Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Elogio del maestro unico

Elogio del maestro unico

di Marzio Cristiani - 23/10/2008

Fonte: marziocristiani


“Ama il tuo maestro, perché appartiene a quella grande famiglia di cinquantamila insegnanti elementari, sparsi per tutta Italia, i quali sono come i padri intellettuali dei milioni di ragazzi che crescon con te; i lavoratori mal riconosciuti e mal ricompensati, che preparano al nostro paese un popolo migliore del presente… Amalo… quando è giusto e quando ti par che sia ingiusto, amalo quando è allegro e affabile, e amalo anche di più quando lo vedi triste. Amalo sempre. E pronuncia sempre con riverenza questo nome – maestro – che dopo quello di padre, è il più nobile, il più dolce nome che possa dare un uomo a un altr’uomo.”
(E. De Amicis, “Cuore”)

“Io vi parlo qui del tempo in cui, ragazzi, andavamo a scuola; del tempo che vorremmo tornasse, ma è impossibile. Dei sogni, delle speranze che avevamo nel cuore; della nostra innocenza; delle lucciole che credevamo stelle perché piccolo piccolo era il nostro mondo, basso basso era il nostro cielo.”
(Giovanni Mosca, “Ricordi di scuola”)

“E’ chiaro che un maestro…ops…una maestra unica, se incapace, rovinerebbe la classe. Ma d’incapaci l’Italia è piena ovunque: si può solo sperare di evitarli”.
(MC)

Premessa

Chi scrive non sostiene il governo Berlusconi né i modelli socio – culturali che esso generalmente rappresenta. Pur riservandosi di esprimere sempre un generale scetticismo nei confronti delle reali finalità che molte leggi spesso hanno (finalità talvolta inespresse o “dette” tra le righe”), giudica comunque segno di intelligenza apprezzare quanto di buono, eventualmente, possa contenere una legge, indipendentemente dal governo che la partorisce.

Introduzione

Personale della scuola e genitori sono in fermento per la riforma scolastica del ministro Gelmini; opposizione e sindacati forniscono gli ingredienti per alimentarla. Molte scuole sono addobbate con striscioni di dubbio gusto con cui il ministro viene offeso o irriso con parole proposte dalle insegnanti, ma indubbiamente scritte dagli alunni.
E’ giustificato il timore nei confronti del superamento del modulo docente e del ritorno al maestro unico?

Aspetti storici

Si teme il ritorno del maestro unico e si dimentica sempre di dire che esso è presente praticamente in tutte le scuole europee (si veda l’allegato) e che in Italia, nazione senza memoria, venne creato il modulo docente fondamentalmente per due motivi: come “merce di scambio” con alcuni sindacati (con il beneplacito di insegnanti e pedagogisti “impegnati”) e per assunzioni di docenti (di cui vantiamo forse il maggior numero in rapporto alla popolazione) dimenticando che il lavoro di insegnante non può corrispondere ad un qualsiasi altro impiego e non ha mai avuto senso assumere insegnanti tanto per “dare lavoro”.

Molti dimenticano, ma se furono tanti gli “esperti” che, pur di giustificare il modulo si inventarono apposite ragioni pedagogiche, molti altri contestarono l’idea di più maestri distribuiti su una classe ritenendola un autentico “attentato” alla scuola elementare. Non a caso, il dibattito parlamentare fu a dir poco acerrimo e si arrivò a “normalizzare” la legge 148/90 solo dopo alcuni anni di faticosa e dispendiosa sperimentazione.

Aspetti educativo-didattici

Il modulo (o team docente) ha praticamente dato il colpo di grazia alla scuola elementare intesa come luogo privilegiato per l’apprendimento, appunto, degli elementi culturali di base, cioè dell’alfabetizzazione culturale. Quantificare le conseguenze negative di questo scellerato provvedimento organizzativo risulta particolarmente difficile perché, tolti i motivi di cui sopra (che qualificano alcuni sindacati per quello che realmente sono…), non vi sono assolutamente “appigli” per salvare il modulo.

Ecco i principali aspetti per cui, secondo noi, il modulo docente di scuola elementare non ha motivo di permanere:
- Molti insegnanti comportano un’eccessiva “disciplinarizzazione” della scuola elementare che, come ben sanno i pedagogisti seri, dovrebbe configurarsi come scuola di transizione tra le prediscipline (scuola dell’Infanzia) e le discipline ben categorizzate (scuola secondaria di primo grado). Col modulo, la scuola elementare ha perso la sua “elementarità” ed è stata sovraccaricata di contenuti, peraltro spesso trasmessi in fretta e furia da una didattica prevalentemente “sterile” fatta di veloci schede didattiche, che non le appartenevano. Si è passati, senza una intelligente valutazione a priori, dalla trasmissione di elementi socio-culturali di base a una deriva tesa a specializzare ogni insignante e ogni insegnamento ci si è paradossalmente dimenticati di insegnare a “leggere, scrivere e far di conto”, le regole della condotta civile e l’educazione civica. Ma, cosa ancor più grave, il modulo e la “disciplinarizzazione”, tendendo a categorizzare tutto, hanno tolto alla scuola elementare e ai bambini parte della loro infanzia. Hanno amputato la fantasia.

- Molti insegnanti comportano molti compiti per casa e molte verifiche. Tali “effetti collaterali” sono conseguenza diretta anche del fatto che il gruppo docente, in realtà, non è mai un gruppo e l’affiatamento e la sincronizzazione educativo – programmatica tra colleghi (pur previsti dalla legge in sede delle due ore settimanali di programmazione didattica obbligatoria) è in realtà insistente: ognuno porta avanti le sue “lezioni”, assegna i compiti che vuole e quando vuole e somministra spesso verifiche a caso.

Sono purtroppo molto frequenti i casi in cui gli alunni di scuola elementare (Primaria) si trovano a dover passare interi pomeriggi a studiare e a fare i compiti di tre o quattro “materie” contemporaneamente, così come sono all’ordine del giorno i casi in cui gli alunni di una stessa classe si trovano ad affrontare due o tre verifiche diverse nell’arco della stessa giornata scolastica.

- Ogni insegnante ha un punto di vista diverso sulla realtà, sull’organizzazione scolastica e sul rispetto delle regole scolastiche; si va, tradizionalmente parlando, dai “permissivisti” ai “tradizionalisti”. Quando nello stesso “gruppo” docente, come spesso accade, confluiscono menti diverse, la conseguenza reale e sperimentata è che chi alunni non sappiano a chi dar retta: all’insegnante che fa alzare la mano prima di parlare in classe o a quella che ricrea nell’aula le dinamiche tipiche di alcune trasmissioni televisive (Amici, Ballarò…) dove il sovrapporsi di voci è la norma. Gli alunni non sanno se dar retta al maestro che pretende stiano in fila o alla maestra che fa spostare gli alunni a mo’ di gregge; gli scolari non sanno se seguire l’insegnante che pretende lo svolgimento dei compiti per casa o quella che dimentica di correggerli o giustifica troppo spesso.

La conseguenza dei fattori appena elencati si configura come uno dei più gravi elementi diseducativi: la contraddizione. Nessuno, infatti, può mettere in dubbio che la contraddizione tra regole sia tra i principali fattori di rischio bullismo e comporti la creazione di generazioni senza un credo, senza strade certe da seguire e senza pilastri educativi. Non a caso, l’etimologia della parola insegnare è in – signore che significa “segnare dentro, dare univoche direzioni educative, stabilire certezze”. Ci sembra indiscutibile, del resto, che un alunno senza certezze avrà difficoltà a diventare un adulto con un proprio punto di vista marcato e che è solo dalle certezze che si passa, in età adulta, alle astrazioni come è solo dalla padronanza di un ottima tecnica che un pittore può arrivare a esprimere il proprio estro deformando la tecnica stessa che però giace sempre in modo sottostante.

Ora, se a contraddire gli insegnanti ci pensano già i disastrosi modelli televisivi e, purtroppo, anche molti genitori “poco impegnati”, a ben vedere resta solo la scuola a rappresentare il “bilanciamento sociale” o, per dirla con Neil Postman, a fungere da “termostato” per “controbattere” a tutto ciò che è diseducativo e quindi socialmente pericoloso.

- I teorici del modulo e coloro che contrastano il ritorno al maestro unico apportano il concetto di “compresenza” come elemento irrinunciabile che andrebbe inevitabilmente perso con il ritorno ad un'unica figura docente. Dimenticano però che, al di là del suo indubbio valore teorico, la compresenza di più insegnanti in una classe, la divisione in gruppi di lavoro specifico e l’individualizzazione dell’insegnamento hanno visto raramente la loro realizzazione e si è teso prevalentemente a considerare la compresenza come “sistema tappabuchi” , come sistemazione oraria per garantire “distrazioni” durante le ore di servizio o, cosa ancor più grave, per assicurare entrate posticipate o uscite anticipate alle insegnanti più “influenti”.

Va da sé, che in era di forte crisi economica, anche il Ministero a chiuso un occhio sull’utilizzo delle “sacre” compresenze per supplire le insegnanti assenti ed evitare di assumere supplenti giornaliere. E anche questo, fino a prova contraria, nuoce al precariato; ma forse è un particolare troppo tecnico per essere dato in pasto a manifestanti vari…

- Il modulo genera inevitabilmente stress negli alunni; essi sono infatti costretti a vivere un insegnamento “innaturale” per la scuola elementare perché troppo “spezzettato”, troppo carico di nozioni che si alternano, in tutta la loro diversità, nell’arco spesso di una sola mattinata.
Non è una rarità il seguente modello orario basato su cinque ore: un’ora di matematica, un’ora di inglese, due ore di italiano e un’ora di religione. Vi sembra possibile?!

- “Gli insegnanti sono utilizzati secondo moduli organizzativi costituiti da tre insegnanti su due classi nel plesso di titolarità o di plessi diversi del circolo; qualora ciò non sia possibile, sono utilizzati nel plesso di titolarità secondo moduli costituiti da quattro insegnanti su tre classi…”. Così recita l’articolo 4 della Legge 148 del 1990. Ma con il modulo, paradossalmente, si è avuto solo raramente un gruppo docente di tre insegnanti su due classi e, tranne i moduli su classi parallele, il modulo di quattro insegnanti su tre classi è divenuto praticamente la norma. Una norma ulteriormente disattesa dall’eventuale insegnante esterno di lingua inglese e dall’eventuale insegnante esterna di religione.

In sostanza, attualmente molte classi possono avere talvolta fino a sette insegnanti diversi, specializzati e improntati solo all’insegnamento della loro materia. Si è generalizzato, in pratica, un modello didattico che potremmo definire “frontalità modulare” teso ad associare l’insegnante alla disciplina insegnata e a spogliarlo del suo ruolo di educatore. Succede quindi che molti insegnanti non siano mai realmente radicati nella classe e vengano etichettati come “quella di scienze”, “quella di religione”, “quella d’inglese” con il rischio certo di spezzettare insegnamenti, modelli educativi e la fluidità didattica che dovrebbe invece soggiacere a tutto l’operato dei docenti di scuola elementare.

- I tempi ristretti di intervento sulla classe generano “pressappochismo didattico”. La moda delle schede didattiche preconfezionate, amplificata a dismisura dalla scuola modulare, se da una parte comporta meno lavoro per l’insegnante che ne abusa e dall’altra sminuisce quella che dovrebbe essere una vera indiviudalizzazione dell’insegnamento (fatta di lezioni e materiali preparati “artigianalmente” e appositamente per quella classe e per quel momento didattico particolare), è frutto anche di una scansione oraria frenetica che, all’indomani della legge 148/90, si è dovuta inventare.
Non tutti sanno infatti che, per esempio, un’insegnante di italiano ha circa sei ore settimanali (ricreazione inclusa) per ogni classe e che, vista la complessità delle nozioni da trasmettere (si pensi per esempio ad una prima elementare o ad una quinta) ognuno si renderà conto che esse non sono assolutamente sufficienti. Per fare un esempio, quando esisteva il maestro unico, almeno fino a dicembre gli interventi sugli alunni di prima elementare erano tutti destinati all’apprendimento dei caratteri alfabetici e solo dopo si passava, con gradualità, a tutto il resto che, senza saper leggere, gli alunni non avrebbero potuto decodificare.

Per chi non è insegnante, è necessario chiarire che l’apprendimento dei caratteri alfabetici non è solo apprendimento della letto-scrittura, ma è frutto di numerosi prerequisiti (alto-basso, sopra-sotto, prensione, organizzazione dello spazio-pagina, scolarizzazione, astrazione ecc…) che portano al difficile conseguimento dell’alfabeto.

Perché diciamo sì al maestro unico

Il maestro unico (ma sarebbe meglio dire maestra, dal momento che gli uomini che lavorano nella scuola primaria sono una ristrettissima percentuale) garantisce la possibilità di evitare tutti gli “effetti collaterali” del modulo docente e, di per sé, questa affermazione dovrebbe essere più che sufficiente a giustificarne il ritorno.

Il maestro unico, inoltre, potrebbe ridonare l’autorevolezza che negli anni hanno generalmente perso i docenti di scuola primaria che sono passati spesso dal nobile ruolo di maestri al disonorevole ruolo di badanti malpagati, inascoltati e spesso derisi da genitori che, nel commentare un’eventuale nota sul diario, hanno magari giustificato il figlio dicendo: “Ma lascialo perdere quel morto di fame!”.

Si ritiene, infatti, che una nazione seria non possa accettare che l’insostituibile ruolo del maestro venga sminuito o umiliato e che si debba ad ogni costo riqualificare l’immagine docente tramite un’adatta campagna comunicativa e tramite stipendi che si avvicinino almeno a quelli europei.
Uno dei motivi, infatti, per cui gli insegnanti sono sottopagati è il loro eccessivo numero e, anche se preferiamo attendere prima di esprimere opinioni sull’operato politico del governo Berlusconi, una delle vie da percorrere per stipendiare degnamente gli insegnanti è senz’altro la riduzione del loro numero.

Il maestro unico si configura come unico punto di riferimento per gli alunni che si avvicinano alla conoscenza del mondo, all’alfabetizzazione culturale e all’interiorizzazione delle fondamentali regole e norme civiche e sociali. Solo un’unica figura può garantire armonia e serenità nell’acquisizione di questi difficilissimi elementi perché la loro complessità, se affidata a più figure, può generare frammentarietà e pressappochismo ed alimentare quello che è oramai sotto gli occhi di tutti: alunni che conoscono l’italiano, ma non la matematica; alunni che conoscono la matematica, ma non l’italiano; alunni alfabetizzati, ma privi di personalità e regole sociali; alunni alfabetizzati, ma non acculturati; alunni alfabetizzati, ma goffi nei movimenti; alunni che imparano tutto, ma non fortificano lo spirito; alunni bravissimi, ma “senza anima”; alunni capaci, ma incapaci di relazionarsi con gli altri e con il mondo ecc…

Per sintetizzare meglio e far storcere la bocca a qualcuno, potremmo tranquillamente dire che, come diceva Giovanni Gentile,“il metodo è il maestro”: un maestro unico che abbia tempi dilatati, che possa concentrare i suoi interventi educativo-didattici su un’unica classe, che accompagni la crescita apportando interventi non frammentari e che possa calibrare l’insegnamento con uno stile didattico non preconfezionato, ma dedicato a quella specifica classe.

Inoltre, elemento dimenticato dalla propaganda distorta di certi sindacati e di certi partiti, non bisogna dimenticare che il maestro unico è già parzialmente presente in tutte le scuole con il ruolo di “insegnante prevalente” che lavora soltanto su una classe e insegna molte “materie” e che tale formula negli anni è stata incentivata sempre più dal Ministero della Pubblica Istruzione (indipendentemente dalla tipologia politica) anche per evitare troppi spezzettamenti e troppe assunzioni.

Non bisogna dimenticare, inoltre, che la necessità di tornare al maestro unico è sempre stata presa in considerazione da tutti i governi e da tutte la parti politiche e che nessuno, fino ad ora, aveva avuto il coraggio di ripristinarla per legge. Molti politici che ora cavalcano la protesta lo fanno solo con l’unico scopo di criticare il ministro Gelmini per propaganda politica, ma siamo convinti che, al di là delle dichiarazioni, personalmente condividano molti i punti della riforma.

Quali problemi da risolvere prima del ritorno al maestro unico

Auspichiamo che, prima del ritorno al maestro unico, il Ministero provveda a colmare alcune carenze che potrebbero verificarsi e di cui non si fa chiaro cenno nel sintetico documento legislativo:

- Vige una legge secondo cui una classe con un numero di alunni superiore a quindici può effettuare uscite didattiche solo se accompagnata da due insegnanti. Come farà un maestro unico a portare in gita una classe di venti alunni?

- I supplenti vengono chiamati sempre meno a compensare assenze di insegnanti inferiori ai cinque giorni e gli alunni vengono spesso distribuiti in altre classi o affidati a un’insegnante in compresenza. A chi verranno affidati gli alunni se il maestro unico si assenterà per un giorno?

- La società moderna necessita di un tempo scuola “allargato” e l’attuale organizzazione scolastica prevede almeno un giorno lungo per ogni classe. Si potrà garantire tale organizzazione scolastica o si tornerà ad una scuola esclusivamente antimeridiana?

- Il tempo scuola sarà di ventiquattro ore settimanali. Gli eventuali insegnanti esterni di lingua inglese e di religione dovranno rientrare in tali ore o avranno a disposizione ore aggiuntive.

Voto e condotta

Non staremo qui a giustificare il ritorno del voto in condotta (anch’esso praticamente presente in tutte le scuole del mondo) perché la sua necessità è talmente evidente che solo chi è in malafede o è particolarmente e sterilmente “idealizzato” può negarne la giustezza.

Non staremo, inoltre, a giustificare nemmeno la necessità dei voti in luogo dei giudizi sintetici (non classificabile, gravemente insufficiente, sufficiente, buono, distino, ottimo) che, peraltro, erano talmente sintetici che, per chiarirli, tutti gli insegnanti erano costretti ad usare formule davvero originali. I numeri, in quanto tali, non sono modificabili e sono chiari; non necessitano quindi di parole esplicative e difficilmente troveremo la dicitura “6 in progresso”.

I voti, inoltre, si prestano più nettamente ad una valutazione “trasparente” e netta anche per le prove di verifica oggettive; per esempio, un lavoro svolto bene al sessanta per cento dovrà essere votato con un sei senza troppe mediazioni e un lavoro svolto male all’ottanta per cento sarà un inevitabile due.

Anche alla luce della necessità educativa di saper anche punire gli alunni che non si impegnano e considerando che “i no aiutano a crescere”, si tenga anche conto che l’impatto emotivo di un due è senz’altro superiore al misterioso e perbenista “non sufficiente”.

Non dimentichiamoci, inoltre, che anche quando furono introdotti i giudizi sintetici furono in molti a criticare e che, tanto per essere esterofili, alcuni governanti “copioni” riuscirono negli anni Novanta ed imporre anche le lettere all’americana (A, B, C, D, E).

Bentornati, cari vecchi voti!

Conclusioni

Come specificato nella premessa al nostro articolo, il nostro scetticismo ci chiama comunque a tenere alta la guardia: non vorremmo, infatti, che la legge che abbiamo commentato, di cui (lo ripetiamo) condividiamo i principi, nascondesse “polpettine avvelenate” da somministrare cautamente e mimeticamente. Non vorremmo che dietro la legge si nascondessero realmente tagli alla scuola di Stato e privilegi per quella privata; non vorremmo che si cercasse gradualmente di “smantellare” o fiaccare ulteriormente la scuola pubblica; non vorremmo che realmente vi fossero perdenti posto tra i docenti in ruolo. Vorremmo che, come proposto, i docenti realmente e repentinamente riuscissero ad avere i tanto sperati stipendi europei.

Come abbiamo detto, siamo scettici. Ma questa volta proveremo a fidarci e, qualora il nostro scetticismo dovesse avere reali conferme in futuro, riusciremo a far sentire bene la nostra voce.

Allegato

Ma non vogliamo sempre allinearci agli altri modelli europei?

Addentrandosi nella banca dati della rete Eurydice sui sistemi educativi europei (http://www.eurydice.org/portal/page/portal/Eurydice/EuryPresentation) si fa una scoperta interessante: nessun paese prevede nella scuola primaria la pluralità dei docenti che vige in Italia nell’organizzazione modulare.

AUSTRIA
Per tutti e 4 gli anni della scuola primaria, c’è un maestro unico per classe + insegnante di religione e, in certi casi, insegnante di lavori tecnici e/o tessili.

BELGIO (NL)
Un maestro unico insegna normalmente tutte le materie. Talvolta, sono nominati insegnanti specifici per materie come musica, educazione fisica, religione ed etica non confessionale.

BELGIO (FR)
Generalmente un unico insegnante è responsabile di tutte le materie, eccetto per i corsi di filosofia, educazione fisica, lingua moderna. Talvolta accade, ma molto raramente, che alcuni insegnanti si specializzino e si suddividano le materie (assouplissement du titulariat). Questo avviene alla fine dell’istruzione primaria

ESTONIA Nei primi 6 anni del ciclo di base (corrispondenti al livello primario) c’è un maestro unico (insegnante generalista) che insegna tutte le materie.

FINLANDIA
Nei primi 6 anni del ciclo di base (corrispondenti al livello primario), c’è generalmente un maestro unico che insegna tutte le materie.

FRANCIA
Maestro unico. Ci sono talvolta insegnanti negli ambiti artistici e sportivi, ma si tenta di “scoraggiare” queste iniziative.

GERMANIA
Maestro unico nel 1° e 2° anno; dal 3° anno vengono introdotti più maestri per le varie materie per abituarli al livello secondario.

GRECIA
Maestro unico. Maestro specialista per inglese e seconda lingua straniera, educazione fisica e musica.

INGHILTERRA
Maestro unico, generalmente annuale (cambia ogni anno).

LITUANIA
Maestro unico. Se il maestro non ha qualifiche specifiche vengono introdotti altri docenti per lingua straniera, danza, ecc.

MALTA
Maestro unico annuale (cambia l’anno successivo). Altri insegnanti per arte, musica, teatro, TIC, sviluppo personale e sociale, scienze ed educazione fisica.

PAESI BASSI
Maestro unico, ma le scuole possono avere docenti specialisti (es. per educazione
fisica, religione, arte, musica, artigianato)

PORTOGALLO
Lo stesso insegnante accompagna la classe per tutto il primo ciclo del percorso obbligatorio (6 a 10 anni di età)

REPUBBLICA CECA
Generalmente, nel primo ciclo della struttura unica di base (corrispondente al livello primario), c’è un maestro unico (insegnante generalista); talvolta lingue straniere ed educazione fisica sono insegnate da un insegnante specifico.

ROMANIA
Un insegnante per classe.

SLOVACCHIA
Un insegnante + eventuali altri insegnanti (che insegnano anche in altre classi del primo o del secondo ciclo) per musica, disegno, educazione fisica, educazione tecnica.

SPAGNA
Maestro unico. Insegnanti specialisti per educazione fisica, musica, lingua straniera e per eventuali altre materie offerte dalla scuola

SVEZIA
In genere un insegnante per i primi 3 anni del ciclo unico (da 7 a 10 anni).

UNGHERIA
Maestro unico per i primi due anni e un altro maestro unico per i successivi due anni.