Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Disinformazione e propaganda neoliberale e neoliberista

Disinformazione e propaganda neoliberale e neoliberista

di Eugenio Orso - 15/10/2008

 

 

 

Se cerchiamo il significato della parola disinformazione in uno qualsiasi dei molti vocabolari disponibili in rete, possiamo facilmente trovare quanto segue: s. f., mancanza di corretta informazione; l'atto e il conseguente effetto di una cattiva informazione, e spec. di un'informazione manipolata [http://www.sapere.it/].

Se cerchiamo anche il significato della parola propaganda, che ha qualcosa a che vedere con la disinformazione, dalla stessa fonte apprendiamo quanto segue: s. f., azione tesa a far conoscere idee religiose, politiche, progetti, iniziative, prodotti commerciali, ecc. e ad attirare su di loro le adesioni o i consensi del maggior numero possibile di persone
con senso spregiativo, deformazione della verità per fini di parte o per interessi particolari [
http://www.sapere.it/].

Se poi decidiamo malevolmente di verificare tutto ciò sulla stampa nazionale di più ampio respiro, ci imbattiamo inevitabilmente negli editoriali in bella posta sulla prima pagina del Corriere della Sera, il maggiore quotidiano della penisola e una delle principali “casse di risonanza” dei poteri forti.

Quello di oggi, 15 ottobre 2008, conferma che è in pieno corso una robusta campagna di disinformazione [come da definizione on-line] orchestrata da coloro che hanno tutto l’interesse a che continui l’attuale stato di cose, senza modifiche sostanziali di rotta ed eccessive intromissioni dei pubblici poteri nella finanza e nell’economia, in un’ottica squisitamente neoliberale e neoliberista.

Agenti di questi interessi – che gradiscono per forza di cose la socializzazione delle perdite colossali cumulate dalla privatissima finanza internazionalizzata, ponendole in buona parte a carico della parte più povera della popolazione e delle pubbliche finanze, ma non gradiscono la “statalizzazione” di gran parte del sistema bancario, perché utili, profitti, capital gains e dividendi devo affluire soltanto nelle loro sconfinate saccocce – si danno da fare, in questo periodo eccezionale e convulso, per tenere alto il vessillo dell’economia liberista irrimediabilmente finanziarizzata, del globalismo imperante e del super capitalismo anglo-americano.

Tali agenti si servono, per quanto riguarda la vecchia carta stampata e i quotidiani di larga diffusione di pennivendoli, che molti scambiano purtroppo per veri giornalisti, di sedicenti esperti di scienze e teorie politiche, di economisti prezzolati, preferibilmente intortati in “comitati scientifici” e/ o dotati di titoli accademici e referenze derivanti dall’assidua frequentazione dei salotti buoni.

Uno di questi pennivendoli è indubbiamente il celebre Piero Ostellino, il quale, da quando è scoppiata la super bolla speculativa in ogni dove rischiando di far crollare la dimensione finanziaria sulla testa di noi tutti, non la smette di esaltare le doti della democrazia liberale e della famigerata “società aperta”, di appellarsi ad un’idea astratta, o peggio truffaldina, di libertà, oppure come fa in data odierna sulla prima pagina del Corriere con “Le invasioni della politica”, di rassicurarci che al più presto usciremo da questa crisi, ma non per merito della politica [leggi intervento pubblico e intromissione nei privatissimi affari dei grandi speculatori] in quanto, sorprendentemente: “Ci tireremo fuori da soli, noi stessi, ciascuno facendo la sua parte, autonomamente e contando solo sul proprio ingegno. La società «aperta» ha una risorsa di cui non si parla perché non fa notizia: non c'è mai una soluzione preconfezionata.”

Miracolosamente ce la faremo, se ci rimboccheremo le maniche – come nei migliori film americani a lieto fine – e daremo fondo a tutte le nostre risorse, naturalmente per riparare gli ingenti danni fatti da altri, che in certi casi sono già scappati con il maltolto, e tutto quanto precede propinato ai lettori con l’uso e l’abuso della più vieta e vuota retorica, la quale assomiglia curiosamente a quella dei vecchi capi di stato rincoglioniti, senza poteri reali, quando in un momento difficile parlano alla nazione, cosa che qui in Italia conosciamo fin troppo bene.

Nessuna paura, dunque, perché la società «aperta» ostelliniana – aperta al mercato, naturalmente, anzi, piegata a novanta gradi davanti al libero mercato stesso e agli squali delle banche e della grande finanza – ha una fantomatica risorsa, quasi un’arma segreta capace di mettere in fuga l’armata delle tenebre della società chiusa e del dirigismo anti-liberista, che consiste nel semplice fatto … che non c’è una soluzione preconfezionata.

Stupefacente! Forse si tratta della solita, fuorviante metafora che riempie la bocca degli ipocriti liberal-liberisti, quella della mano invisibile, presentata in una salsa diversa, oppure il pennivendolo liberal-democratico-globalizzante ha esaurito tutti gli argomenti a sua disposizione, per riuscire a negare l’evidenza del fallimento sistemico in atto. 

Ma fate bene attenzione: che nessuno osi pretendere di conoscere tale soluzione – prosegue il giullare dei soliti poteri forti travestito da giornalista – perché nel sorprendente universo della società aperta, in cui tutti noi dovremmo godere, almeno “sulla carta” del Corriere, della massima libertà, “non c'è mai una soluzione preconfezionata” da imporre.

Evidente il monito anti-statalista, contro un’eccessiva invadenza dei poteri pubblici, i quali, siccome si sono impegnati a regalare i nostri sudati denari ai banchieri per consentirgli di taglieggiarci ancora in futuro, potrebbero essere tentati di “riprendersi” il sistema bancario stabilmente, come ai tempi delle banche statali, di interesse nazionale, ecc.

Perché dunque non ri-nazionalizzare le banche, qui, oggi, in Italia, visto che ciò costituirebbe la massima garanzia presente e futura per il risparmio popolare e per tutta l’economia nazionale?

Avverte minaccioso Ostellino, che sembra aver previsto questa scontata e logica obiezione: “La politica può adottare provvedimenti limitati e temporanei — come il salvataggio delle banche per tutelare il risparmio — ma non può, e non deve, fare di più, come ha efficacemente sostenuto Francesco Giavazzi in un puntuale editoriale del Corriere giovedì scorso. Non può perché, in una società «aperta», essa non è una variabile indipendente dalle libere scelte di ciascuno di noi. Non deve, perché non sa — come non lo sa nessuno — che cosa succederà domani; e perché, qualsiasi cosa facesse, nella presunzione di saperlo, farebbe solo danni.”

Traduciamo il tutto in linguaggio corrente, terra-terra, a costo di ripetere cose ben note: “Ai miei padroni sta bene che si impieghi denaro pubblico per finanziare e sostenere le loro banche [private, privatissime, n.d.s.] in previsione che il malato riesca a “passare la nottata” e riprenda a far man bassa di utili, dividendi, guadagni crescenti e usurai, ma che poi qualche politico troppo intraprendente non osi neppure immaginare, sull’onda del malcontento popolare, di poter andare oltre, come ammonito anche dal mio complice Francesco Giavazzi su questo stesso giornale la scorsa settimana. Nella presunzione di avere soluzioni preconfezionate alla crisi, sfuggendo al controllo e lasciandosi prendere la mano, la politica [ufficiale, democratica, in parte significativa asservita anch’essa agli stessi padroni di Ostellino e Giavazzi, n.d.s.] potrebbe fare grossi danni agli interessi di quelli che il gioco lo dirigono veramente.”

Segue, nell’editoriale, il solito, trito e ritrito riferimento al fallimento sovietico – che si utilizza come spauracchio, quando si ha ben poco di originale da dire – quello cioè di un sistema retto da chi pretendeva di orientare la storia a suo piacimento, offendo, guarda caso, soluzioni preconfezionate …

Persino le accuse rivolte alla politica monetaria della privatissima e potente Federal Riserve americana – colpevole di un certo lassismo monetario che ha favorito, a detta di alcuni maliziosi, l’insorgenza della crisi – sono censurate da Ostellino, perché, se finora non lo avete ben capito, dato che c’è la “libertà” la colpa dello sconquasso non può essere sistemica, ma dei singoli “banchieri” che non hanno ben colto l’opportunità che tale politica gli offriva …

Altro passaggio divertente è quello relativo all’ipotesi di istituire un organo di coordinamento del mercato finanziario mondiale, respinta con orrore e riprovazione dal celebre pennivendolo esperto di scienza della politica, che l’accosta al demoniaco Gosplan sovietico e la cassa brutalmente in quanto “Un delirio pianificatorio privo persino di parvenza logica.”

Cosa volete che sia se la settimana scorsa ci è sembrato che tutto stesse per crollare, a partire dalle borse e dal sistema bancario occidentali – con un impatto peggiore al Crollo della Galassia Centrale, nella classica e popolare saga fantascientifica delle Fondazioni di Isaac Asimov – tanto, secondo Ostellino saranno spazzati via soltanto i “titoli-spazzatura” [senza precisare, però, che la dimensione finanziaria ha generato finora alcune centinaia di trilioni di dollari in prodotti, parte significativa dei quali sono ancor meno che immondizia …] e noi alla fine, con le parole del nostro disinformatore-propagandista per conto terzi, “Ne usciremo perché milioni di consumatori e produttori stanno già programmando le loro vite e perseguendo i loro interessi secondo la propria personale visione del mondo e i dati di cui dispongono. Ciascuno per conto suo, senza neppure sapere come e perché ne verrà un beneficio generale. E' la libertà, bellezza. Ne usciremo a condizione, però, che la politica lasci fare al loro «libero arbitrio»; non opponga divieti e ostacoli.”

Peccato che il “pubblicista” neoliberale e neoliberista di turno non ci spieghi come faranno concretamente ad uscirne le decine di milioni di lavoratori dipendenti, di pensionati, di soggetti che già oggi approssimano la soglia della povertà, quando gli effetti di questa crisi si trasferiranno massicciamente all’economia reale, generando disoccupazione di massa, drammatiche decurtazioni del potere d’acquisto della maggioranza della popolazione, ulteriore degrado dei pubblici servizi e smantellamento definitivo degli ultimi bastioni dello stato sociale …

Si guarda bene dal spiegarlo, Ostellino, anche perché la sua è soltanto disinformazione e propaganda neoliberale e neoliberista.