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Iraq, Stanchi della guerra, a Dujail rimpiangono Saddam

di Mohammed Abbas - 13/10/2008



DUJAIL, Iraq - Saddam Hussein è stato impiccato per avere ucciso 148 sciiti, fra uomini e ragazzi, a Dujail, nel 1982. Oggi però, in questa cittadina sul Tigri, alcuni dicono di rimpiangere la vita sotto il dittatore iracheno, perché si sentivano più protetti.

Persino alcuni di coloro i cui familiari furono assassinati e imprigionati durante il periodo in cui Saddam governava l’Iraq col pugno di ferro sembrano essere sedotti dall’idea di un leader forte, dopo anni di caos, spargimento di sangue, e  privazioni, seguiti all’invasione guidata dagli Usa del 2003.

"Se tornasse qualcuno come Saddam, non solo lo sosterrei, lo inviterei a cena. Mio zio è stato ucciso nell’incidente di Dujail, nel 1982; tuttavia, allora la vita era un milione di volte meglio di adesso", dice Saad Mukhlif, uno sciita.

La nostalgia per Saddam e il suo governo dominato dai sunniti in questa cittadina in gran parte sciita rispecchia un senso di frustrazione esteso a tutto il Paese, nonostante attacchi e uccisioni siano diminuiti.

I funzionari delle forze armate Usa dicono che la violenza in Iraq è al punto più basso in quattro anni, ma gruppi di combattenti hanno intensificato gli attacchi per il mese sacro del Ramadan, e il Paese soffre tuttora per la mancanza cronica di acqua, energia elettrica, e altri servizi essenziali.

"(Il Primo Ministro) Nuri al-Maliki se ne sta seduto nella Green Zone (fortificata di Baghdad). Che cosa sta facendo per proteggerci? A cosa serve questo governo?", dice Mohammed Mehdi, uno sciita, il cui cugino venne incarcerato nel 1982, e il cui fratello è stato ucciso da una autobomba a Dujail il mese scorso.

"Saddam Hussein è l’unico leader nobile che abbiamo avuto", aggiunge, prima di urlare: "Dio benedica mille volte Saddam", a portata d’orecchio dei soldati Usa che stanno accompagnando i giornalisti a vedere la cittadina, che si trova 50 km a nord di Baghdad.

Le opinioni di Mehdi e Mukhlif sono riecheggiate altrove, mentre la Reuters parlava con una quindicina fra passanti e negozianti sulla strada principale di Dujail.

Una folla di uomini e ragazzi si è radunata per tessere le lodi di Saddam, e alcuni ragazzi che stavano tornando a casa da scuola hanno gridato: "Dopo Saddam, sono arrivati i distruttori", e si sono lamentati della mancanza di elettricità, acqua pulita, e soldi per i libri di testo.

"Saddam non uccideva chiunque senza un motivo", dice Ahmed Ali Ahmed, che ha 14 anni. "Adesso queste bombe attaccano tutti. Lo dicono tutti, sunniti o sciiti: si viveva meglio sotto Saddam".

Secondo alcuni residenti, commenti di questo tipo non significano necessariamente ammirazione per Saddam, che represse in modo spietato sciiti, kurdi, e chiunque avesse anche vaghi legami con i suoi oppositori, oltre ad avere condotto una guerra rovinosa con l’Iran negli anni ’80, costata circa 1 milione di vite umane.

"Parlano così perché sono arrabbiati. La gente qui non ha visto miglioramenti nella propria vita", dice Hussein Yassin, un interprete delle forze armate Usa. "Io non potrei mai dire che i tempi di Saddam erano migliori, anche se vivessimo all’inferno: alcuni dei miei familiari sono stati uccisi nel 1982".

L’ombra di Saddam

Le forze armate Usa e i nuovi leader dell’Iraq avevano sperato che l’esecuzione di Saddam, nel  2006, avrebbe permesso al Paese di lasciarsi il passato alle spalle.

Ma nella provincia di Salahuddin, dove si trova Dujail, Saddam getta tuttora un’ombra lunga. Era nato qui e qui è stato sepolto, e la maggior parte dei membri della sua cerchia più stretta provenivano da questa provincia.

"Ciascuno ha la propria opinione: o sono ammiratori di Saddam Hussein, o il contrario", dice il governatore della provincia, Hamad al-Qaisi, parlando durante una cerimonia in una base militare Usa per l’inaugurazione di una iniziativa volta alla formazione di iracheni disoccupati.

"Quelli che ci sono adesso non hanno creato nulla di meglio di quello che aveva creato Saddam. Ai tempi di Saddam, la cosa migliore che avevamo era la sicurezza: questa adesso non ce l’abbiamo", dice Muthanna Ibrahim, segretario e portavoce di Qaisi.

Per alcuni a Dujail, sembra che gli orrori degli ultimi cinque anni abbiano preso il posto delle atrocità del 1982.

Quell’anno, dopo essere sfuggito a un tentativo di assassinio, mentre stava attraversando in macchina la cittadina, Saddam ordinò ai suoi comandanti di dare la caccia a 148 uomini, torturarli, e ucciderli.

Si dice che donne e bambini furono presi e imprigionati, e in seguito mandati in un campo di concentramento nel deserto, dove molti scomparvero. I terreni agricoli, i ricchi palmeti, e i frutteti di Dujail, sulle rive del Tigri, furono salinizzati e distrutti.

Ahmed Jawad, un poliziotto che ha parenti sia sunniti che sciiti, nel 1982 perse 27 membri della sua tribù, fra i quali uno zio. Anche lui, però, prova nostalgia per i tempi di Saddam.

"Prima potevamo andare in qualsiasi provincia. Ora si rischia di essere ammazzati", dice. Alla domanda se vorrebbe che tornasse qualcuno come Saddam, risponde: "Vorrei. Un leader che fosse in grado di provvedere alla sicurezza? Vorrei".

Secondo le stime di Human Rights Watch, che ha sede a New York, sotto Saddam, che ha governato l’Iraq per circa un quarto di secolo, scomparvero circa 290.000 persone.

La campagna condotta da Saddam contro la popolazione di etnia kurda nel nord dell’Iraq negli anni ’80 ne uccise decine di migliaia, 5.000 dei quali “gasati” con armi chimiche nel villaggio di Halabja.

Tre giorni fa, i parenti di alcune delle sue vittime hanno manifestato nella città di Najaf, nel sud, per chiedere risarcimenti e il test del DNA, dopo che migliaia di corpi sono stati ritrovati in fosse comuni.

Anche a Dujail c’è chi vede il retaggio di Saddam nelle uccisioni recenti.

"Chi pensa che faccia esplodere queste autobomba? E’ tutta gente di Saddam. Crede che gli esponenti religiosi sciiti vadano in giro a farsi saltare in aria?", dice Kadhim Darwish, un negoziante di alimentari. La responsabilità di molti degli attentati in Iraq, negli ultimi anni, viene attribuita a insorti fondamentalisti islamici sunniti.

Seif al-Zubaidy, un negoziante, dice che la sua vita è migliorata dalla caduta di Saddam: gli affari vanno bene, e la sua famiglia, che era fra gli oppositori di Saddam, non viene più perseguitata.

"Qualunque cosa accada in Iraq, da nord a sud, la vita è comunque migliore che sotto Saddam. Nel 1982 ha ucciso 10 membri della mia famiglia. Avevo solo 11 mesi, ma mi hanno raccontato quello che è successo, e me lo ricordo come ricordo il mio nome".

(Revisione di Clar Ni Chonghaile)


(Traduzione di Ornella Sangiovanni)

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