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Quel "mostro" senza colpe

di Giampiero Mughini - 17/06/2008

 

 

Negli anni Ottanta, quando nei titoli di prima pagina dei giornali il professore Paolo Signorelli era diventato il mostro per antonomasia della destra politica, né lo conoscevo né sapevo molto di lui.

 

 

Se non che fosse uno dei fondatori di "Ordine nuovo", un gruppo iperfascista con cui noi studenti di sinistra dei Sessanta non è che ci scambiassimo baci Perugina.

 

Lo avevano arrestato all’alba del 10 gennaio 1979, con l’accusa iniziale di "detenzione di armi" e un quotidiano titolò all’indomani che di armi nella sua casa di campagna ne avevano trovato di che riempire otto "Alfette" della polizia. In realtà non avevano trovato nemmeno un temperino.

 

Ma non erano tempi in cui polizia e giornali usassero guanti bianchi. Solo che quell’accusa iniziale era camomilla rispetto a quanto che sopravvenne dopo. Signorelli venne accusato di essere il mandante dell’assassinio del giudice romano Mario Amato, del giudice Vittorio Occorsio, di uno studente che era stato ucciso per sbaglio in luogo di un "pentito", e infine di essere corresponsabile della bomba che alla stazione di Bologna aveva schiantato la vita di 83 persone.

 

Assolto da tutte le accuse

Accuse da ergastolo, e per un tempo quelle accuse vennero confermate dalle sentenze di primo grado e relativi ergastoli. Finché, dopo sette anni di cella e tre di arresti domiciliari, Signorelli venne assolto da ogni accusa «per non avere commesso il fatto».

 

In sua difesa era intervenuta Amnesty International ma anche il meritorio Partito radicale, i cui militanti avevano fatto uno sciopero della fame perché esterrefatti del sopruso giudiziario di cui Signorelli era vittima. Il 25 luglio 1990 il professore di filosofia era definitivamente libero. Il suo inferno lo avrebbe raccontato in un libro pubblicato nel 1996, dal titolo "Professione imputato".

 

Di Signorelli esce adesso un libro-intervista che gli ha fatto Giuliano Compagno e che è stato pubblicato da un piccolo e ardito editore romano, Francesco Coniglio.

 

Compagno è un animale di una razza molto strana, un dandy a oltranza, un borghese gaudente, un intellettuale molto raffinato, uno che non è né di destra né di sinistra e che conosce la famiglia Signorelli da quando al liceo era compagno di classe di Luca, uno dei due figli del professore.

 

Il libro è stato presentato pochi giorni fa in un albergo romano. C’era anche Pietrangelo Buttafuoco, che nel raccontare la storia drammatica di Signorelli ha usato più e più volte il termine «noi», e ha chiuso il suo intervento dicendo che Signorelli è la più simpatica «canaglia» che lui conosca.

 

Il professore adesso in pensione Signorelli è un personaggio letterario, un indomito ragazzo di 73 anni che resta fedele alle passioni e agli estremismi di tutta una vita, un "antagonista" che non demorde di una virgola e seppure lui come persona sia morbido e "solare".

 

E del resto che Signorelli fosse un personaggio da romanzo, molto prima di me lo aveva detto l’allora ministro di Grazia e Giustizia, il socialista Giuliano Vassalli. È stato uno dei tantissimi, su entrambe le sponde politiche, che nei Sessanta e Settanta hanno giocato col fuoco.

 

Non c’era personaggio estremo della destra che non gli fosse familiare, e da quei gruppi ne sono venuti tanti di giovani che hanno dato la morte e che hanno trovato la morte. Sta parlando uno che ha conosciuto Signorelli più di dieci anni fa e vuole bene a lui e alla sua famiglia la moglie Claudia, la figlia e mia amica Silvia, Luca che conosco meno -, e in pochi casi il termine "famiglia" ha un contenuto e un valore talmente alti com’è nel caso della famiglia Signorelli. Dire che hanno sofferto esperienze terrificanti è dire niente, e con quale eleganza le hanno sopportate. Vai a casa loro, ed è sempre una festa del cibo e dell’ospitalità. Quel che Signorelli predica in politica, l’importanza dello stare in una "comunità" di intenti e di affetti.

 

L’intervista di Compagno è viva e scattante, la cominci e la lasci solo quando hai finito le poco più che cento pagine. Non che il nostro eroe chieda venia delle sue passioni e di quelli che ho definito i suoi estremismi, anzi raddoppia la posta. 

 

Nella mischia politica è in prima linea da quando era adolescente, in quella Roma del 1945 dove non gli andava giù nemmeno un poco che ci fossero gli americani a farla da padroni con le "signorine" e con gli "sciuscià".

 

Perché fosse così precocemente e così intensamente fascista, lo si capisce sì e no. Gli bruciava certo il "disonore" di avere noi rotto l’alleanza con i tedeschi, ma Signorelli non dice una parola sul fatto che questa alleanza rovinosa ci aveva condotto entro all’abisso di una guerra suicida dove stavamo accumulando disfatte su disfatte, che in quel luglio del 1943 in cui alzammo bandiera bianca gli aerei angloamericani potevano fare strame dello stivale, e che furono gli uomini migliori del fascismo a ritirare lo scettro del comando a Mussolini, un Mussolini che di certo ha poi maledetto e stramaledetto il fatto che i tedeschi lo avessero liberato e riscaraventato nella mischia politica. 

 

Niente, di tutto questo Signorelli non dice una parola. Non ha un moto di ripensamento. Per lui vale quello che ha scritto una volta Ernst Junger, che la sua strada non andava né a destra né a sinistra ma tutta diritta. 

 

Nei tardi anni Quaranta, nei Cinquanta in cui lo scontro fisico tra militanti di destra e di sinistra è all’ordine del giorno, quando inizia il tumulto dei Sessanta, è diritta diritta la strada di questo militante accanito di una destra più a destra del Msi. (E per non dire di Alleanza nazionale, che Signorelli giudica «il nulla».)

 

Nell’Italia del secondo dopoguerra nessuno è stato più guerriero di lui, lui che non ha mai combattuto una vera guerra.

 

 

Etica ed estetica dell’antagonismo

L’etica e l’estetica dell’antagonismo totale con gli avversari politici le ha vissute fino allo spasimo. E anche perché è un’Italia sotto aspetti grottesca quella del secondo dopoguerra. Se gli studenti di destra vanno in corteo a gridare che Trieste è italiana, si trovano di fronte i  nerboruti edili iscritti al Pci. Quando i carri armati russi irruppero a Budapest nel 1956, nella città siciliana dove io vivevo furono gli studenti di destra a organizzare un corteo di protesta, e io che ero un adolescente a quel corteo ci andai.

 

Succede - o per lo meno Signorelli così lo racconta che i partigiani autori della strage di Oderzo, un orrendo massacro di alcuni giovanissimi militi della Rsi, vengano assolti a un processo: all’uscita del tribunale Signorelli e due suoi camerati danno addosso agli imputati e li malmenano. Hanno fatto benissimo.

 

Per il resto è per me molto difficile capire che cosa esattamente volessero il Signorelli degli anni Cinquanta e Sessanta e i suoi camerati.

 

Come se la immaginavamo la "comunità" cui volevano dar vita? In questo loro odio così totale dell’America", lo mettono o non lo mettono sul conto che se i ragazzi americani non fossero sbarcati sulle spiagge normanne in quel giugno del 1944, i campi di annientamento dei nazi avrebbero continuato a funzionare alla grande in tutta l’Europa? E quanto ai libri che Signorelli ama e che si portava appresso come dentro a un tascapane, quei libri io li ho letti già trent’anni fa e li amo molto "I proscritti" di Ernst von Salomon è un libro straordinario. La Einaudi lo pubblicò nel 1943, su indicazione di Giaime Pintor, che sarebbe poi morto su una mina nazi, e Renato Guttuso ne disegnò l’illustrazione di sovracopertina.

 

L’ospitalità di una famiglia

Von Salomon faceva parte del gruppo di estremisti che nel 1922 organizzò e portò a termine l’assassinio di Walther Rathenau, uno dei ministri più prestigiosi della Repubblica tedesca.

 

Von Salomon venne arrestato: in carcere ebbe il tempo di rivedere la sua posizione, di allontanarsi dai lidi estremi della sua giovinezza politica, né aderì mai al nazismo. Questo tanto per mettere qualche puntino sugli i.

 

No, non è stata davvero una cena in abito da sera la traiettoria politica e ideali di Signorelli e della sua generazione. Detto questo, pregusto la gioia del cibo, dell’amicizia e dell’ospitalità quando sarò a cena dai Signorelli, una delle prossime sere.

 

L’orrore e il grottesco dei Cinquanta è per fortuna molto lontano da noi tutti.