in stile MTV. In poche ore furono montati nelle principali piazze di Kiev costosissimi palchi per ospitare oratori patriottici e gruppi di rock identitario (ragazzotti che se si esibiscono a Roma si beccano la Legge Mancino). Oggi in Ucraina c’è aria di crisi, di delusione, di profondo malcontento verso una classe dirigente che non ha saputo avviare in Ucraina una dinamica economica positiva, per cui si può capire che la protesta spontanea tracimi da mille rivoli e si indirizzi versotendenze suicide, tipo l’adesione alla Unione Europea delle Repubbliche Sovietiche Rigoriste.

Si può capire anche che vista da Kiev l’Europa Occidentale ispiri ancora un fascino: dietro il potente vicino russo si percepisce ancora l’ombra del passato sovietico. Ma il guaio è che chi vive nell’Unione Europea lo spettro della defunta URSS – il paradiso dei burocrati e delle lunghe file per chiunque voglia liberamente produrre, liberamente agire –lo vede incombere dal futuro…

Post Scriptum: chi scrive ritiene che non si debba tifare per l’Ucraina in UE, ma per una libera Italia che faccia accordi di cooperazione con una Ucraina collocata nel suo ovvio contesto geografico e con la Russia di Vladimir Putin (ma forse si era capito).