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Draghi contro Tremonti. Che c’è sotto.

di Carlo Gambescia - 10/07/2008


Tremonti è uno che la sa lunga. Anche Draghi, tutto sommato, “ci coglie”. E perciò lo scambio di battute a distanza sul Dpef, tra i due, di qualche giorno fa, è tutto sommato interessante per cogliere due differenti visioni dell’economia e del ruolo della politica. E anche per una "full immersion", per quanto veloce, nel mondo dei poteri forti.
Draghi, diciamo, è un mercatista. Per il Governatore della Banca d’Italia, il mercato viene prima di ogni cosa. Draghi, pur non credendo nella provvidenza divina crede in quella della mano invisibile del mercato: domanda più offerta e vai con tango. Tremonti, per sua stessa ammissione, è un liberale pragmatico, “listiano” (lasciateci sdottoreggiare….): da Fiedrich List, un economista tedesco vissuto nell’Ottocento, che sosteneva che il libero mercato, soprattutto se nazionale, per crescere doveva contare sull’aiutino dello Stato, in termini di investimenti pubblici e alte tariffe doganali. Di qui la pubblicazione di un libro molto tosto: Il sistema nazionale di economia politica (1841). Che Tremonti ha imparato a memoria, al contrario di Draghi, che invece lo ha lasciato rosicchiare dai topi nella soffitta della sua casa di campagna…
Ma, scendiamo dalla stelle alle stalle e mettiamo Draghi e Tremonti a confronto sul Dpef governativo (si veda la repubblica del 3 luglio 2008) :
Secondo Draghi: “La politica economica deve ora abbattere il debito e contribuire alla ripresa della crescita con servizi pubblici migliori e una riduzione del carico fiscale”. Insomma la solita musichetta mercatista: zum-zum-zum-zum. In particolare, per il governatore, “la riduzione delle aliquote d'imposta gravanti su lavoratori e imprese rafforzerebbe gli interventi volti a dare sostegno alla crescita”. Ma Draghi non indica “quali interventi”… Questo intervento - però prosegue - “diminuirebbe le distorsioni dell'attività economica e migliorerebbe la posizione competitiva delle nostre imprese”. E ti pareva… Inoltre “qualora si delineasse un andamento congiunturale più favorevole di quello atteso” di “restituire il drenaggio fiscale per sostenere il reddito disponibile delle famiglie”. Che generosità.
Secondo Tremonti: “Le coordinate economiche del Dpef sono state sviluppate sotto il vincolo della grave crisi economica in atto in Italia e nel mondo. Negli anni passati siamo stati accusati di non essere pro mercato, adesso molti si interrogano sui limiti del mercato” Nell'estate del 2007 - continua il Ministro dell’Economia “qualcuno aveva parlato di una crisi soltanto finanziaria, senza effetti sull'economia reale. Adesso si scopre che è la crisi più grave dal dopoguerra con effetti non limitati al solo campo finanziario, ma estesi anche alla vita della gente”.
La “botta” è per Draghi, che fino a qualche tempo fa definiva la crisi mondiale esito di eccessivo interventismo pubblico. E non, come era e com’è, di un neoliberismo sfrenato, con addentellati (lasciateci parlare difficile…) speculativi. “Io ho i titoli – conclude Tremonti - per discutere di questo, altri non hanno i titoli morali perchè hanno concorso a creare il male che sta arrivando”. Insomma, primo tempo, Tremonti 1 - Draghi 0…
Ovviamente anche il Ministro dell’Economia è favorevole, se avremo un ritorno di sviluppo e ricchezza, a redistribuire quest’ultima “in termini fiscali a favore di redditi da lavoro dipendente, delle pensioni e della famiglia. Si tratta di un impegno che pensiamo di formalizzare e prendere prima dell'estate”. Bravo.
Però il punto è che Draghi, da buon mercatista, non apprezza la Robin Tax, come ha ribadito anche ieri (
http://www.repubblica.it/2007/10/sezioni/economia/draghi-bankitalia/draghi-abi/draghi-abi.html
Draghi sta dalla parte delle grandi imprese. E gufa, dicendo che le banche “scaricheranno” questa tassa sui clienti, aumentando l’importo delle commissioni, eccetera. Ma Draghi, al tempo stesso, non accetta neppure, da seguace della mano invisibile, quella politica di investimenti pubblici nelle infrastrutture sociali (e al conseguente sganciamento della spesa socialmente utile dai vincoli di bilancio pubblico, imposti, a suo tempo, da Maastricht), in cui crede Tremonti. Però al tempo stesso Draghi si è detto favorevole alla decisione della Bce di aumentare i tassi di interesse. Perché proteggerebbe i salari... In realtà sono pure "fantasie", perché come ha notato Joseph Halevy sul Manifesto:
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"Se l'aumento dei tassi risultasse efficace la riduzione dell'inflazione avverrebbe attraverso la produzione, l'occupazione e la deflazione salariale, comportando un'ulteriore perdita del potere d'acquisto dei salari. A parità di condizioni, un costo del denaro più alto rallenta sia la domanda di investimenti, effettuati tramite il credito, sia la domanda di crediti da parte delle famiglie. La domanda globale ne soffre. La stagnazione della domanda può frenare sostanzialmente la spinta dei prezzi ma solo se questa proviene dall'interno dell'economia. Se invece la fonte è nelle materie prime e nelle derrate alimentari, i costi unitari di tutti i produttori continueranno a lievitare http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/09-Luglio-2008/art36.html
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Di qui, crediamo, l'importanza di misure antispeculative come la Robin Tax, che tocca le materie prime. O almeno la coraggiosa necessità di tentare... Di fare qualcosa insomma. Invece di schierarsi, pavlovianamente con i poteri forti, come fa Draghi. Che attenzione, qualora cadesse Berlusconi, potrebbe succedergli alla guida di un governo tecnico che farebbe a polpette gli italiani. Il che spiega anche il frenetico e sospetto attivismo di Draghi, proprio in questi giorni.
Ora, ammesso che il pragmatismo liberale e “listiano” del Ministro dell’Economia sia la strada giusta, riuscirà il nostro "eroe" a introdurre elementi di interventismo pubblico, non diciamo nell’ immediato (la prossima finanziaria), ma nei prossimi quattro anni di governo? Riuscirà Tremonti a convincere i mercatisti della Bce, che certi investimenti pubblici in campo infrastrutturale sono fondamentali per la ripresa economica? Riuscirà Tremonti a convincere i poteri forti che sono dietro la finanza europea, che la speculazione finanziaria va combattuta con ferrei controlli sui movimenti di capitali speculativi e sulla rinuncia a conseguire profitti a breve termine?
Per il momento Draghi, in Italia, gli rema contro. E con lui personaggi come Bersani, legati alla sinistra dei buoni affari. Uno che da ministro voleva privatizzare anche l’Arma dei Carabinieri: che ex comunista, però eh?… E che infatti ha subito attaccato, definendo statalista, la politica dell’attuale Ministro dell’Economia
Che dire? Speriamo che Tremonti, come l’Arma dei Carabinieri verso la Patria, resti fedele, non diciamo per secoli ma almeno per una legislatura, al suo antimercatismo. Speriamo.