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Più consumi elettrici e meno rinnovabili in Italia

di Gabriele Bindi - 17/07/2008

 
 
 
Aumentano i consumi e diminuiscono invece gli approvigionamenti da fonti rinnovabili, per via della siccità che penalizza l'idroelettrico. I costi dell'energia non sembrano giustificati...

Il fabbisogno elettrico italiano ha toccato il suo massimo storico. Nel 2007, il Paese ha utilizato 339,9 miliardi di Kilowattora, un dato in crescita dello 0,7% rispetto al 2006 e del 21,7% dal 1998. Secondo il rapporto annuale di Terna (la società che gestisce la rete elettrica e la trasmissione dell'energia e diffonde le statistiche sul consumo mondiale), 48,9 miliardi di Kw/h (il 13,6% del totale) sono importati, perlopiù dalla Francia. Il restante 86,4% (301,3 miliardi di Kw/h) viene invece prodotto in Italia.

Secondo i dati diffusi da Terna il 14,5% del fabbisogno nazionale di energia è soddisfatto da fonti rinnovabili, una percentuale calata del 5,4% nel corso dell’ultimo anno a causa della scarsità delle piogge che ha messo in crisi il settore idroelettrico.

Aumenta il ricorso al geotermoelettrico, all’eolico e al termoelettrico. Le centrali termoelettriche sono alimentate per il 66% da metano, grazie al quale nel 2007 sono stati generati 167,9 miliardi di Kw/h (più 9,3% rispetto al 2006). Minore e in calo è invece l’impiego del carbone e dei prodotti petroliferi.

Altri 39 milioni di Kw/h provengono infine da impianti fotovoltaici, il cui contributo nella produzione di energia è aumentato del 1630,8% tra il 2006 e il 2007.

Per quanto riguarda i consumi, il Nord del Paese è il più sprecone (utilizza il 46,3% dell’energia), seguito dal Centro (29,5%) e dal Sud (24,2%). La Lombardia è in testa alla classifica con un fabbisogno di 70,5 miliardi di Kw/h, e da sola rappresenta il 20,7% del consumo nazionale ed è seguita dal Veneto alla notevole distanza di 37,8 miliardi di Kw/h.

Umbria (più 5,9%), Friuli (più 2,8%) e la stessa Lombardia (più 2,5%) sono le Regioni in cui la domanda è cresciuta di più tra il 2006 e il 2007.

Risulta inoltre in crescita il fabbisogno energetico dell’agricoltura (+2,8%) e del terziario (+2,3%).

Di pari passo al consumo cresce anche il prezzo dell’energia venduta alla Borsa elettrica: il 9 luglio ha raggiunto il picco di 192,26 euro per 1000 Kw/h. Nella prima settimana di luglio era stato rilevato il costo medio di 104,69 euro per 1000 Kw/h: un dato in crescita del 6,1% rispetto alla settimana ancora precedente.

Guardando alla situazioni degli altri Paesi europei, in Olanda, Paese molto simile all’Italia per l'approvvigionamento energetico, in quanto il 50% delle sue centrali funzionano a metano, i 1000 Kw/h sono arrivati a costare 92,37 euro (contro i 192,26 italiani). In Francia, dove si fa un gran uso del nucleare il costo di 1000 Kw/h è lo stesso dell’Olanda. In Germania (dov'è importante il contributo del nucleare, affiancato soprattutto da carbone e gas), il picco rilevato dalla borsa elettrica Eex di Lipsia è di 104,69. In un Paese come l’Austria che non ha il nucleare, invece, alla borsa Eea si ha un prezzo di 112,97 euro per 1000 Kw/h.

Dal confronto di questi dati emerge che non c’è collegamento tra tecnologie utilizzate e costo della corrente prodotta.

di Annalisa Bellandi
Fonte: Altreconomia