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Alla festa della Rivoluzione. Artisti e libertari con D’Annunzio a Fiume

di Marco Bagozzi - 07/07/2008

 

Da fiume alla lotta contemporanea



Dopo sei anni dalla prima edizione, esce, in edizione economica, nuovamente edito, il prezioso studio di Claudia Salaris su Fiume dannunziana, “Alla festa della Rivoluzione. Artisti e libertari con D’Annunzio a Fiume” (ed. Il Mulino, 272pp, 12 euro).
Grande merito dell’Autrice è far rivivere nelle sue pagine lo spirito più puro del fiumanesimo, ribelle e rivoluzionario, discostandosi dalle interpretazioni nazional-borghesi e patriottarde, che vogliono l’impresa di Fiume come un semplice “moto nazionalista” e “post-risorgimentale”, per la redenzione della città, e anticipatore del “fascismo regime”.
La ricostruzione storica della Salaris, invece, propone una Fiume liberata agli antipodi di questa interpretazione storiografica: il fiumanesimo è un’avventura rivoluzionaria, vitalistica, ribelle, “estrema”.
Non mancano, certo, esponenti monarchici, conservatori e nazional-borghesi, ma la componente principale del fiumanesimo, analizzata nel libro, è quella rivoluzionaria, “di sinistra”. Ne sono esponenti principali il sindacalista Alceste de Ambris, braccio destro del Comandante, Guido Keller, spericolato pilota futurista, e Mario Carli, giovane animatore del giornale futurista “La testa di ferro”.
La loro rivoluzione estrema è polarizzazione e sintesi di tutte le istanze ribellistiche di quei anni: sotto la loro guida ideologica: «Fiume diventa il terreno di coltura per una pratica di massa del ribellismo e della trasgressione, un porto franco che attira personaggi delle più svariate sponde politiche: nazionalisti e internazionalisti, monarchici e repubblicani, conservatori e sindacalisti, clericali e anarchici, imperialisti e comunisti»(p.154). Da questa «nebulosa eterogenea» partorisce una «miscela esplosiva»: distruzione dell’ordine borghese, costruzione di un “disordine ordinato”, sociale, ribelle e vitalistico.
Da fiume partono abboccamenti verso la sinistra estrema, verso i popoli oppressi dall’imperialismo, verso la Russia Sovietica dell’”Eroe vittorioso” Lenin, verso i giovani fascisti (già allora “eretici”), verso il mondo della sinistra anarchica di Enrico Malatesta.
L’obiettivo è semplice è chiaro: difendersi dalla «coalizione dei plutocrati occidentali» e unirsi idealmente « nella lotta contro il comune nemico, contro i pigmei scavatori d’oro».
Emerge da questa nebulosa l’esperienza mistico-politica del movimento YOGA “unione di spiriti liberi tendenti alla perfezione”, fondato da Keller.
Collegandosi alle dottrine orientali del buddhismo e al dadaismo esprime una «mitologia anticapitalista, ba-sata sul valore terra contro i non valori produzione e denaro».
Lo YOGA è un ossimoro ideologico: un futurismo antimoderno.
Da questo ottimo libro dobbiamo intraprendere, noi uomini liberi, una riflessione radicale sul nostro cammino.
L’ideologia massificante del Pensiero Unico, nell’intento di eliminare tutti i suoi rivali, ha inventato l’assioma della “fine delle ideologie”: l’era post-ideologica è, oggi, l’aspetto più traumatico del trionfo del liberal-capitalismo.
Ammainare le bandiere ideologiche, significa, quindi, ammettere la sconfitta.
Non deve essere questa la nostra strada (è già la strada fallimentare di altri, da Rifondazione ai Socialisti..).
Il nostro orientamento deve essere quella del ripescaggio delle ideologie antiborghesi e anti individualiste dei due secoli passati, per creare quella “Sintesi rivoluzionaria”, fondamentale nel proporre nuove Dinamiche ribellistiche.
Senza cadere nei tranelli delle “contingenze storiche” e dello scontro tra “opposti estremismi”. Comunismo e fascismo, sessanta anni fa si sono combattuti aspramente, giusto per citare il caso più eclatante, ma ciò non significa che noi, oggi, non possiamo estrapolare da queste due ideologie gli aspetti ancora validi, rielaborando e ridefinendo nuove strategie ideologiche.