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Bernhard Bolzano e la rinascita della logica formale come dottrina della scienza

di Francesco Lamendola - 28/11/2007

 

 

Il matematico e filosofo Bernhard Bolzano (Praga, 1871-1848), austriaco di origine italiana, occupa un posto importante nella storia della logica per la sua opera fondamentale in quattro volumi, Dottrina della scienza, del 1837. In essa egli identifica la teoria della scienza con la logica e, reagendo all'impostazione kantiana, che aveva relegato l'utilità delle ricerche logiche solo all'interno del trascendentalismo oppure, antropologicamente, come sistemazione dell'attività psichica, si sforza di rifondare la logica stessa in senso non psicologistico. La sua teoria filosofica, originale, rigorosa e particolarmente acuta nel cogliere le implicazioni concettuali più sottili della logica formale, precorre per certi aspetti la fenomenologia di Huisserl e il trascendentalismo di Frege, nel senso di un loro rovesciamento in senso leibniziano.

Isolato ai suoi tempi, schivo per natura e, per giunta, più che sospetto alle autorità austriache a causa del pesante clima politico instaurato dalla Restaurazione in tutto l'Impero asburgico e anche, perciò, all'interno dell'Università di Praga, Bolzano (che, come prete cattolico, auspicava una sorta di socialismo utopistico) è stato il tipico pensatore tagliato fuori dalla principale corrente filosofica del proprio tempo - nella fattispecie, l'hegelismo. Un po' come Vico, si è trovato per certi aspetti troppo in anticipo sul suo tempo, cosa che lo ha fatto passare inosservato o addirittura scambiare per un ritardatario. A ciò si deve forse il fatto che, mentre la sua importanza come matematico venne ben presto riconosciuta universalmente riconosciuta (vedi, ad esempio, il teorema di Bolzano-Weierstrass), specie nel campo della dimostrazione geometrica, nell'ambito filosofico la sua Dottrina della scienza nonché la sua opera postuma Paradossi dell'infinito, del 1951 - in cui precorre la teoria di G. Cantor degli insieme infiniti - ci è voluto più tempo perché tutti si rendessero conto della sua importanza e della sua effettiva grandezza.

Non è qui il caso di esporre in maniera completa ed esauriente tutta la teoria della scienza di Bolzano. Ci limiteremo invece ad accennare ai suoi contenuti essenziali, onde poter sviluppare alcune riflessioni sul significato e sulle conseguenze di essa.

Per Bolzano, l'insieme generale di tutti gli oggetti è composto da due sottoinsiemi: quello degli oggetti reali e quello degli oggetti non-reali. Un oggetto si può definire reale soltanto se fa parte dell'ordine causale del mondo e, in tal senso, si possono definire come oggetti reali sia le sostanze che gli accidenti della metafisica scolastica. Ma la parte più interessante della dottrina della scienza del filosofo praghese è quella relativa al sottoinsieme degli oggetti non-reali. Tale sottoinsieme, a sua volta, risulta costituito da due differenti classi di oggetti: le proposizioni in sé e le rappresentazioni in sé. La proposizione in sé è il puro significato logico di essa, indipendentemente dal suo esser vero o falso: ad esempio, nella proposizione "il cavallo di Napoleone è bianco", la proposizione in sé è il concetto logico che collega Napoleone, il suo cavallo e l'esser bianco di quest'ultimo. Non importa se Napoleone non aveva un cavallo o se esso non era bianco; è sufficiente che la proposizione abbia un senso logico compiuto. Allo stesso modo, non importa se essa venga o non venga espressa mediante parole, diventando così un fatto linguistico; e non importa nemmeno che essa venga pensata o non pensata da qualche soggetto. Essa esiste in se stessa, e il fatto di venire pensata da qualcuno oppure espressa in parole non ne modifica lo statuto ontologico fondamentale: quello, appunto, di oggetto non-reale. Viceversa, la rappresentazione in sé corrisponde alla dimensione oggettiva della rappresentazione, la quale non necessita di alcuna relazione con il soggetto  ed è la materia della rappresentazione soggettiva, cioècome atto di un soggetto pensante.

Ora, se una determinata proposizione in sé viene pensata, allora acquista un'esistenza reale e diviene un oggetto reale A quel punto essa acquista una verità soggettiva; tuttavia la materia di cui sono fatte non va confusa con il loro essere pensate, poiché costituisce una verità in sé: Questo vuol dire che le verità in sé sono delle proposizioni  valide anche al di fuori del fatto di essere riconosciute, pensate o espresse a parole. Si noti che "oggettivo", per Bolzano, non significa "vero perché esperibile da diversi soggetti", bensì - al contrario - vero perché anteriore, e comunque indipendente, dall'esperibilità di qualsiasi soggetto.

Bolzano, pertanto, ha avuto il merito - di contro a Kant - di riconoscere la dimensione oggettiva degli oggetti della logica e di mettere in chiaro che, indipendentemente dalle condizioni soggettive del nostro conoscere (e chi potrebbe ancora dubitarne, dopo l'esse est percipi di Berkeley?), esiste una realtà ontologica del pensiero e, quindi, la possibilità di una fondazione logico-formale della scienza stessa.

Riportiamo un brano del bel saggio di uno studioso ungherese, Melchior Palagy, Kant e Bolzano, un confronto critico (titolo originale: Kant und Bolzano. Eine kritische Parallele, 1902; traduzione italiana di Luca Guidetti, Spazio Libri Editori, 1993, pp. 152-157), purtroppo da noi passato quasi inosservato, forse perché arrivato con quasi un secolo di ritardo e forse, anche, perché non distribuito da una grossa casa editrice.

 

"Sì, certo, anche un logico sogna, e precisamente sogna un regno della verità. Bolzano si comporta nella logica come se esercitasse una sorta di astronomia intellettuale. Nella lontananza infinita sopra di noi scintillano le stelle eterne dei pensieri, ed esse scintillano dall'eternità, anche se nessun essere mortale posasse l'occhio su di esse: infatti esse sono un esercito infinito di pensieri non pensati o non ancora pensati, e dunque obiettivi. Il nostro filosofo punta ora il suo telescopio logico verso l'innumerevole miriade di stelle di pensieri, per scomporre nei loro elementi - in singole stelle luminose - le nebbie delle rappresentazioni composte. In special modo, lo interessa la via lattea delle eterne verità concettuali e costantemente egli si sforza di conoscere a fondo le loro connessioni. Quest'immagine è certamente debole, ma ci fornisce un'intuizione della sublime aspirazione logica di Bolzano, di quella poesia sottile che soffia verso di noi da tutte le sue semplici e rigorose opere intellettuali.

"A suo parere, quelle verità eterne stanno l'una di fronte rispetto all'altra nel rapporto di fondamento e conseguenza, ed egli concepisce questo rapporto come obiettivo, cioè indipendente dal nostro pensiero. Non è perciò strano pensare che tutte le proposizioni vere, indipendentemente da ogni pensiero su di esse, siano l'una rispetto all'altra in rapporti di dipendenza come il fondamento e la conseguenza e che, pertanto, il nostro compito sia indagare questa connessione delle proposizioni vere in sé; nello stesso modo in cui, per esempio, lo scienziato naturalista si sforza di conoscere a fondo la connessione dei fenomeni esistenti. Bolzano dedica il terzo e più peculiare capitolo della sua logica (Delle proposizioni vere) a questa ricerca delle connessioni delle verità e ci offre il tentativo di una specie di genealogia delle verità, come senza dubbio non era mai stata intrapresa. Egli stesso dice di questo tentativo: «Quasi tutto ciò che qui propongo è per me stesso ancora pieno di non poche incertezze; su alcune cose non oso pronunciare affatto alcun giudizio decisivo e, nel caso più favorevole, le mie ricerche sono frammenti e accenni che avranno ottenuto il loro scopo se daranno per di più occasione a un'ulteriore riflessione su questi oggetti» (W., II, § 195, pp. 327, 328).

"È interessante apprendere che, per lo più, un intero complesso di verità si rapporta a un altro insieme di verità come il fondamento si rapporta alla conseguenza; nondimeno, però, dev'essere anche possibile che una sola proposizione sia il fondamento completo di un'altra. Se, per esempio, si indica con A una verità, allora la proposizione: A è vero, è un'immediata conseguenza di A e, anzi,  esclusivamente di questo A. In questo è già indicata - nel senso di Bolzano - la base per una riforma della sillogistica, in quanto viene rimosso il pregiudizio che siano necessarie almeno due proposizioni per poter dedurre qualcosa da esse. Ma, in generale, una proposizione conseguente avrà più fondamenti - che Bolzano chiama fondamenti parziali - e, nello stesso senso, egli parla anche di conseguenze parziali. Ra l'altro, egli esamina anche se le conseguenze di una conseguenza possano essere ugualmente considerate conseguenza del fondamento e giunge al conseguente risultato peculiare: «Mi pare che il rapporto della successione sia di tipo tale che, di una conseguenza della conseguenza, proprio perché essa  è soltanto conseguenza della conseguenza, non si possa dire, senza mutare il concetto, che sia  la conseguenza del fondamento del suo fondamento» (W., II, § 213, p. 371). Questo vuol dire che anche nel regno della verità, una discendenza di secondo grado non può essere scambiata con una discendenza di primo grado.

"Vengono sottoposte a un esame anche tutte le linee principali e secondarie in base alle quali una verità può seguire da altre. Bolzano suppone che ci siano delle verità che non possono più essere conseguenze di altre verità, e che dunque, in un certo senso, sono verità originarie o fondamentali. In modo particolare, una verità del genere gli sembra possa essere la proposizione che «in generale, qualcosa c'è»; infatti ogni altra verità che si volesse addurre come suo fondamento, sarebbe piuttosto una sua conseguenza, oppure una conseguenza di altre che da essa conseguono. Così, secondo Bolzano, le verità si dividono in due classi: verità fondamentali e verità conseguenti; egli tuttavia pensa che non ci sia soltanto un'unica verità a fondamento di tutte le altre, ma, trovando inconcepibile che una sla verità possa essere il fondamento per tutte, egli tende ad assumere una molteplicità di verità fondamentali dalle quali dovrebbero derivare tutte le restanti verità (W., II,§ 215, p. 376). D'altra parte, anche Leibniz aveva già parlato delle 'vérités primitives' al plurale e, precisamente, in un senso che sembra corrispondere alle verità fondamentali di Bolzano. Tuttavia, non posso qui tacere l'osservazione che è poco comprensibile come il sistema delle verità potrebbe scaturire da una pluralità di 'verità fondamentali' coordinate tra loro; certo, questa assunzione mi sembra contrastare la naturale aspirazione logica all'unità dello spirito umano. Ma senz'altro devo riconoscere che se si ritiene lecito il chimismo logico di Bolzano (il quale, cioè, riconduce tutte le nostre rappresentazioni a una pluralità di rappresentazioni semplici), dovrebbe essere ammessa anche una pluralità di verità fondamentali. Ma proprio perché il chimismo intellettuale di Bolzano contrasta col bisogno di unità dell'intelletto, io lo definisco un materialismo intellettuale o logico. Bolzano mi sembra essere l'unico rappresentante consapevole di questa particolare direzione del pensiero nella storia della filosofia; al massimo si potrebbe scorgere anche in Leibniz un precursore del modo di pensare di Bolzano, benché sia evidente che soltanto Bolzano ha fatto del chimismo logico una dottrina ben sviluppata, mentre in Leibniz si possono trovare solo i suoi primi germi.

"Bolzano si rappresenta l'ascesa alle verità fondamentali come se essa potesse consistere  di un numero infinito di passi. Ogni passo ha cioè una serie infinita di cause, dalla qual cosa segue che ci dev'essere anche una serie infinita di fondamenti, giacché se il reale M è una causa del reale N, allora questo, tradotto in forma logica, significa che la proposizione «M ha esistenza» è un fondamento (o un fondamento parziale)  della proposizione «N ha esistenza» (W., II, § 216, p. 377).

"È inoltre importante osservare che le verità concettuali possono avere il loro fondamento obiettivo sempre e soltanto in verità concettuali, benché assai spesso, dal punto di vista soggettivo, le esperienze ci possano essere d'aiuto a raggiungere la conoscenza delle verità concettuali. Questa proposizione è l'esatta espressione di ciò che in precedenza ho indicato come il 'carattere aristocratico' (Blaublütigkeit) delle verità concettuali. In altri termini, queste hanno la loro radice sempre e solo nei loro pari e formano, per così dire, una casta in sé chiusa delle verità in sé. Bolzano suppone altresì che quando nel regno delle verità concettuali ci si eleva dalle conseguenze ai fondamenti, verosimilmente si perviene a verità sempre più semplici, cioè a verità tali da consistere di concetti di minore (in ogni caso non elevata) composizione.

"Tutte queste considerazioni di Bolzano, estremamente ingegnose, possono essere intese come un'indagine sul principio di ragion sufficiente. Se il significato di questo principio fosse messo in chiaro, allora si potrebbe trovare facilmente una risposta decisiva a tutti i problemi toccati in precedenza. Effettivamente, Bolzano tentò di analizzare i concetti di fondamento e conseguenza, vale a dire di scomporli a suo modo in componenti semplici; tuttavia egli stesso confessa che il suo sforzo rimase senza successo. Egli suppone che il concetto di conseguenza presenti una composizione maggiore del concetto del fondamento e che, pertanto, si dovrebbe scomporre solo questo al fine di aver naturalmente analizzato anche l'altro. (…)

"Ma non posso assolutamente tralasciare di dare particolare rilievo all'ipotesi peculiare di Bolzano riguardo al rapporto tra il fondamento e la conseguenza. Egli pensa che questo rapporto si caratterizzi per il fatto di mettere in comunicazione la più piccola quantità di fondamenti con la più grande quantità di conseguenze. «Il rapporto di successione ha pertanto - io penso - la peculiarità di far derivare, secondo il suo modo, dalla più piccola quantità di premesse la maggior quantità di conclusioni, che, solamente, non sono più semplici delle loro premesse» (W., II, § 221, p. 386). Ancora una volta, si riconosce qui il leibniziano che preferisce considerare le cose dal punto di vista del massimo e del minimo. Sicuramente, Bolzano ha in segreto svolto delle considerazioni matematiche sul rapporto reciproco delle verità; e se tutta la sua teoria delle rappresentazioni è costruita in modo tale da rendere possibile una combinatoria dei concetti e da realizzare così il sogno di Leibniz di un calculus philosphicus, tanto più bisogna rammaricarsi del fatto che Bolzano non ebbe nessun allievo che egli avrebbe potuto iniziare al metodo segreto delle sue ricerche, affinché lo spirito logico-matematico, che egli incarnava, non si spegnesse per noi.

"Per finire, mi sia permesso di ritornare sulla stretta connessione che c'è tra il confronto critico qui eseguito e le aspirazioni logiche dei nostri giorni. Infatti, nella disputa di Bolzano contro Kant, si tratta sempre nuovamente dell'antica opposizione tra sensismo e razionalismo, della distinzione tra ciò che è puramente psicologico e ciò che è, invece, puramente logico. Ora, questa distinzione tocca proprio da vicino e in modo particolare  i pensatori moderni. Gli psicologi sensisti presentarono la psicologia come il fondamento di tutta la filosofia e persino di tutta la scienza in generale e sembravano inclini ad assorbire il pensiero razionale nella sensibilità, così come la logica nella psicologia. Ora, i pensatori che si sforzarono di disarmare questa violenta marea 'psicologistica', cercarono di conquistare un appoggio sicuro nella logica 'formalistica' e si ancorarono saldamente alla dottrina trascendentale delle forme di Kant, ma in parte anche al peculiare logicismo puro di Bolzano. (…)

"Per ciò che riguarda Bolzano, egli, se fosse in vita, avrebbe sicuramente protestato in modo veemente contro l'attribuzione di formalismo alla sua logica: è proprio lui, infatti, che combatte il 'sapiente chiaroscuro' nella differenziazione kantiana di materia e forma. Ciò nonostante, credo che non si possa affatto disconoscere l'assoluto tratto formalistico del suo logicismo puro. In altri termini, separando il senso delle parole e delle proposizioni non solo dai suoni emessi, ma anche dai nostri atti di pensiero, questo senso diventa per lui un senso in sé e di per sé esistente, e i nostri pensieri diventano pensieri non pensati; ma così i nostri reali atti di pensiero divengono, per sé presi, un involucro del tutto senza contenuto di quei pensieri non pensati. Tuttavia, in questo senso, il pensiero non è altro che una forma concava, vuota: un guscio senza valore in cui sono conficcati, in qualità di nucleo, quei pensieri non pensati. Ma questo formalismo assoluto diventa in un batter d'occhio un assoluto materialismo logico, poiché Bolzano ritiene possibile sottoporre a indagine il 'senso in sé dei nostri pensieri separato dal pensare. Così egli sviluppa una logica dei contenuti separati dal pensare e si crea una chimica del tutto peculiare di questi contenuti, una chimica dei concetti, in cui ciò che importa è soprattutto scomporre i concetti in sé composti in concetti in sé semplici. In strettissima connessione con questa chimica dei concetti si trova la sua genealogia del giudizio, in cui si tratta di derivare giudizi da giudizi e di elevarsi a verità originarie in sé: Non c'è affatto bisogno di dire che questa logica dei contenuti è solo in apparenza una logica materiale, poiché non si possono ceto prendere in considerazione dei contenuti di pensiero senza collegarli a delle forme linguistiche, e in tal modo le forme del linguaggio s'insinuano improvvisamente al posto dei contenuti. In questo modo, il materialismo logico si tramuta in un formalismo scolastico.

"Come risultato finale delle mie considerazioni, devo esprimere la convinzione che non si possa arrivare allo psicologismo mediante nessuna specie di logica formalistica. Ora, tuttavia, i grandi distruttori di ogni scienza tallonano lo psicologismo: il relativismo e lo scetticismo nelle loro più svariate gradazioni. Se la logica deve opporsi vittoriosamente a queste forze nemiche del sapere, allora essa deve anzitutto superare lo pseudopensiero formalistico. Le questioni che timorosamente e paurosamente vengono mascherate dai logici formalisti, devono di nuovo essere trattate alla luce della ragione, giacché sono questioni altamente palpitanti ed eterne che nessuna sorta di artificiosi possono ridurre al silenzio od occultare."

 

Ricapitolando, ci sembra che questa pagina di Melchior Palagy offra lo spunto a queste principali riflessioni circa la fondazione della logica di Bolzano:

1)      L'ontologia di Bolzano è fondamentalmente platonica. Egli postula una infinita eternità di pensieri non pensati da alcuno, e proprio per questo "obiettivi", che esistono indipendentemente dal fatto che possano divenire oggetto di pensiero o di espressione linguistica. Potremmo dire, come per il personaggio nel teatro e nella narrativa di Pirandello, che tali pensieri hanno bensì l'essenza, ma non l'esistenza: esistono, pertanto, su di un piano di realtà che è diverso da quello della realtà ordinaria e, tuttavia, si può dire che sono non-reali solo in un senso strettamente fisico e materiale. Sul piano logico, invece, esistono tanto quanto gli oggetti reali dell'esperienza quotidiana.

2)      Tali pensieri, che appartengono al sottoinsieme degli oggetti non-reali, si suddividono in fondamenti e conseguenze. Tutte le proposizioni vere sono in rapporto gerarchico le une rispetto alle altre: al vertice della piramide si trovano quelle che non derivano da altre e, in particolare, quella che afferma, in generale, l'esistenza di qualcosa; in basso, e giù giù verso la base, giacciono le proposizioni che sono vere in conseguenza delle prime., o in conseguenza delle conseguenze prime, seconde, terze e così via. La proposizione fondamentale, od originaria: "in generale, qualcosa c'è", costituisce pertanto il fondamento logico ed ontologico dell'intera realtà concettuale. Postulando l'esistenza dell'Essere quale realtà originaria e come alternativa radicale al nulla del non-essere, ci sembra che il pensiero di Bolzano da un lato si avvicini a quello di Rosmini, dall'altro anticipi temi che, passando attraverso la fenomenologia, arrivano fino all'esistenzialismo.

3)      L'ossimoro "materialismo intellettuale", con cui Palagy definisce questo aspetto della logica di Bolzano, si giustifica alla luce del fatto che, per il pensatore praghese, tutte le proposizioni vere e tutte le rappresentazioni avrebbero origine da un gruppo di proposizioni e di rappresentazioni semplici (come per Leibniz) anche se, per questa via, si finisce poer mettere in discussione l'unità dell'intelletto umano. Non pare che Bolzano si sia reso conto di tali possibili conseguenze delle sue premesse che, curiosamente, avvicinano il suo materialismo intellettuale a certe dottrine del buddhismo Theravada, basate appunto sull'inesistenza di un io che faccia da substrato alla pluralità delle operazioni del pensiero. Ma di questo particolare aspetto, a nostro avviso interessantissimo, ci riserviamo di ritornare in un prossimo futuro e in uno specifico approfondimento.

4)      La conoscenza delle verità concettuali può essere talvolta favorita dai dati forniti dall'esperienza; tuttavia, in ultima analisi, esse poggiano in modo obiettivo soltanto su altre verità concettuali, donde il carattere "aristocratico" del loro mondo. Bolzano, scomponendo le verità concettuali nei due sottogruppi di fondamenti e conseguenze, ha tentato di risalire alle verità più semplici, ma si è arenato in una aporia logica. Infatti, come fa notare Palagy, fondamento e conseguenza costituiscono una di quelle coppie logiche che non possono essere disgiunte dal pensiero. Scrive Palagy (op. cit., p. 118): "Ci sono  sfere concettuali siffatte, come ad esempio destra e sinistra, prima e dopo, sì e no, che rappresentano una connessione del tutto particolare ed estremamente profonda.  Il concetto di 'destra' non può affatto realizzarsi senza che lo sia anche il concetto di 'sinistra', e lo stesso vale per le restanti coppie menzionate. Ci sono pertanto concetti che un essere pensante non può affatto possederne anche un altro (complementare al primo in modo peculiare)." Se i "concetti semplici" di cui parla Bolzano esistessero, allora non si capisce in che modo potrebbero collegarsi con i concetti "derivati"; al contrario, essi dovrebbero una loro vita del tutto indipendente e, quindi, priva di relazioni di alcun genere con gli altri concetti. Ma allora non sarebbero altro che astrazioni del pensiero, ossia qualche cosa che non potrebbe affatto "fondare" la realtà concettuale.

5)      Bolzano afferma che "Il rapporto di successione ha pertanto (…) la peculiarità di far derivare, secondo il suo modo, dalla più piccola quantità di premesse la maggior quantità di conclusioni, che, solamente, non sono più semplici delle loro premesse". Questa impostazione del problema logico, di chiara derivazione leibiziana, ci aiuta a capire un altro aspetto, meno studiato, della filosofia di Bolzano: l'etica. Egli, infatti, afferma che il principio etico fondamentale si può riassumere in questo enunciato: "fra tutte le azioni che tu puoi fare, scegli quella che, considerate tutte le possibili conseguenze, procura il bene più grande per il maggior numero di persone". Ciò, generalmente, è stato visto come una forma di utilitarismo, ma - secondo noi - a torto; si tratta piuttosto di una espressione della tipica forma mentis matematica. Bolzano matematizza ogni problema filosofico e ovunque inclina a scorgere un problema di relazioni fra grandezze. Egli, infatti, aveva definito la matematica come la scienza della quantità e, a sua volta, la quantità come il campo della relazione minore o uguale a. Di conseguenza aveva suddiviso l'ambito della matematica in due grandi settori: quello della scienza pura della quantità e quello delle scienze particolari della quantità (tra le quali ultime la teoria dei numeri reali, quella dei numeri complessi, e immaginari, il calcolo integrale e differenziale, ecc.). Perfino le sue concezioni politiche derivano, a nostro avviso, dalla sua fondamentale impostazione matematica: la richiesta di una costituzione repubblicana, delle limitazioni alla proprietà privata e della nazionalizzazione della terra, delle banche e del commercio può sembrare in qualche modo legata all'utopia di Campanella e della teologica Città del Sole ma, in effetti, risponde sempre all'esigenza fondamentale di procurare il massimo di vantaggio al maggior numero di individui partendo da un minimo dispendio di risorse ed energie ovvero,, se si preferisce, da un massimo di economia.

6)      Bolzano ha voluto tracciare la via per una fondazione non psicologistica della logica; ma, separando il senso delle parole dai pensieri e dal suono delle parole stesse, è caduto proprio in quel formalismo kantiano che si riprometteva di combattere. A parte la difficoltà, cui sopra si è accennato, di postulare dei pensieri non pensati da alcuno, resta il fatto che tali pensieri non potrebbero mai dare origine ai pensieri pensati (i quali, anche se coincidessero con i primi, verrebbero formulati per altra via che quella dei loro inesperibili modelli originari). Bolzano non arretra davanti a siffatte conseguenze del suo pensiero e si mostra convinto che sia possibile indagare il senso in sé dei nostri pensieri, separato dal nostro atto specifico del pensarli. Qui, però, si respira un'atmosfera antica, sembra quasi di essere ritornati alla vecchia disputa scolastica sugli universali, in cui si affrontarono il realismo estremo di Guglielmo di Champeaux e quello moderato di san Tommaso da una parte, e il nominalismo estremo di Roscellino e quello moderato di Abelardo e di Ockham. E tuttavia, qualunque discorso sul pensiero non pensato non può che svilupparsi mediante il linguaggio, il che lo trasforma automaticamente in un discorso sul pensiero pensato, cioè ne sposta completamente l'oggetto. Da un tale vicolo cieco non è possibile uscire, a nostro avviso, se non mediante un audace movimento che vada oltre il pensiero discorsivo e razionale: soluzione troppo audace, probabilmente, per un pensatore come Bolzano che, dominato da una forma mentis essenzialmente logico-matematica, avrebbe certamente aborrito da un simile "salto nel buio".

 

In ogni caso, la lettura di Bolzano può essere una buona introduzione al pensiero di uno dei più grandi logici e filosofi della matematica del periodo che va tra la fine dell'Ottocento e i primi decenni del Novecento: Novecento: Friedrich Ludwig Gottlob Frege (nato a Wismar, presso Rostock, nel 1848e morto a Bad Kleinen, sempre presso Rostock, nel 1925). Anche Frege, come Bolzano, ha considerato il problema ontologico in una prospettiva antipsicologistica.

Per Frege, la logica si occupa di due classi di realtà: gli oggetti, che costituiscono degli individui, e i concetti, che formano la rete delle proprietà e delle relazioni tra gli oggetti. Ora, gli oggetti hanno questo di particolare: che sono concepibili come esistenti indipendentemente dai nostri meccanismi conoscitivi; non dipendono né dai nostri pensieri, né dalle parole con cui li indichiamo. Per esempio, possiamo indicare "il cavallo" anche con espressioni diverse, come "quel mammifero ungulato, dotato di quattro zampe, originario delle steppe dell'Asia Centrale, che è stato addomesticato dall'uomo e utilizzato sia come animale da lavoro, sia come mezzo di trasporto per uomini e merci, sia anche per competizioni sportive e che, per la sua bellezza ed eleganza, è stato celebrato da innumerevoli poeti, pittori, scultori, ecc.". Invece i concetti sono strettamente vincolati alle forme del linguaggio ed è, quindi, ben difficile concepirli come esistenti in sé stessi, al di fuori delle nostre strutture conoscitive.

Non è questa la sede per approfondire il sistema di logica di Frege; ci basta aver richiamato il collegamento esistente fra lui e Bolzano, e precisamente il loro comune sforzo di dare agli oggetti della logica uno statuto ontologico di tipo non psicologistico.