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Gli affondamenti mai chiariti, le ragioni incoffessabili

di Vito Romano - 09/05/2007




1 - SOMMERGIBILE CINESE “MING 361”

Un incidente alquanto misterioso è accaduto nel 2003 al sommergibile di una nazione che si avvia a diventare, dato l’incredibile incremento economico di quest’ultimo decennio, una delle maggiori potenze economiche del mondo.
Di conseguenza la situazione della sua Marina è un fedele specchio di questa realtà.
In questi ultimi tempi la Cina sta cercando di acquisire esperienze progettuali e costruttive, tanto che le ultime classi di cacciatorpediniere, fregate e motomissilistiche, non sembrano avere molto da invidiare alle loro più recenti contrapposizioni occidentali ed asiatiche.
Nell’estate del 2004, con un’iniziativa clamorosa, sono state consegnate quattro nuove unità di caratteristiche avanzate. Nel campo subacqueo, la debole capacità progettuale dei cinesi ha causato uno sviluppo tecnologicamente piuttosto limitato, per cui si sta cercando in tutte le maniere di acquistare più credibilità internazionale in questo campo, con scelte e programmi piuttosto azzardati. Un nuovo tipo di battello convenzionale, classe “YUAN” è apparso improvvisamente e in tutta segretezza, senza che la CIA o gli altri Servizi Segreti abbiano saputo della sua costruzione.
Nella frenesia di bruciare le tappe, ad un battello della classe “MING”, denominato “MING 361”, è accaduto un incidente mortale, senza che il Governo cinese abbia spiegato il motivo all’opinione pubblica né nazionale, né internazionale.

IL FATTO
Dei pescatori cinesi, il 30 aprile del 2003, nella parte interna del Mar Giallo, hanno rinvenuto, in condizioni di semiaffondamento e in stato d’abbandono, il sommergibile cinese 361 della classe MING, con l’intero equipaggio di 70 persone, tutti al loro posto di manovra, morte.
Fonti ufficiali cinesi hanno attribuito la tragedia a laconici “problemi di natura meccanica”; ciò contrasta con il fatto che, secondo le stesse fonti ufficiali, il battello non presentava tracce d’esplosioni, di allagamenti o di incendi, né tentativi di fuoriuscita dell’equipaggio dato che ognuno si trovava al proprio posto.
Secondo tre dichiarazioni diverse fatte da altrettanti ufficiali, l’unità era impegnata in:
- attività antisommergibile molto rischiosa,
- missione addestrativa a lungo raggio,
- esercitazione che non prevedeva contatti radio con la base (spiegazione dei lunghi giorni di silenzio radio).
La morte è avvenuta tra il 10 e il 20 aprile.

SUPPOSIZIONI
Non avendo a disposizione alcun elemento e non sapendo i risultati delle autopsie rilevate sui cadaveri, si possono fare solo delle supposizioni generiche.
Le cause quindi potrebbero essere tante, ma contrastano con il fatto che l’equipaggio al momento del ritrovamento si trovava al proprio posto.
1 - Sangue poco ossigenato che dà il tipico colorito bluastro alla cute e alla mucosa causato dall’inalazione di sostanze che causano l’irritazione dell’apparato respiratorio che comporta forti bruciori alle mucose stesse ed ai polmoni, tali da far ritenere impossibile che i marinai siano morti senza tentare una manovra di ventilazione del sommergibile.
Questo gas potrebbe essere il “FOSGENE” o il “CLORO”.
Il fosgene è un gas tossico, ad azione soffocante che si può ottenere per reazione diretta del cloro nell’ossido di carbonio, generando il “cloruro di mitilene”, che era adoperato una volta negli impianti di refrigerazione dei sommergibili.
È adoperato in guerra come gas asfissiante, per cui è stato messo al bando.
Quello che si adopera ora negli impianti moderni di condizionamento ma che è proibito per i problemi legati al “buco dell’ozono”, sono il “freon 12” e il “freon 22”, che se sono portati ad elevate temperature, si trasformano in fosgene.
Ciò può accadere per esempio in caso d’incendio a bordo e quando il freon fuoriuscito, sia aspirato dai motori termici, che si trasforma in fosgene all’interno della camera di combustione, rendendo i fumi di scarico più tossici di quello che già non lo sono.
I cinesi comunque non si preoccupano del “buco dell’ozono”.
Il cloro è un gas che si forma quando gli elementi delle batterie vengono a contatto con l’acqua di mare.
Questo, produce uno sbiancamento nei cadaveri, provoca forti bruciori alle mucose ed ai polmoni che non permette ai marinai di stare tranquilli al proprio posto.
2 - Eccesso di anidride carbonica (CO2) nell’aria che genera “ipercapnia” o “morte azzurra”.
Normalmente nei battelli, l’anidride carbonica è mantenuta allo 0.5 %.
Se supera lo 0.8 %, sui sommergibili italiani si provvede a rigenerare l’aria.
Se dovesse superare questa percentuale, genera una terribile cefalea che poi sfocia in insufficienza respiratoria, diaframma incontrollabile, e a volte, tachicardia e cianosi.
I sintomi di malessere sono quindi molto evidenti, con conseguenti tentativi di reazione.
3 - Mancanza di ossigeno.
Se a bordo di un sommergibile viene consumato tutto l’ossigeno senza che vi sia la possibilità di generarne altro, si crea “ipossia” o “morte bianca”.
È il caso d’inalazione di “monossido di carbonio” (CO); un gas incolore e inodore contenuto nei fumi di scarico dei motori a scoppio o diesel.
Ciò può avvenire per esempio a causa della chiusura della valvola d’immissione dell’aria ai motori termici, sommersa da un’onda in navigazione “snorkel” e costringe i motori a “succhiare” l’aria dei locali interni.
La mancanza d’ossigeno comporta ronzio alle orecchie, nausea, mal di testa, stato confusionale con successivo svenimento e morte.
La caratteristica di questo tipo d’avvelenamento è il colore bluastro delle labbra.
In ogni modo, prima di arrivare allo svenimento, passa un certo periodo di tempo tale da consentire di tentare qualche manovra.
Nei sommergibili moderni, come il nostro “Sauro”, prima di arrivare a quanto descritto sopra, entrano in funzione i dispositivi d’arresto automatico di emergenza dei motori.
Sempre sugli stessi sommergibili, esiste anche una seconda sicurezza che fa arrestare i motori quando la depressione all’interno dei compartimenti raggiunge un determinato valore.
Questi accorgimenti tuttavia, non danno una totale sicurezza ed è quello che accadde nella notte del 20 agosto 1979 nelle acque di Tolone, quando il sommergibile sudafricano Maria Van Riebech speronò in superficie un’identica unità della marina francese, il Galatèe.
Su entrambi i battelli furono attuati le procedure d’emergenza, ma sul Galatèe qualcosa non funzionò: furono infatti chiuse tutte le prese a mare e d’aria, compresa quella dei motori termici, che però non si arrestarono per cui i motori, con le prese d’aria esterne chiuse, si alimentarono con l’aria dei locali del sommergibile, fermandosi solo dopo di avere consumato tutta l’aria.
Prima che ciò avvenne, numerosi uomini dei compartimenti poppieri persero conoscenza per effetto della “ipossia”.
4 - Fra le varie ipotesi più fantasiose azzardate dalla stampa locale e da “esperti del mestiere”,la più attendibile e forse la più veritiera è che il “MING 361”, stava sperimentando un nuovo sistema di rigenerazione dell’aria che avrebbe sprigionato del gas inodore letale, oppure era impegnato nel collaudo di un nuovo apparato di propulsione indipendente dall’aria (AIP = Air Indipendent Propulsion), durante il quale avrebbe subito un’avaria con la fuoriuscita di gas letale inodore; ciò spiegherebbe il fatto che sul sommergibile erano imbarcate 15 persone in più, dato che l’equipaggio è composto da 55 persone, contro le 70 trovate morte.
La soluzione lo stesso, dovrebbe essere legata all’aria che l’equipaggio ha inalato, procurandone la morte, indipendentemente dalla causa che l’ha generata, com’è successo a molti sommergibilisti italiani durante il 2° conflitto mondiale, che sono stati intossicati dal “cloruro di mitele” utilizzato per il condizionamento, che sfuggiva dalle tubazioni.

2 - CORAZZATA “MAINE”

Nei due secoli scorsi, per motivi politici, le cause d’alcuni affondamenti di navi soni menzognere e sono state causate da una nazione per creare il “casus belli” per entrare in guerra.
È il caso della corazzata americana MAINE.
Alla fine dello XIX° secolo gli americani andavano alla ricerca di un pretesto per dichiarare guerra alla Spagna, per avvantaggiarsi sia dei Carabi che dell’Oriente.
Una preda “golosa” era rappresentata dall’isola di Cuba, poiché li avrebbe liberati dalla soggezione nei confronti dell’Inghilterra che, occupando le Bahamas e la Giamaica dominava tutte le linee d’accesso dell’Atlantico alla costa centroamericana.
Altra aspirazione americana erano le isole Filippine, sempre di possedimento spagnolo, che frenava i rapporti commerciali e politici con l’intero Oriente.

IL FATTO
Il 15 febbraio del 1898, la corazzata statunitense MAINE che si trovava attraccata nel porto di L’Avana a Cuba, saltò (o la fecero saltare) in aria.
Il MAINE era stato progettato male, con la Santa Barbara (deposito munizioni) troppo vicina alla sala macchine, per questo gli esplosivi scoppiarono per il troppo calore (secondo l’accertamento non ufficiale della commissione interna americana).
Secondo la dichiarazione ufficiale del Governo americano, acclarata dall’opinione pubblica, grazie ai media, la nave era stata fatta saltare deliberatamente dagli spagnoli mediante una mina posta sotto la carena.
L’esito della commissione inviata dall’Ammiraglio Hyman Richover, fu tenuto segreto per oltre un secolo e i bellicisti poterono scatenarsi.
La guerra iniziò il 25 aprile del 1898 e si sviluppò su due fronti: le Antille spagnole e l’arcipelago delle Filippine.
L’esito della guerra era già scontato sin dall’inizio, avendo gli americani un numero doppio di navi da guerra rispetto a quelle spagnole.

CONSEGUENZE
La Spagna fu costretta a rinunciare alla sovranità su Cuba che divenne indipendente e dovette cedere agli Stati Uniti le Filippine, Portorico e Guam nelle isole Marianne.
Anche se indipendente, Cuba poco dopo finì sotto l’influenza americana, tanto che una clausola della Costituzione cubana consentiva agli Stati Uniti l’intervento militare sull’isola.
Negli anni trenta dello scorso secolo questa clausola fu abolita ma in cambio gli Stati Uniti ottennero GUANTANAMO.
Gli americani dunque realizzarono i loro piani sia su Cuba che sulle Filippine le cui conseguenze sono tuttora palesi con le basi militari di GUANTANAMO e di GUAM.
Tutto questo, grazie alla montatura del caso Maine, i cui difetti di costruzione furono molto utili alla causa degli Stati Uniti d’America.

3 - PIROSCAFO LUSITANIA

L’affondamento del LUSITANIA fu cercato dagli Stati Uniti per creare un “casus belli” come accadde nel 1898 con la corazzata americana Maine nel porto di L’Avana per entrare in guerra nel 1° conflitto mondiale.
Gli Stati Uniti erano stati sollecitati a viva voce dagli Alleati ad entrare in guerra al loro fianco, ma mancava il motivo giustificativo.

IL FATTO
Secondo i Servizi Segreti tedeschi, i piroscafi americani LUSITANIA e MAURITANIA erano classificati incrociatori e usati per il trasporto di truppe e materiale bellico.
Ciò era avvalorato dal manuale internazionale Brassey’s Naval Annual (precursore dell’attuale Jane’s Naval Ships), in vendita in tutto il mondo, che riportava tutte le caratteristiche delle navi da guerra di tutte le nazioni, in cui appunto il Lusitania era un “armed merchant cruise”, vale a dire “incrociatore armato di origine mercantile”.
Era noto che il Lusitania, durante la guerra in corso, trasportava materiale bellico ai belligeranti, cosa proibita in tempo di guerra.
Queste navi durante la guerra sono considerate “prede belliche”.
In precedenza i tedeschi avevano diffidato gli americani a caricare passeggeri civili su quelle navi, ritenute obiettivo militare.
Quest’avviso fu addirittura pubblicato sui giornali americani.
Il piroscafo nonostante tutto, il 1° Maggio del 1915, imbarcò 1959 persone (compreso l’equipaggio) e partì dal porto di New York con rotta per Liverpool.
Il 7 era già in vista della destinazione e come una nave da guerra, navigava a zig-zag, senza scorta, quindi facile bersaglio di qualsiasi sommergibile tedesco; non solo, ma al momento del lancio, il piroscafo era in una posizione ideale per essere silurato, nonostante il sommergibile tedesco “U-20” procedesse in superficie e a lento moto.
Il C.te tedesco, accertato che il piroscafo era uno dei gemelli Lusitania o Mauritania, si preparò all’attacco e il C.te Turner del piroscafo non fece nulla per evitarlo, anzi si mise, come accennato, in posizione ideale per essere silurato.
Anche al momento del lancio, avrebbe potuto accostare per evitare il siluro la cui scia di giorno doveva essere per forza visibile ma non lo fece.
Il lancio avvenne a 650 metri ed a quella distanza è impossibile che il C.te del piroscafo non abbia avvistato il sommergibile tedesco in emersione e in rotta di collisione con il suo piroscafo.
Dopo il lancio, accadde una prima esplosione dovuta all’impatto del siluro e subito dopo “un’esplosione inusitatamente disastrosa” come ebbe a dichiarare il C.te Schwieger dell’U-20, che squassò la nave e la fece affondare rapidamente.
La nave, oltre che passeggeri trasportava munizioni.

CONSEGUENZE
Quello fu il motivo che indusse gli americani ad entrare in guerra, asserendo come scusante che i tedeschi non solo avevano attaccato un innocuo piroscafo carico di personale civile ma non si erano preoccupati di salvare i naufraghi, come se un sommergibile avesse potuto imbarcare persone che non facevano parte dell’equipaggio. Si salvarono solo 200 passeggeri.

4 - NAVE PASSEGGERI ARANDORA STAR

Quando il 10 giugno del 1940 Mussolini dichiarò guerra alla Gran Bretagna, nel giro di pochi giorni 4.500 persone italiane che vivevano in Inghilterra furono arrestate per il solo fatto che portavano un nome italiano. Le violenze contro gli italiani divamparono in tutto il Paese con vetri infranti, negozi bruciati, gente malmenata e pestata. Il Times definì quegli atti “un’orgia di disordini”. Dapprincipio gli italiani furono rinchiusi nei box dei cavalli ma poi il Canada diede la sua disponibilità ad accogliere 1.500 italiani, per questo vennero approntati alcune navi,fra cui la nave passeggeri ANDORRA STAR.

IL FATTO
Sulla ANDORRA STAR presero posto 734 prigionieri italiani. Questa, più che una nave era un “floatting concentration camp”, cioè un “campo di concentramento galleggiante” con tanto di filo spinato sui ponti e privo di scialuppe di salvataggio. Questa nave normalmente portava 500 passeggeri ma ora ve ne erano stipate 1.500, di cui la metà italiani ed altri austriaci, tedeschi ed ebrei che fuggivano dalla Germania. Quando il Comandante dell’U-Boat tedesco Guenther Prien inquadrò la nave nel periscopio, dato il suo comportamento e la sua apparenza, non ebbe alcun dubbio che quello fosse un bersaglio legittimo di guerra, in quanto, pur essendo una nave passeggeri era armata con 5 cannoni, non aveva il simbolo della Croce Rossa, navigava isolata, non era difesa da alcuna scorta e navigava a zig-zag, tipica andatura delle navi da guerra. Le analogie di 25 anni prima con l’americana Lusitania erano impressionanti. Fu lanciato il siluro da una posizione favorevolissima offerta dalla stessa nave durante un tratto del suo zigzagamento, per questo fu colpita in pieno. Anche in questo caso il C. te della nave passeggeri non fece niente per evitare il siluro. In quell’occasione perirono, o meglio furono fatti perire deliberatamente, perché la nave era stata mandata allo sbaraglio, sicura preda di qualsiasi sommergibile tedesco, 446 italiani. Il giorno dopo la radio inglese annunziò sbrigativamente che “una nave di nome Aronda Star con fascisti e nazisti a bordo, era stata silurata nell’Oceano Atlantico”. Non disse che il siluro era tedesco, perché sarebbe stato imbarazzante spiegare come mai i tedeschi avessero silurato proprio una nave carica di “fascisti” e “nazifascisti”. Soprattutto non disse che fra “fascisti e nazisti” c’erano centinaia di ebrei tedeschi.

5 - CACCIATORPEDINIERE USA MADDOX

Quando nel 1954 i francesi lasciarono il Vietnam, iniziò il coinvolgimento americano; inizialmente strisciante, non palese, per poi rivelarlo apertamente. Con il Vietnam diviso in due parti, quello del Sud, sin dal 1955 aveva chiesto ufficialmente l’assistenza militare. Nel 1959 cominciarono ad affluire nel Vietnam i primi Consiglieri americani. Con l’elezione poi di Kennedy a Presidente degli USA, avvenuta il 20 gennaio 1961, aumentarono i loro interessi in quello scacchiere ma ancora non in maniera ufficiale. I consiglieri aumentarono sempre di più e più volte furono coinvolti in scontri diretti. Non si trattava ancora di un intervento ufficiale, in quanto non si era ancora presentato il necessario “casus belli”. Questo avvenne nel 1964.

IL FATTO
Il 2 agosto del 1964 il Cacciatorpediniere statunitense MADDOX (DD 731), fu attaccato nel Golfo del Tonkino, in acque internazionali, da tre Cannoniere nordvietnamite e si salvò grazie all’intervento di quattro caccia che si alzarono in volo dalla Portaerei Ticonderoga e che spararono i primi colpi americani nella guerra del Vietnam. Il Presidente americano Lindon B. Johnson, successore di J. F. Kennedy alla Casa Bianca, davanti al congresso americano sostenne che si trattò di una provocazione ingiustificata poiché avvenuta in acque internazionali ed ottenne l’autorizzazione ad intervenire militarmente contro il Vietnam del Nord. Johnson però, non disse che il MADDOX fungeva da nave “AGI” (Intelligence Gathering Auxiliary Vessel = Nave spia), attrezzata con apparecchiature elettroniche speciali, mandata appunto in acque internazionali, ma prospicienti quelle territoriali del Nord Vietnam, per ascoltare e monitorare tutte le comunicazioni che entravano/uscivano da quel Paese. Gli americani da allora intensificarono gli aiuti ai vietnamiti del Sud iniziando i massicci bombardamenti.

CONSEGUENZE
Quella bugia detta da Johnson al Congresso dopo l’attacco avvenuto al Maddox, costò la vita a migliaia d’americani fra morti e feriti, una dura sconfitta di una guerra terribile e spietata, combattuta e appunto persa contro soli 250.000 vietcong. E’ stata una lotta tra Davide e Golia. Le infinite bugie raccontate alla pubblica opinione dai politici, per giustificare i conflitti che sono avvenuti e che tuttora avvengono nel mondo, sono infiniti. L’ultima bugia, che è dei nostri giorni, è quella raccontata da Bush e da Blair a tutto il mondo, in occasione della guerra in Iraq riguardante le armi di distruzione di massa di Saddam.

6 - TRANSATLANTICO ANDREA DORIA

Per l’ANDREA DORIA, nave passeggeri ammiraglia della flotta italiana, affondata nel 1956, non c’entra la politica ma la transazione per fini di politica assicurativa, senza averne accertato la responsabilità.

IL FATTO
La T/Nave A. Doria della Società di Navigazione Italia, fu speronata alle ore 23.10 del 25 luglio 1956 nelle acque attorno alle secche di Nantuchet a circa 70 miglia da New York nel Nord Atlantico, dal rompighiaccio norvegese STOCKOLM. Secondo il Comandate Calamai del Doria, il 2° Ufficiale di coperta Franchini ed il 3° Ufficiale di coperta Eugenio Giannini (sottordine di guardia), che si trovavano in plancia al momento dell’incidente, nella zona gravava una fitta nebbia con una visibilità di appena 25 metri. Ciò è stato anche accertato dai bollettini meteorologici del battello-fanale del Nantucket. Per lo Stockolm invece, nella cui plancia vi era solo il 3° Ufficiale Carstens, “la notte era serena e stellata”. La velocità delle due navi era 21, 8 nodi per il Doria e 18 per lo Stockolm. Alle 22,45 il 2° Ufficiale di coperta del Doria, rilevò un’eco sullo schermo radar, 4° a dritta della propria prua alla distanza di 17 miglia. Siccome il Doria era diretto a New York, la sua rotta era 270° mentre quella dello Stockolm, che da poche ore era uscito dallo stesso porto diretto in Europa, aveva una rotta di 090 °. La rotta d’entrambe le navi le portava a passare a Sud delle secche. In concreto le due navi procedevano di controbordo con rotte opposte, quindi di collisione. Secondo i calcoli del Doria, la nave rilevata avrebbe dovuta passare circa un miglio al traverso a dritta, con l’approvazione del Comandante. Alle 22.48, in pratica 3 minuti dopo l’avvistamento del Doria, l’Ufficiale del rompighiaccio rilevò sullo schermo radar il segnale debole di una nave a12 miglia di distanza, leggermente a sinistra della sua prora ( doveva essere a dritta secondo i calcoli del Doria). Alle 23.05 il bersaglio era a 3,5 miglia dal Doria e procedeva di controbordo a dritta con rotta opposta ma tendente a “stringere” verso la rotta del transatlantico, per questo il Comandante Calamai ordinò una rotta di 4° a sinistra per farlo passare ad un miglio alla sua dritta. Tutti gli Ufficiali del Doria, hanno deposto di avere avvistato le due luci bianche di allineamento dell’altra nave a dritta e poi improvvisamente accostare a sinistra. Il Comandante Calamai allora ordinò tutta la barra a sinistra, facendo emettere anche i due fischi regolamentari e non diminuendo di velocità, sperando che questa avrebbe contribuito a fare scapolare il rompighiaccio. Non fu così. La prua dello Stockolm si conficcò sotto la plancia a dritta del Doria causandone l’affondamento. La verità non si è potuta accertare giacché durante il processo che seguì, le società assicuratrici delle due compagnie di navigazione si accordarono per risarcire le vittime. Le colpe,in effetti c’erano da entrambe le parti, ma molto più marcate erano quelle della nave svedese.

CONSIDERAZIONI
Colpe del Doria : 1°- alta velocità nonostante la nebbia. Con la nebbia la velocità va sempre ridotta, ma non è stata fatto da entrambe le navi. 2° - La distanza di un miglio al punto d’incontro fra le due navi che navigavano di controbordo a quella velocità e con la nebbia, era troppo poco per navigare in sicurezza. Un’avaria improvvisa o un errore qualsiasi, poteva essere fatale com’è successo. Colpe dello Stockolm : le stesse 1° e 2° del Doria. 3° - la menzogna della “notte serena e stellata” per giustificare l’assenza del Comandante dalla plancia. 4° - al dibattito il Comandante si presentò senza il “brogliaccio di navigazione” e il foglio del “plotting” del radar, adducendo come scusante di averli persi!!!, nonostante la nave non fosse affondata.; al contrario, il Comandante Calamai, che aveva perduto la nave, li mostrò alla Corte. 4° -il C. te dello Stckolm, nonostante la nebbia ed il passaggio nelle vicinanze delle secche, che gli imponevano di stare in plancia, alle ore 21.00, per passare più vicino alle secche, ordinò rotta 087° ed andò nel suo camerino. 6° - in plancia vi era solo il 3° Ufficiale che in precedenza era stato indagato per un altro incidente di collisione. Se l’inchiesta avesse seguito il suo corso naturale, interrogando tutti i presenti all’accaduto, compreso il timoniere del rompighiaccio, sarebbe sicuramente saltato fuori che o lui aveva sbagliato nell’eseguire l’ordine, venendo a dritta anziché a sinistra, o il 3° Ufficiale aveva sbagliato dando egli stesso l’ordine sbagliato.