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L'Italia nell'aprile 1915

di Sergio Romano - 08/07/2008

Vorrei rivolgerle una
domanda alla quale non ho finora ricevuto una risposta precisa: è vero che gli Imperi centrali, nella prima guerra mondiale, offrirono all’Italia gli stessi territori che poi l’Italia ebbe partecipando alla guerra, perché non entrasse nel conflitto?


Andrea Prandi

Caro Prandi, L’Italia ottenne dagli
Alleati molto più di quanto avrebbe ottenuto dall’Austria. Ma fra le due trattative vi è una fondamentale differenza. Con la Francia e la Gran Bretagna l’Italia stipulò condizioni che comportarono il suo ingresso nel conflitto. Con l’Austria- Ungheria, invece, l’accordo, se concluso, avrebbe obbligato l’Italia alla neutralità.
In altre parole gli Alleati promettevano territori altrui e chiedevano in cambio una collaborazione totale; mentre Vienna avrebbe dato pezzi del suo territorio e si sarebbe accontentata di un’Italia neutrale. La fase conclusiva delle trattative risulta chiaramente da due documenti pubblicati in una raccolta di testi sulla «Storia delle relazioni internazionali» dal 1815 al 2003 apparsa presso l’editore Monduzzi a cura di Ottavio Barié, Massimo De Leonardis, Anton Giulio De’ Robertis, Gianluigi Rossi.
L’8 aprile 1915 il ministro degli Esteri italiano Sidney Sonnino mandò all’ambasciatore d’Italia a Vienna Giuseppe Avarna una lista delle richieste italiane: il Trentino «coi confini che ebbe il Regno italico del 1811», una correzione della frontiera orientale che avrebbe compreso nel territorio ceduto le città di Gorizia e Gradisca, e il gruppo delle isole Curzolari, compresa Lissa. Per Trieste e il suo territorio Sonnino proponeva la creazione di uno «Stato autonomo e indipendente nei riguardi politici internazionali, militari, legislativi, finanziari e amministrativi ». Sonnino aggiunse alcune condizioni: «l’Austria avrebbe dovuto rinunciare a ogni sovranità su di esso (lo Stato autonomo di Trieste ndr). Dovrà restare porto franco. Non vi potranno entrare né milizie austro-ungariche né italiane. Esso si assumerà una quota parte dell’attuale debito pubblico austriaco in ragione della sua popolazione ».
Otto giorni dopo, il cancelliere austro-ungarico Stephen von Burian convocò Avarna nel palazzo della Ballplatz e gli spiegò «con vivo rincrescimento» le ragioni «politiche, etnografiche ed economiche» per cui il suo Paese non poteva accettare le proposte italiane. La rettifica di confine verso l’Isonzo «avrebbe reso difficile la difesa di quella frontiera della Monarchia e avvicinato troppo i confini d’Italia alla città di Trieste». Il distacco di Trieste dall’Impero «avrebbe privato l’Austria-Ungheria del suo più importante sbocco marittimo». La cessione delle isole Curzolari, «che dominano la Dalmazia», avrebbe reso l’Italia padrona di quelle regioni e il mare Adriatico, se l’Italia avesse conservato il possesso di Valona, «sarebbe diventato un mare italiano ». Il governo di Vienna respingeva quindi le richieste di Sonnino, ma confermava di essere disposto a estendere all’Italia «la cessione di territori nel Tirolo meridionale ».
Era il 16 aprile. Il 26 dello stesso mese l’Italia avrebbe firmato con Francia, Gran Bretagna e Russia il «Patto di Londra». L’accordo prometteva all’Italia, tra l’altro, Trento, Trieste, la Dalmazia e la rappresentanza internazionale dell’Albania. Ma nel pacchetto delle condizioni alleate vi era anche ciò che nessuno in quel momento avrebbe potuto prevedere: tre anni e mezzo di guerra dal 24 maggio 1915 al 4 novembre 1918.