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Australia, elezioni decise dall'ambiente

di marinella correggia - 28/11/2007

 

 

Julian Glover, reporter del quotidiano inglese Guardian, ha spiegato che «con gli alberi che muoiono, i raccolti agricoli che si perdono e i fiumi che sono in secca», quelle australiane sono le prime elezioni al mondo decise dal cambiamento climatico. Un fatto di importanza storica. Le elezioni sono state perse sabato scorso, in favore dei laburisti, dall'ex Primo ministro del partito liberale John Howard, anche grazie al suo reiterato diniego delle cause anche climatiche del disastro ambientale che da anni vive l'immenso paese.
Il reportage si concentra sulla Tamar Valley, nella Tasmania settentrionale, che fra castagneti, campi di lavanda, frutteti di albicocchi, alberi d'olivo, vigne e pascoli, pare ancora un modello di sviluppo sostenibile. Ebbene là, sulle rive del fiume Tamar, il governo precedente aveva approvato la costruzione di una delle più grandi fabbriche di cellulosa al mondo. Un gigante inquinante di 200 ettari, fatto apposta per accelerare il taglio degli alberi nella montagnosa e ancora verdeggiante Tasmania, con destinazione gli affamati mercati asiatici. Ora questo progetto è inserito a pieno titolo nel dibattito sul futuro ambientale del paese, che plasma la stessa politica. Perfino un ex consigliere di Howard, Geoffrey Cousins, diventato attivista contro la fabbrica di cellulosa, spiega al reporter che «il sale affiora in superficie, gli alberi muoiono, il regime delle piogge è stravolto, se ne acorgono perfino quelli che vivono a Sidney. Così la testa delle persone è cambiata». I viticoltori tasmaniani spiegano di non aver mai sperimentato prima degli ultimi cinque anni tali estremi climatici: le temperature più elevate, la pluviometria più scarsa, quella più concentrata. Il cambiamento è tangibile.
E nelle altre parti del paese è peggio, con siccità devastanti mai viste. Gli elettori aussie sperimentano sulla propria pelle la devastazione ambientale di origine antropica. Cinque anni senza piogge hanno prosciugato alcuni dei principali fiumi del paese e annullato i raccolti agricoli in diverse aree. Una terra che pareva illimitata quanto a spazi e risorse e che vede l'economia fossile in pieno boom grazie all'esportazione di carbone e ferro alla Cina, si confronta con una realtà interna ben meno confortevole fatta di scarsità idrica, crisi agricola e collasso ambientale. Australiano è il boomerang e, come un boomerang, è ricaduto sulla terra d'Australia il reiterato rifiuto governativo di firmare il modesto Protocollo di Kyoto, da parte di un paese che pro capite produce 27 per cento più anidride carbonica degli stessi Usa.
Il sì o no alla fabbrica di cellulosa nella Tamar Valley fa parte della scelta che deve fare l'Australia, fra sfruttare le risorse naturali o gestirle. In Tasmania è già un via vai di enormi autocarri, bulldozer, esplosivi e perfino napalm gettato dagli aerei per incendiare il suolo; alle forme di vita vegetale che sopravvivono al trattamento (non parliamo nemmeno delle forme di vita animali) si somministra veleno. Bisogna fare il posto alle piantagioni monocolturali da cellulosa. La perdita di voti per i liberali in Tasmania è anche da mettere in relazione a questo sfacelo. A Gunns, la compagnia che intende costruire la fabbrica in nome dello sviluppo, si oppongono gli attivisti spiegando anche che l'impianto pomperà diossina nei fiumi e che occorreranno fondi pubblici per una parte dei costi di costruzione. E che se si lascia costruire un simile colosso mangiatore di alberi in un luogo incontaminato, si potrà fare qualunque cosa dovunque.
Il neoeletto partito laburista dovrà decidere anche sulla fabbrica, e in pochi giorni, perché i lavori di costruzione, insieme al taglio di nuove parti della foresta primaria, sono previsti a giorni.
Errata corrige. Nella rubrica Terra terra del 22 novembre scorso, dal titolo Kyoto: l'Islanda non chiede sconti, si è parlato assurdamente di «raffinerie di silicone per la produzione di pannelli solari». Ovviamente si tratta di raffinerie di silicio. L'autrice se ne scusa con i lettori.