Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Terremoto

Terremoto

di Giovanni Petrosillo - 15/07/2008

 

---------

Ci siamo. Il fallimento della californiana Indymac, una delle più grandi banche americane che si occupano di prestiti ipotecari, segna l’entrata inequivocabile della crisi da suprime nella sua fase più acuta.

Le difficoltà dell’istituzione finanziaria si sono improvvisamente aggravate dopo il ritiro dei depositi da parte della clientela per 1,3 mld di dollari, nel giro di 10 giorni.

A quanto pare, ad alimentare il fuggi fuggi generale ha contribuito la denuncia del senatore democratico Charles Schumer, il quale, alla fine di giugno, aveva messo pubblicamente in dubbio (con una lettera inviata alle autorità di regolazione del mercato statunitense), la solvibilità della banca. I principali osservatori stanno già cercando di addebitare il fallimento alla emotività e a qualche altro evento “aleatorio” che ha spinto i depositanti a dare credito alle dichiarazioni di un senatore qualsiasi.

E’ stata la stessa OTS (l’Agenzia di controllo della Indymac) ad accusare il senatore di aver diffuso il panico laddove la situazione non era così catastrofica come questi aveva paventato. Insomma, la colpa sarebbe dello zelo improprio di un politico e dell’umoralità dei risparmiatori che, a volte, riescono a non farsi ipnotizzare dal dito dei superesperti sempre bravissimi a nascondere certi “chiari di luna”.

La verità è che tutto il sistema finanziario americano sta traballando pericolosamente. Ci sono altri due organismi di rifinanziamento ipotecario in gravissima difficoltà, si tratta di Freddie Mac e Fannie Mae. Questi sembrano non più in grado far fronte ai loro impegni, tanto che potrebbero essere posti sotto “tutela” federale. All’annuncio con il quale il Tesoro americano avrebbe già messo a punto un piano di salvataggio, le borse hanno risposto positivamente, ma si tratta solo di un’iniezione di fiducia che non può durare a lungo. Si sta tenendo in vita il paziente artificialmente ed appena la mammella pubblica si staccherà queste banche torneranno a sgonfiarsi come fichi al sole.

Il fallimento di Indymac rimanda anche ad altre due precedenti bancarotte dello stesso calibro: la Continental Illinois National Bank (che fino al 1984, anno del suo dissesto, gestiva più di 40 mld di dollari) e l’American Savings and Loan Association of Stockton, verificatosi nel 1988.

I fattori preponderanti che stanno incidendo sull’attuale tracollo sono due: la caduta a picco del mercato immobiliare e, per l’appunto, la concessione di mutui a persone insolvibili, quest’ultima iniziativa promossa negli anni precedenti quando l’immensa liquidità sembrava provenire da un pozzo senza fondo.

Altre situazioni delicate si erano registrate all’inizio dell’anno, con pochi analisti che, tra la derisione generale, cercavano di mettere in guardia la pubblica opinione rispetto all’eccessiva volatilità dei mercati che non rispondeva più ad alcun dato reale.

Nella fattispecie, i dubbi avevano accarezzato le certezze quando altri due istituti finanziari come New Century, (secondo in America per concessione di prestiti ipotecari, ora sottoposto alla legge americana sui fallimenti, per poter usufruire della possibilità di una ristrutturazione sotto l’occhio attento di un giudice), e Countrywide Financial (prima finanziaria immobiliare degli Usa che si è fatta inglobare dalla Bank of America, per evitare una sorte ancora peggiore).

Non dimentichiamo poi l’affare Bear Stears, comprata per pochi “spiccioli” da JPMorgan Chase, che ha determinato un allargamento della debacle finanziaria anche al settore investimenti.

Come dire, si tratta di una crisi generale che solo oggi si sta manifestando in tutta la sua virulenza. Difatti, è innegabile che i primi segnali del terremoto in corso sono sopraggiunti parecchi mesi fa, come da noi riportato attraverso la traduzione dei bollettini del Leap E/2020. Fino a questo momento sono andati in fumo, per l'insieme del settore bancario, più di 300 miliardi di dollari ma c’è chi sostiene che i fallimenti continueranno a susseguirsi, riducendo in cenere quasi 1000 mld di dollari.

Quello che ci interessa rilevare sono, a questo punto, due atteggiamenti psicologici, di fronte alla tempesta finanziaria in atto, che attestano quanto le bugie ideologiche finiscano, in un certo senso, per convincere anche chi le proferisce.

Nonostante ciò che accade di questi tempi ci si ostina a dare credito alla balla che sarà il mercato a trovare da sé la soluzione al disastro. Qualcuno sa benissimo che si tratta di una sciocchezza buona solo per i pomposi master finanziari da appioppare a giovani inesperti, ma la maggior parte dei sedicenti specialisti sembrano, invece, essere davvero convinti delle infinite virtù taumaturgiche delle borse (basti guardare ai nostri illustri professori italiani che continuano a ripetere la solita solfa liberista). 

Si ricorre incessantemente alla bufala della mano invisibile e agli strumenti di riequilibrio endogeni quando è sotto la luce del sole che sono gli organismi economici (che agiscono politicamente) e le stesse istituzioni politiche, ad elargire milioni di dollari per salvare banche private.

Per esempio, la Fed ha escogitato un sistema per salvaguardare le apparenza “mercatiste” della fase andando incontro a Freddie Mac per vie traverse. Quest’ultima è stata invitata dal Tesoro ad emettere obbligazioni per 3 mld di dollari. Chi acquisterebbe obbligazioni di una banca già data per fallita? Ovviamente nessuno, a meno che chi garantisce per la stessa non è il governo di un paese forte (se poi si tratta della nazione più potente del mondo la sicurezza di rientro del credito aumenta esponenzialmente); così si userà il mezzo di far acquistare da broker o da altre aziende private carta straccia sulla quale però c’è l’asseverazione informale dell’amministrazione americana.

Ma se fossero il Tesoro e la Fed ad acquistare direttamente, come pure è stato paventato, il cortocircuito ideologico allora non avrebbe più schermature.

L’altro lato della medaglia, se vogliamo quello più pericoloso, riguarda i tanti cavalieri dell’apocalisse che in questo periodo vanno diffondendo il loro verbo catastrofista secondo il quale questa crisi sarebbe quella definitiva per il capitalismo. Lo stesso viene definito “a dead system walking”. Chi parla in questi termini è il più pericoloso tra tutti i ciarlatani perché crea aspettative illusorie che bloccano il pensiero critico, che proprio in queste situazioni deve essere in grado di penetrare la superficie dei fenomeni.

Diciamo, al contrario, che sono i momenti di massima tensione sistemica a svelarci alcune contraddizioni insite nel modo di funzionamento del capitalismo. Da ciò che si “vede” bisogna però passare a ciò che è appena percepibili. Sta a noi riuscire ad interpretare, per quello che realmente sono, queste “escrescenze fenomeniche” (in una sfera sociale particolare, qual è quella economica) sotto la cui superficie si nascondono ben altri problemi (quelli che attengono alla sfera politica e ideologica).