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Negazionismo o revisionismo? Intervista a Franco Rotondi

di Giovanna Canzano - 05/03/2008

Fonte: Giovanna Canzano



CANZANO - Per la prima domanda, ti cito la storia del dottor Ignác
Semmelweis: 1. La mortale epidemia che colpiva le puerpere. La febbre
puerperale, o più precisamente la sepsi puerperale, è stata, per moltissimo
tempo... "...L'evento che si rilevò determinante per la risoluzione del
problema fu la morte del prof. Jakob Kolletschka, amico di Semmelweis,
avvenuta dopo che uno studente aveva ferito accidentalmente il patologo con
un bisturi durante una autopsia. Nelle risultanze autoptiche del cadavere
dell'amico, Semmelweis riscontrò le stesse lesioni degli organi interni che
verificava nei cadaveri delle donne morte di febbre puerperale. Da qui
nacque la sua brillante intuizione che la causa della malattia di
Kolletschka, dovuta a contaminazione con particelle cadaveriche, fosse la
stessa che provocava la morte delle puerpere. Erano dunque i medici e gli
studenti …" (http://www.simonescuola.it/disciplinae7/7.htm Un esempio di
rigorosa applicazione del metodo scientifico di Luigi D'Amico
damicoluigi@fastwebnet.it, docente di Scienze naturali presso il Liceo
Scientifico Statale «Tito Lucrezio Caro» di Napoli). Ora la domanda - Nel
tuo libro a pagina 25, scrivi di Aktion 1005. Ti chiedo, leggendo l'articolo
che vedi in alto, come era possibile spostare i cadaveri senza che i
militari o chi per loro contraessero infezioni, e, allora non esistevano
ancora i guanti di lattice o di plastica per proteggersi?

ROTONDI - Non ho detto che i militari non contraessero infezioni. Ma se
riflettiamo sulle condizioni in cui furono mandati i nostri soldati in
Russia, non mi pare che si badasse molto alla salute dei soldati in guerra.
L'articolo che riporti, relativo al problema della febbre puerperale nella
prima metà dell' Ottocento, non è però molto pertinente. Non erano tanto i
medici a morire perché facevano le autopsie e toccavano i cadaveri a mani
nude, come forse ma non certamente facevano i soldati tedeschi, quanto le
puerpere e le partorienti, visitate ripetutamente da più medici e studenti
che inserivano nei loro corpi le mani contaminate dai cadaveri perché non
disinfettate o addirittura non lavate. Con la sola disinfezione delle mani
(prive di guanti !) e degli oggetti venuti a contatto con le pazienti
Semmelweis ottenne una mortaltà per febbre puerperale mai superiore allo
0,5%. Morì, come il suo collega Kolletschka, non per aver seguito
un'autopsia a mani nude, ma per essersi ferito con il bisturi, sezionando un
cadavere: si sarebbe infettato anche indossando i guanti e sarebbe morto
comunque. E che, li usassero o meno, non è neanche vero che durante la II
guerra mondiale non esistessero guanti chirurgici perché il loro uso fu
introdotto nella pratica clinica nel 1889 dal chirurgo americano Halsted ma
già nel 1897 Bloodgood aveva dotato tutta la sua équipe di guanti
chirurgici. In ogni caso la riesumazione di cadaveri nel corso dell'Aktion
1005 non fu un caso isolato della II guerra mondiale. Pensiamo solo a quando
i tedeschi scoprirono nella foresta di Katyn i corpi di migliaia di polacchi
uccisi dai sovietici; nelle foto si vedono peraltro soldati tedeschi che
durante la riesumazione dei corpi usano guanti, pur non indossando
mascherine.

CANZANO - 1) L'Annuario Mondiale ("World Almanac") censisce
15.688.259ebrei, in tutto il mondo nel 1938. 2) New York Times" del 22
febbraio 1948
ebrei esistenti in tutto il mondo 15.600.000 e i 18.700.000. Come mi spieghi
questi dati? ROTONDI - Se hai letto il mio libro avrai notato che non mi
sono occupato di statistica demografica neanche di sfuggita. Non ne ho
competenza specifica e penso che anche se fossero stati sterminati meno di 6
milioni di ebrei, la mostruosità del crimine non cambierebbe. Persino Irving
è arrivato ad ammettere che durante la Shoah potrebbero essere stati
sterminati fino 4 milioni di ebrei, una cifra sicuramente sottostimata ma
comunque enorme. Hilberg ha studiato per anni il problema statistico e ne ha
sottolineato le enormi difficoltà dei metodi di calcolo statistico,
arrivando ad una cifra, comunque approssimativa, di circa 5.100.000 morti.
Ciò dimostra che la "storiografia sterminazionista", come i negazionisti
definiscono la storiografia ufficiale, non accetta aprioristicamente la
cifra "simbolica" di 6 milioni. Il più noto lavoro statistico di stampo
negazionista, quello di Sanning non considera invece i rapporti degli
Einsatzkommandos, dell'esercito, dalle SS e neanche il noto rapporto
dell'esperto di statistica delle SS, Richard Korherr... Fatta questa
premessa, cerco comunque di risponderti. La cifra di 15.688.259 riportata
dal World Almanac è stranamente identica nel 1938, nel 1947 e nel 1948:
esattamente 15.688.259 in 3 anni differenti, né uno in meno né uno in più: è
chiaro che le cifre del 47 e del 48 si riferiscono alla stima fatta nel 38.
Nel 1949 invece, sempre il World Almanac, parla di 11.266.600 ebrei.
Evidentemente solo i numeri relativi al 49 sono quelli del dopoguerra.
Probabilmente Baldwin, l' autore dell'articolo del NY Times, pubblicato nel
48, si è rifatto alla cifre del World Almanac del 1938. Henry Baldwin non
era uno statistico ma un esperto di questioni militari e discuteva non di
statistica ma della guerra in Palestina. Quello che i negazionisti
dimenticano di aggiungere è che qualche giorno più tardi, lo stesso giornale
pubblicherà una rettifica all'arti
colo di Baldwin, precisando che la stima
di ebrei nel mondo tra 15 e 18 milioni non era corretta e che dopo la guerra
non era stato condotto alcun censimento di ebrei.

CANZANO - Simone Jacob, ebrea francese, nata il 13 Luglio 1927 a Nizza
(Francia), è stata deportata da Drancy il 13 Aprile 1944. Il convoglio che
la trasportava è arrivato ad Auschwitz il 16-04-1944. La "storia
ufficiale"(scritta dai polacchi del Museo di Stato di Auschwitz insieme agli
ebrei del "centro di documentazione ebraica di Parigi) ci dice che,
all'arrivo ad Auschwitz, 1365 persone del convoglio, comprese tutte le
donne, quindi anche Simon Jacob, sono state gassate. In realtà Simone Jacob
e altre donne del convoglio si sono salvate. Simone Jacob è diventata, per
matrimonio, SIMONE VEIL, ed è stata Presidente del Parlamento Europeo negli
anni '80. Come la Veil, si possono citare molti altri casi di RINASCITE
miracolose di GASSATI ad Auschwitz. Come hanno fatto a salvarsi?

ROTONDI - Come si è salvata dovresti chiederlo a lei e non a me, ammesso che
abbia voglia di parlarne. Simon Jacob fortunatamente non è stata l'unica
sopravvissuta ad Auschwitz; se fossero morti tutti non esisterebbero
testimoni. Ma questa ricerca spasmodica del sopravvissuto dato per morto,
come se essere scampato alle camere a gas possa rappresentare una colpa, a
fronte di milioni di persone scomparse per sempre nel nulla, la trovo
tristemente patetica. E come se un giorno qualcuno dicesse che ad Hiroshima
non c'è stata la bomba atomica perché sono rimasti vivi troppi giapponesi di
cui qualcuno ha osato diventare persino famoso… Visto che ho parlato di
"colpa" sarebbe molto più utile riflettere sulla "vergogna" dei pochi
salvati rispetto alla marea di sommersi su cui ha scritto pagine di grande
profondità Primo Levi, "senso di colpa" riferito da più di un sopravvissuto
ai campi di sterminio.

CANZANO - Il 'Campo di sterminio' di Auschwitz, in effetti era stato
costruito per gli alloggi degli operai, impiegati e dirigenti delle
industrie installate in Auschwitz che assorbivano 100.000 operai esterni e
24.000 internati (tra cui Primo Levi) dove si produceva gomma sintetica ed
altri prodotti di sintesi. Anche l'industria IG Farben era interessata ad
esso come dormitorio per la sua maestranza, in quanto nelle vicinanze
c'erano delle miniere di carbone. La scritta all'ingresso del campo: 'Arbeit
Macht Frei', non aveva niente di 'macabro', in quanto il campo era destinato
alle persone che lavoravano e, come è ovvio, il lavoro li rendeva liberi dai
problemi quaotidiani....

ROTONDI - Chiariamo innanzitutto che il campo di Auschwitz non era un unico
lager ma era invece un complesso concentrazionario costituito da 3 campi
maggiori e da moltissimi sottocampi. Non fu ideato sin dall' inizio come
campo di sterminio ma lo divenne in una fase successiva e non fu mai solo
campo di sterminio, ma anche campo di concentramento, di lavoro e di
prigionia. Dei 3 campi maggiori, Auschwitz I, Auschwitz II (Birkenau) e
Auschwitz III(Monowitz), era quest'ultimo ad essere collegato all' IG
Farben. Buna-Monowitz, pur facendo parte del complesso di Auschwitz, non è
mai stato campo di sterminio ma solamente campo di lavoro, in cui la gente
moriva, non nelle camere a gas, ma perché stremata dalla fame, dalla
malattie, dal lavoro disumano e dall'orrore. La catena di montaggio dello
sterminio sistematico e quindi le camere a gas, si trovavano a Birkenau, a
diversi km di distanza da Monowitz. Primo Levi infatti non ha mai parlato di
camere a gas a Monowitz perché lì non ne esistevano. Auschwitz non poteva
essere stato costruito per gli alloggi di operai, impiegati e dirigenti
della IG Farben, come tu dici, per il semplice fatto che Monowitz fu
istituita del 42 mentre Auschwitz I funzionava già nel 40 e Birkenau nel 41;
Auschwitz nacque invece come campo destinato ai prigionieri politici
polacchi e su questo non penso ci sia discussione. Il lavoro forzato imposto
ai relitti umani trovati alla liberazione del campo poteva portare solo
all'odio, alla disperazione e alla morte; la parola libertà associata alla
barbarie di Auschwitz è solo una bestemmia.

CANZANO – Cosa pensi della proposta di legge Mastella e della libertà di
espressione: deve essere garantita anche ai "negazionisti"?

ROTONDI - Non credo ad una Verità Storica imposta per legge. Sono contro
ogni legislazione che non rispetti la libertà di pensiero e di espressione e
questo deve valere per tutti, negazionisti compresi.

CANZANO – Per quando riguarda il tuo libro 'Luna di Miele ad Auschwiz' ti
definisci un dilettante vero: perché per contrastare i "negazionisti" devono
scendere in campo dei dilettanti? E, non toccherebbe invece agli storici
professionisti scendere in campo? chi sono e che cosa fanno?

ROTONDI – Non mi definisco, sono effettivamente un dilettante della Storia.
Non penso di essere però un dilettante della Scienza e per valutare le
argomentazioni del cosiddetto "negazionismo scientifico" penso che occorra
una formazione culturale scientifica. Sono medico, ho studiato chimica,
farmacologia, biochimica, fisica, microbiologia, infettivologia …e posso
orientarmi più agevolmente in un terreno che può essere molto insidioso e
talvolta impraticabile per uno storico. Che il libro, al di là delle
inevitabili e prevedibili critiche, sia piaciuto a chi lo storico lo fa di
mestiere mi ha fatto ovviamente molto piacere.

CANZANO - Quali sono gli specialisti italiani di storiografia olocaustica di
livello internazionale e soprattutto che cosa hanno scritto? ROTONDI - Di
esperti italiani di storiografia olocaustica ne esistono molti e non mi
sembra corretto citarne qualcuno omettendone altri. Ti cito solo quelli con
i quali ho avuto contatti diretti come Claudio Vercelli, che ha presentato
il mio saggio a Torino. Vercelli è uno storico dell'Istituto Salvemini, che
si è occupato anche di negazionismo, ed è uno studioso molto acuto sia della
Shoah che dei genocidi del 900 in genere. Ha studiato per esempio le
persecuzioni dei Testimoni di Geova, un capitolo poco trattato della Storia
contemporanea. Leggi "Tanti Olocausti" edito da Giuntina nel quale dà un
interpretazione molto interessante dell'universo concentrazionario e
affronta il tema della "deportazione degli altri" : politici, asociali,
omosessuali, testimoni di Geova, zingari, malati di mente, handicappati,
polacchi, preti cattolici e protestanti, prigionieri di guerra sovietici e
italiani. Sullo stesso tema è anche "Olocausto/Olocausti", un altro libro
molto interessante scritto a più mani, a cura di Francesco Soverina, con
prefazione di Luigi Cortesi, studiosi che ho avuto il piacere di conoscere
personalmente. Luigi Parente, autore della prefazione del mio libro, è uno
storico di chiara fama. E' uno dei maggiori esperti della "questione della
razza" in Italia ed ha pubblicato sul tema un saggio molto interessante
sull'antisemita irpino Giovanni Preziosi.

CANZANO – Nella precedente risposta hai affermato di essere effettivamente
un dilettante della Storia, perché per contrastare i "negazionisti" devono
scendere in campo dei dilettanti? Oppure pensi che è talmente evidente che
'brancolano' nel nulla che chiunque può metterli in difficoltà? E, non
toccherebbe invece agli storici professionisti scendere in campo? chi sono e
che cosa fanno?".

ROTONDI – Un dilettante della Storia, se però con conoscenze scientifiche,
penso che possa intervenire perché il cosiddetto "negazionismo scientifico"
attacca la Shoah servendosi di chimica, tossicologia, fisica e di altre
discipline scientifiche. Una replica su una questione strettamente tecnica
presuppone conoscenze che uno storico non necessariamente possiede.
Ovviamente è giusto che dica la sua su alcuni specifici argomenti e lasci
che le questioni strettamente storiografiche siano trattate dagli storici
professionisti. Pressac ha potuto rispondere a Leuchter sulla "questione
delle camere a gas" soprattutto perché era laureato in Farmacia, Wellers,
prima che storico era professore universitario di Fisiologia, Bailer e Green
sono chimici, Brugioni, che ha replicato alle critiche negazioniste sulle
fotografie di Auschwitz, non è uno storico ma un esperto di fotografia, Till
Bastian è medico. .. Quando si è trattato di criticare le strategie
retoriche ed argomentative del negazionismo è intervenuta Valentina Pisanty
che non è una storica ma una semiologia. Diversi storici professionisti si
sono però occupati di negazionismo anche se tra questi molti hanno scelto di
parlare "dei" piuttosto che "con" i negazionisti, secondo l'impostazione di
Vidal-Naquet che li definisce "assassini della memoria", meritevoli di
studio ma non di dialogo: una scelta che si può o meno condividere ma che
nel caso di Vidal-Naquet era ancor più giustificata dalla sua storia
personale di figlio di deportati sterminati ad Auschwitz. Esistono altri
storici che invece hanno scelto una strategia differente, ribattendo
direttamente alle varie argomentazioni storiche e scientifiche del
negazionismo. Mi riferisco soprattutto a Pressac, che non è stato solo un
"tecnico" ma anche e soprattutto uno storico dell'Olocausto, e a Van Pelt,
autore della perizia a favore di Deborah Lipstadt, citata per diffamazione
da Irving, perizia che raccoglie in 767 pagine la "summa" delle varie
argomentazioni anti-negazioniste, e di un altro successivo Report,
presentato in Appello, in cui le osservazioni della perizia di Rudolf ,
allegata al ricorso di Irving, vengono contestate una ad una. Su questo
stesso orientamento si muove in rete "The Nizkor Project" il cui motto è "Le
idee dannose si combattono con altre idee" e sempre su Internet "The
Holocaust History Project" un archivio liberamente consultabile di documenti
e studi sull'Olocausto, comprese le refutazioni ai negazionisti. Anche sulla
storia del dilettantismo andrebbe però aggiunto e sottolineato che proprio
tra i negazionisti i veri storici latitano: il "papa del revisionismo"
Faurisson non è uno storico ma un professore di Letteratura e il suo
"consulente scientifico" Leuchter non è uno storico ma un tale che si
presenta e si firma come "ingegnere capo" senza essersi mai laureato.

CANZANO – Per citare solo alla fine gli studi e le pubblicazioni di
Mattogno, non credi che egli nei suoi libri non parla solo di questioni che
riguardano la chimica, ma anche di questioni che riguardano gli storici, tu
che ne pensi?

ROTONDI – Mattogno sul versante "tecnico" si interessa, più che di chimica,
delle caratteristiche termotecniche dei forni crematori. Personalmente,
penso che ritenga di poter dimostrare l'inesistenza delle gassazioni di
massa soprattutto con lo studio delle cremazioni mentre ho l'impressione che
creda meno alla possibilità che la chimica possa dimostrare l'inesistenza
delle camere a gas. Sicuramente però Mattogno affronta la questione sia da
un punto vista storiografico che tecnico. A me da "cultore della materia"
interessano entrambi ma come medico mi compete solo quest'ultimo aspetto, in
particolare quello chimico e medico, sul quale Mattogno stesso però dice di
non essere un esperto.

CANZANO – Non trovi ingiusto il comportamento del mossad nei confronti di
Mordechai Vannunu? In effetti era un ebreo.

ROTONDI - Penso che la critica alla politica dello Stato di Israele è una
cosa e la negazione dell'Olocausto è un'altra. Sono assolutamente contrario
all'uso politico della Storia e te lo dico perché mi fai una domanda sul
Mossad dopo una discussione sulla realtà del genocidio nazista. Sul caso in
questione, che conosco assai poco, in linea generale il mio sogno sarebbe lo
smantellamento di tutti gli arsenali nucleari. Se Vanunu ha rivelato segreti
sul programma nucleare di Israele per spirito autenticamente pacifista non
può che essermi simpatico, come mi sarebbe simpatico qualsiasi altra persona
che avesse fatto lo stesso in qualsiasi altro paese. Ma mi pare anche
inevitabile che un tecnico nucleare che riveli segreti militari di stato
venga arrestato, sarebbe stato arrestato e condannato duramente in qualsiasi
stato democratico o antidemocratico; il fatto che sia ebreo non vedo perché
avrebbe dovuto aiutarlo. Discorso diverso è che, dopo aver scontato la pena,
venga ancora incriminato solo per aver rilasciato delle interviste: questo
sicuramente fa pensare a un accanimento verso un uomo che probabilmente è
visto da molti nel suo paese come un traditore ma al quale Israele deve
necessariamente riconoscere i diritti imposti dalle leggi internazionali.

BIOBIBLIOGRAFIA

Francesco Rotondi, nato a Napoli nel 1962, vive e lavora ad Avellino come
dirigente medico presso l'Unità Operativa di Cardiologia - Unità di Terapia
Intensiva Coronarica dell'Ospedale Moscati di Avellino. Nel 2005 ha
pubblicato per le Edizioni Scientifiche Italiane "Luna di Miele ad
Auschwitz", un saggio sul cosiddetto "negazionismo scientifico" della Shoah,
con prefazione di Luigi Parente, professore di Storia contemporanea
all'Università L'Orientale di Napoli. "Luna di miele ad Auschwitz" è stato
presentato ad Avellino dall'Osservatorio Politico-Sindacale "Vardaro" di
Francesco Saverio Festa, professore di Storia della Filosofia Politica
all'Università di Salerno, e dalla Agenzia letteraria ALEM di Tina Rigione .
Successivamente Rotondi è stato invitato a presentare il suo libro alla
Fiera Internazionale del Libro di Torino dove sono intervenuti gli storici
Marco Scavino dell'Università di Torino e Claudio Vercelli dell'Istituto
"Salvemini" di Torino. Sul suo blog, www.francorotondi.blogspot.com, è
possibile leggere le sue repliche a "Ritorno dalla luna di miele ad
Auschwitz", il libro che il revisionista italiano Carlo Mattogno ha scritto
in risposta al suo saggio. E' in corso di stampa un suo articolo sul
negazionismo olocaustico che sarà pubblicato sul prossimo numero di
"Resistoria", rivista dell'Istituto Campano per la Storia della Resistenza