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Il miracolo di... Spike Lee

di Manuel Zanarini - 30/10/2008

  Nell’ormai sempre più piatto panorama cinematografico, fatto di cinepanettoni ed effetti speciali, spicca una vera chicca: “Miracolo a Sant’Anna” di Spike Lee. Il film è tratto dal romanzo “Miracle a St.Anna” di James Mc Bride, e narra le vicende di un gruppo di militari statunitensi, di colore, appartenenti alla 92sima Divisione “Buffalo”, organizzate dall’esercito USA per avere formazioni composte solo da soldati di colore. In effetti, la pellicola tratta il tema della discriminazione razziale che si registrava nelle truppe statunitensi, contro i soldati di colore. Il tema è già stato trattato in altri due splendidi film: “Glory, Uomini di gloria” (1989) e “Men of Honor” (2000). Inoltre il tema è stato al centro di un’aspra polemica tra Clint Eastwood e lo stesso Spike Lee, con quest’ultimo che ha accusato il primo di aver girato due pellicole sulla battaglia di Iwo Jima (“Lettere da Iwo Jima” e “Flag of our fathers), senza utilizzare nemmeno un attore di colore.Il tema è affrontato in due scene topiche del film: un flash-back in cui i militari sono vittime di un episodio di discriminazione negli Stati Uniti; e un invito da parte delle truppe Naziste a disertare e a non combattere per uno stato razzista ed unirsi alle truppe tedesche.In entrambi i casi, il sentimento di discriminazione è talmente forte che i militari pensano seriamente alla diserzione, suscitando forte preoccupazione tra i graduati “bianchi”. Altro tema portante del film è l’amicizia che si instaura tra un militare statunitense (Omar Benson Miller) salva un bambino italiano (Matteo Sciabordi), e tra loro nascerà un sentimento che supererà le brutture della guerra e si rivelerà l’elemento decisivo per la trama del film. Ultimo, e in Italia diventato principale, tema affrontato dal capolavoro di Spike Lee è l’eccidio di Sant’Anna di Stazzema. La strage è compiuta dall’esercito tedesco come rappresaglia a seguito di numerosi attacchi delle formazioni partigiane. Nel film, si vedono due episodi che hanno suscitato clamore: il tradimento di un partigiano e un graduato tedesco ripetere più volte che qualora i responsabili degli attacchi si consegnino, i civili sarebbero stati risparmiati. I partigiani restano nascosti e i civili fucilati. Penso che aldilà delle sterili polemiche, i fatti vengano raccontati come storicamente accaduti: le fucilazioni tedesche avvenivano sempre dopo ripetuti attacchi partigiani, che poi scappavano sulle montagne, lasciando i civili a pagare le conseguenze (emblematico il caso delle Fosse Ardeatine, per il quale Priebke è stato condannato per un mero errore di calcolo).A questo punto, non credo che un film, o un romanzo, debbano prendere le parti di uno schieramento o dell’altro, partigiani o nazisti. Compiti di un’opera storica è riportare i fatti come sono realmente accaduti, non fare politica. Ma forse, è questo il problema in Italia: qua non si è mai fatta storia, ma solo propaganda politica, come lo stesso Spike Lee ha fatto notare in conferenza stampa. Come per tutte le opere di Spike Lee, la poesia, la storia e la vis polemica si fondono in un mix unico, che produce autentici capolavori. A livello artistico vorrei segnalare la scena in cui la preghiera viene ripresa da tutti i punti di vista dei soggetti coinvolti (espediente già usato dal regista sia in “Fa’ la cosa giusta” che ne “La 25° ora”), assolutamente toccante; e la prova maiuscola, come sempre, di un grandissimo attore italiano, Pierfrancesco Favino (“Romanzo criminale” e “Saturno contro” tanto per citare due capolavori), nel ruolo del “partigiano buono”. Assolutamente da non perdere per chi ama, o vuol scoprire, uno dei più grandi registi contemporanei, Spike Lee, per chi vuole vedere un film assolutamente poetico, e per chi vuole conoscere il punto di vista di un regista americano su un periodo della nostra storia.