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Illuminati dal Sahara

di Marco Cedolin - 30/07/2008

 

 

Ai teorici della crescita infinita, proponimento che all’interno di un mondo finito rappresenta un cortocircuito logico quanto mai disarmante, non manca certo la fantasia, né mancano i danari (quelli dei cittadini contribuenti) per tradurla in pratica qualora esista l’opportunità di trasformarla in profitti miliardari. Questi signori che drammaticamente rappresentano la classe dirigente della società occidentale hanno fatto proprio il vecchio adagio secondo il quale “se hai in testa un martello finirai per vedere tutti i problemi sotto forma di chiodi” e continuano a proporre la soluzione di qualunque problema attraverso la costruzione di grandi opere faraoniche tanto costose quanto inutili e devastanti.

Dopo avere spaziato attraverso centrali nucleari, megadighe, tratte ferroviarie ad alta velocità, megatunnel, megainceneritori e colossali infrastrutture cementizie di ogni genere, ora sembrano essere pronti ad affrontare con lo stesso spirito anche le opportunità offerte dalle fonti energetiche rinnovabili che potrebbero costituire il viatico per la costruzione di nuove grandi opere che nulla avranno da invidiare alle precedenti.

 

All’Euroscience Open Forum tenutosi a Barcellona qualche giorno fa, Arnulf Jaeger-Walden dell’Istituto per l’Energia della Commissione Europea ha presentato un progetto del costo previsto di 50 miliardi di euro che stando a quanto dichiarato dal quotidiano britannico Guardian e ripreso dal Corriere della Sera avrebbe già ottenuto l’approvazione convinta del presidente francese Nicolas Sarkozy e del premier britannico Gordon Brown. Il progetto, che secondo i proponenti con il petrolio alle stelle rappresenterebbe l’unica via di uscita, prevede la creazione di un’immensa distesa di pannelli solari (grande quasi quanto il Galles) all’interno del deserto del Sahara, in grado di produrre, in un futuro temporalmente ancora non definito, abbastanza energia da potere illuminare tutta l’Europa. I ricercatori sosterrebbero che i pannelli solari nel Sahara saranno più efficaci perché in quella zona la luce solare è più intensa e, quindi, sarà possibile produrre tre volte più energia che in una centrale simile costruita nel nord Europa, aggiungendo che l’alto costo del progetto sarà determinato soprattutto dalla necessità di costruire una nuova rete di trasmissione con i Paesi del Mediterraneo perché quella attuale non sarebbe in grado di sostenere la quantità di energia in arrivo dell’Africa del nord.

 

Se questi signori provassero ad ignorare per un attimo il martello che alberga nella loro testa e la sete di profitto che mai li abbandona, prenderebbero facilmente coscienza del fatto che lo sfruttamento ottimale dell’energia solare si può ottenere esclusivamente attraverso l’autoproduzione locale all’interno di sistemi di distribuzione a maglie strette che consentano gli scambi delle eccedenze nell’ambito di territori quanto più possibile ristretti. Anziché dilapidare ogni grammo di silicio esistente sul pianeta per tappezzare il Sahara di pannelli solari e poi costruire svariati migliaia di km di elettrodotti nel tentativo di trasportare in Europa quella parte di energia che non sarà andata dispersa durante il tragitto, i ricercatori dell’Istituto per l’Energia della Commissione Europea potrebbero invece creare un progetto (meno adatto a costruire profitti miliardari ma assai più efficiente) che preveda la collocazione di pannelli solari sul tetto di ogni casa e contempli una rete di distribuzione locale finalizzata a massimizzare il rendimento e ridurre al minimo le perdite di trasmissione.

Basterebbe concepire tante piccole opere intelligenti, di grande utilità e scarso impatto ambientale, invece di una grande opera priva di senso, costosissima, ambientalmente impattante e dallo scarso rendimento, basterebbe non avere in testa il martello e nutrire la consapevolezza che non esiste la crescita infinita.