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Regime di menzogna per l'ingovernabilità

di Gianfranco La Grassa - 03/11/2008

 

 

Viviamo in un chiaro – non per tutti ovviamente – regime di menzogna; ogni cosa venga detta o fatta ha un significato differente da quello che viene sbandierato nel dirla o farla. E’ in atto il tentativo – in particolare della sinistra, ma non solo – di creare un clima di caos e di ingovernabilità, gridando come al solito “al lupo” (in specie al fascismo, sempre buono per tutti gli usi da parte dei degenerati e mascalzoni, che così offendono veramente il nostro passato resistenziale). Evidentemente c’è gente che crede di poter utilmente cavalcare il caos e l’anarchia per rivolgimenti in senso ad essa favorevole degli attuali rapporti di forza, approfittando anche di una situazione di crisi che avanza.

Prima si è fatto di tutto per creare massimo disordine con l’Alitalia; e adesso si sta ritentando in tale direzione. In questo momento, ci si è però buttati a corpo morto sulla “riforma” Gelmini, che non è una vera riforma. Non accetto di parlare di questo argomento che è una pura scusa per l’anarchia e caos di cui appena detto, e per fini del tutto chiari e scoperti (per chi ragiona non per partito preso). Bastino solo due brevi considerazioni. Il can can attuale è portato avanti, e diretto, soprattutto dal settore universitario, con Rettori, baroni e studenti piuttosto in sintonia (un vero sessantotto alla rovescia); ma la (non) riforma Gelmini non dice una parola sull’Università. Si urla contro i tagli all’Istruzione e si minaccia un referendum contrario. I tagli sono stati decisi nella Legge finanziaria già approvata da tempo, e quest’ultima non è sottoponibile ad alcun referendum.

Voglio solo aggiungere – e non c’entra però con la legge Gelmini – che ritengo una vergogna ed uno spreco il come vengono spesi i soldi nel settore dell’Istruzione e in particolare per questa bolsa Università. Insisto nel dire che bisogna spostare l’asse del finanziamento verso i settori scientifico-tecnici. Questo non significa, innanzi tutto, soltanto tecnici; anzi va finanziata soprattutto la ricerca scientifica di punta e quella cosiddetta pura. Inoltre, spostare l’asse non significa affatto non dare finanziamenti ai saperi detti “umanistici”. Allora, però, si assegnino a corsi di alta filosofia, di grande letteratura (italiana e straniera), agli studi “classici” di maggior portata. Non a fabbriche di disoccupati quali sono corsi di laurea in multiculturalismo, per assistenza sociale, ecc.; non tanto per l’oggetto degli studi in sé, ma perché fanno uscire degli emeriti ignoranti, che sanno quattro cose in croce e non hanno un briciolo di professionalità, a parte il tanto “amore” per i “diseredati” e i “diversi”. Per non parlare della moltiplicazione di insegnamenti dai titoli più demenziali, istituiti solo per sistemare protetti e “allievi prediletti” dei cattedratici; e molti di questi corsi senza nemmeno studenti o quasi.

Si vorrà poi fare qualcosa per questa nostra povera lingua; so perfettamente, per esperienza personale, come vengono scritte le tesi, la difficoltà di leggerle perché, innanzitutto, bisogna “tradurle”. Ho molti conoscenti insegnanti; sono brave persone e per nulla “fannulloni”. Tuttavia, sempre più mi sento interrompere e chiedere che parola ho usato, che cosa significa. Rimango attonito perché, per me, sono termini consueti, imparati “da sempre”. Un paio d’anni fa mi sono sentito chiedere da un giovane – oggi laureato con lode – che cosa significava “adultero”, perché il contesto in cui il termine era stato usato non sembrava contemplare l’adulterazione dei cibi. Quando sento l’urlo dissennato: “la Gelmini vuol riportare la scuola indietro di cinquant’anni”, mi dico: magari!

Quanto alle proteste per la campagna contro i “fannulloni” nel settore pubblico, posso essere d’accordo sul fatto che bisognerebbe colpire “generali e colonnelli” prima di “decimare le truppe” (finora non ho comunque visto “decimazioni” di sorta). Intanto, però, diciamo che molti “comandanti” sono stati nominati dalla “sinistra” e in tale direzione sono orientati o manifestano riconoscenza. Basti pensare, come banale esempio, al duo al vertice di Trenitalia, che – almeno così ho letto sui giornali senza smentite di sorta – si “beccano”, tra tutti e due, 2 milioni di euro l’anno (naturalmente “lordi”). Inoltre, si possono contestare le eventuali manchevolezze direttive dei manager se li si dota di adeguati poteri disciplinari verso i sottoposti, altrimenti è evidente che diventa tutto un “lasciar correre”. E nel nostro apparato pubblico non esiste questo potere disciplinare, che è invece ben presente nel privato.

In ogni caso, solo in mala fede si può sostenere che tale apparato abbia una qualche efficienza; siamo a distanze stellari non solo dai paesi nordici, ma dalla Germania, Francia, Inghilterra. Non siamo affatto al “terzo mondo”, ma certamente lontanissimi dal “primo”. Senza considerare che quasi 4 milioni di impiegati pubblici – ma quanti uffici di consulenza, iniziative pseudo-culturali, o altro di consimile, vivono pressoché integralmente sulla spesa pubblica, cioè in definitiva sullo scialacquio di soldi che potrebbero essere ben più utilmente impiegati? – sono una vera esagerazione. Ed è inutile lamentarsi sulla definizione di “stipendifici”, perché la gran parte di detta spesa pubblica è impegnata proprio in quella direzione, non certo per investimenti destinati a migliorare la dotazione infrastrutturale – e dei trasporti in particolare – del nostro paese. Quindi, lasciando perdere la provocazione brunettiana dei “fannulloni”, resta il fatto che l’amministrazione pubblica va ridimensionata, ristrutturata, resa più efficiente, con totale riorganizzazione e ridirezionamento delle risorse che assorbe. Chi protesta per i propri “borbonici”, o “feudali”, piccoli privilegi è perfettamente reazionario, altro che “progressista”. 

E’ però inutile fare queste critiche perché l’obiettivo del can can è un altro; per capirlo, bisogna uscire dal frastuono e andare dietro le quinte. Non prima di avere però rilevato che il caos e l’anarchia sono adesso prediletti dalla sinistra, che ha perso le elezioni e non riesce ad individuare un progetto politico alternativo su cui costruire la sua opposizione; per cui dice solo no a tutto, e mobilita tutti gli spezzoni di società possibili (compresi sindacati come la Cgil e gli studenti delle sue “corporazioni”) per creare un clima di sfascio e ingovernabilità onde poi lanciare l’SOS di fronte agli “ultimi giorni di Pompei”. Non si deve comunque sottovalutare che anche a destra ci sono inveterati “sfascisti”, forse un po’ più mascherati. Intanto settori di An (con il loro capo in testa) che sono l’equivalente di “destra” dei rinnegati dell’ex Pci a “sinistra”. Per non parlare della “destra sociale” e dei ragazzotti che controlla, i quali vorrebbero contendere la piazza alla “sinistra”, dimostrarsi ancora più “populisti” di quest’ultima, alimentando quindi un pericoloso disordine crescente.

Anche la Lega è molto ambigua perché dedita ad un particolarismo – rischioso per l’unità del paese – che a mio avviso è una buona preparazione a qualsiasi opportunistico voltafaccia a favore di chi garantisca meglio la concessione di qualche “contentino” per i suoi militanti in merito ai miti portati avanti ormai da tanti anni. Per tutti questi motivi, non è facile che il centrodestra governativo possa mantenersi unito nel prossimo futuro; e soprattutto non lo sarà se dovesse dimostrarsi particolarmente grave la crisi che comincerà a “mordere” veramente dai primi mesi del prossimo anno. Prepariamoci all’eventuale sfascio e alla lotta fra vari raggruppamenti sociali (e dunque forze politiche), se non proprio di tutti contro tutti.

 

                                               *****

 

Qualcuno si è fatto ingannare dall’atteggiamento dei cosiddetti poteri forti, quelli che io ho sempre definito GFeID (grande finanza e industria decotta). Tutti i giornali della stessa si sono scatenati contro il Governo e a favore dei sommovimenti di piazza e sindacali: prima per la questione Alitalia, ma soprattutto adesso sulla (non) riforma Gelmini. Certamente, la nuova Presidente di Confindustria è più intelligente o astuta del fatuo e vanesio suo predecessore. Sa che attualmente il Governo – grazie ad una vittoria elettorale consistente e da essa non attesa in quelle proporzioni (vittoria poi confermata dalla “presa di Roma” e da altre elezioni parziali), oltre che dai sondaggi favorevoli fino a questo momento – è piuttosto saldamente in sella. Quindi essa giostra con furbizia e senso della tattica. Si tenga presente che la crisi finanziaria ha messo in evidenza la solo presunta – e continuamente dichiarata da Draghi e dal Governo per tranquillizzare la “gente” – solidità delle nostre banche, le quali, malgrado lo neghino ufficialmente, fanno molte difficoltà nel concedere credito soprattutto alle PMI (piccolo-medie imprese). Evidentemente, la Confindustria deve cercare di non arrivare ad un grave scollamento tra queste e la grande impresa che essa tende a rappresentare con la sua politica industriale.

Si tenga inoltre presente che già adesso la crisi – ma molto di più il prossimo anno, se dovesse aggravarsi notevolmente – ha logicamente creato rotture e fragilità nella GFeID; tra banche e industria, tra imprese industriali di settori diversi. Tuttavia, esiste pur sempre un collante comune: impedire che al Governo venga in mente di favorire i settori di punta invece che quelli decotti, di una passata stagione industriale. Si veda come sta andando oggi l’industria automobilistica (oltre al disastro combinato dall’apparato finanziario); mentre, per contrasto, si constata facilmente come si stanno muovendo bene Eni, Enel, Finmeccanica (lasciando stare gli andamenti di borsa dei loro titoli). Marchionne, se non erro, sta ancora tentando il colpaccio dei 40 miliardi di euro di finanziamento da parte della UE (ovviamente per tutte le imprese automobilistiche europee). Di fronte alla chiara – e a mio avviso provvida, ma non so quanto irrevocabile – dichiarazione di Berlusconi contraria a qualsiasi ipotesi di rottamazione, l’ad della Fiat ha risposto stizzito che non ha mai chiesto nulla al Governo (faccia di tolla, aveva chiesto finanziamenti perfino alla Regione Sicilia, che mi sembra glieli abbia anche dati); in ogni caso, tutti conoscono la ben nota storiella della “volpe e l’uva”.

Una dichiarazione come quella di Berlusconi non può non attizzargli gli odi di parte della GFeID. Tanto più questa ha da essere preoccupata per le prese di posizione berlusconiane in favore di Putin relativamente alla Georgia (e, in questo caso, non ha fatto alcuna smentita successiva secondo le sue “malsane” abitudini), che non sono certo dovute alla presunta “amicizia” con il premier russo, ma ad una scelta politica che in ogni caso aiuta gli interessi dell’Eni (affari molto consistenti con Gazprom) e della Finmeccanica (affari con la Sukhoi, ma con possibilità di ulteriori allargamenti). Gli Usa non hanno detto praticamente nulla in merito a quella presa di posizione, tenuto conto della situazione di crisi e anche di difficoltà della loro strategia imperiale mondiale; ma non ne saranno stati particolarmente soddisfatti. Si sono invece scatenati molti ambienti italiani di destra (sul degno padre di Sabina Guzzanti si può sorvolare), nettamente filo-Usa; e anche la sinistra ha mostrato il suo malumore (filoamericano), fra l’altro con il paragone veltroniano tra il nostro premier e quello russo (considerato un dittatore e un aggressore. Avete ben capito? Sarebbe stata allora la Russia ad aggredire la Georgia?).

Quanto a “quelli dell’ultrasinistra”, che non possono smentirsi quali antiamericani (con modalità tali e per ragioni che non approvo minimamente, perché le giudico puramente infantili e preconcette), hanno cominciato con l’affermare: “vedrete che domani smentirà di aver pronunciato quelle frasi filo-russe”. La smentita non è arrivata; allora, come tutti gli affetti da quell’Alzheimer che si chiama antiberlusconismo, hanno sentenziato: lo avrà fatto per suoi personali interessi. Ed io, che giudico i fatti da marxista e non in base ad antipatie personali, affermo: spero proprio che siano in gioco suoi personali interessi, così c’è qualche probabilità in più che resti saldo anche in futuro su certe prese di posizione. Del resto, non c’è nemmeno bisogno di Marx; Adam Smith sosteneva con molta lucidità – quella che è assente dai cervelli dei “sinistri” antiberlusconiani – che ci si può aspettare di essere veramente serviti di buona carne dal proprio macellaio, solo se ciò corrisponde al suo egoistico interesse, non certo perché egli abbia per noi particolare simpatia e benevolenza. Sono i “poveri di spirito” cattocomunisti a ragionare in modo contrario; bene, avranno il “Regno dei cieli”, ma “cattiva carne”.

Oggi come oggi, il duo Berlusconi-Tremonti è oggettivamente il meno grossolanamente filoamericano che ci sia in Italia; certamente filoamericano, sia chiaro, ma con qualche tentativo di allargare i propri interessi anche altrove. Contro di loro ci sono quelli della GFeID – pur se un po’ indeboliti dalla crisi e con crepe al loro interno – l’intera sinistra o quasi e buona parte della destra (perfino settori interni a FI). Di conseguenza, il suddetto duo agisce con una prudenza talmente eccessiva che indubbiamente non riuscirà a raggiungere la “massa critica” necessaria ai fini di una politica di carattere autenticamente nazionale; o, se non piace questo termine, per il sistema-paese (termine che uso io con scarso piacere).

Adesso poi che verrà eletto Obama (e con largo margine, penso sia scontato), non vi è dubbio che “i due” si troveranno ancora più “imbragati”. Su questo blog, abbiamo riportato un articolo che indicava tutti i consiglieri del nuovo presidente Usa. Vi sarà in ogni caso una revisione strategica, dati gli ultimi insuccessi e l’impossibilità di mantenere in piedi un vero “Impero” americano, ipotesi che credo definitivamente tramontata in favore della prospettiva di un graduale avvicinamento alla fase policentrica o multipolare. Tuttavia, gli Usa non rinunceranno al tentativo di ritardare con tutti i mezzi possibili la crescita di nazioni-potenza ad essa contrapposte, o “alleate” solo a patto di consistenti concessioni geopolitiche. L’Europa, per quanto appaia piuttosto serva, diventerà una zona strategicamente rilevante almeno a “occidente” e per il Medio Oriente, ma anche per tutte le zone centroasiatiche e sotto possibile (o già in atto) influenza russa. A parte resta certamente l’area asiatica e del Pacifico, e “qualche sistemata” da dare al “giardino di casa”: l’America Latina. Non crediamo comunque troppo a Obama quando sembra considerare marginale l’Europa; pur se fosse in buona fede, dovrà cambiare idea per la forza degli eventi.

Vedremo come verrà “rimpallata” la crisi tra Usa ed Europa. Appare sempre più chiaro che quest’ultima sarà sempre serva finché resterà troppo legata a patti ed organismi “comunitari”. In primo luogo, quello militare e sotto controllo statunitense che è la Nato; poi, senza dubbio, anche gli apparati dell’Unione Europea (con quell’accordo di Maastricht i cui “parametri” sono ormai assurdi), nel cui ambito tendono a pesare troppo, rispetto alla loro consistenza economico-politica effettiva, i paesi dell’est, gli ex “socialisti” e nettamente filo-Usa. Quanto più riprenderanno autonomia i paesi europei occidentali – se riusciranno nel contempo a trovare utili convergenze e un’interessata unità d’azione (almeno fra alcuni di essi) – tanto più ci sono speranze di un minimo di sganciamento di questo o quel paese dall’eccessiva dipendenza e acquiescenza rispetto alle strategie comunque tendenzialmente “globali” degli Stati Uniti.

Non sarà uno sganciamento facile; e il paese più potente – giostrando anche sulla crisi, ma utilizzando nel contempo altri metodi più “stringenti” – non lo permetterà tanto facilmente. La sinistra italiana (ma in genere quella socialdemocratica europea), così innamorata di Obama – ma lo sono perfino determinati settori del centrodestra – sarà pur sempre la migliore e più efficace quinta colonna degli interessi americani in Italia. Nel senso che sarà sempre la forza politica usata – oggi in modo nascosto e particolarmente contorto, dato l’ancor troppo recente successo elettorale del centrodestra – dalla GFeID che, essendo costituita da gruppi finanziari e industriali senza capacità concorrenziali e di punta, si pone “ai piedi” dei predominanti americani per aiutarli nei loro disegni di resistenza alla crescita delle nazioni-potenza di cui sopra detto, onde ottenere lo statuto di “alleati” privilegiati, cioè quelli pronti alla più cieca obbedienza. Sia comunque chiaro, come già rilevato, che le “quinte colonne” filo-americane saranno rinforzate da ampi settori della “destra” – ormai antinazionale – per cui è da prevedere un periodo piuttosto buio di ampio sfascio e riclassificazione delle forze in campo.

In questo contesto, i poveri residui dell’ultrasinistra – sentimentalmente anti-americani; perfino, lo ripeto, in modo preconcetto e poco sensato (perché, per me, gli Usa restano sempre un notevolissimo paese sotto tutti i punti di vista, salvo quello di voler dominare il mondo e di opporsi pervicacemente all’instaurarsi di un provvido multipolarismo) – sono destinati a ricoprire il ruolo di ruota di scorta della sinistra in funzione solo antiberlusconiana, non comprendendo nulla di nulla di ciò che sta veramente accadendo nel mondo. Poveracci: sono ancora lì a sputarsi reciprocamente addosso, disputandosi gli straccetti dell’ideologia “comunista”, senza ancora aver capito che non fu comunista nemmeno in passato, ai tempi d’oro! In una situazione di così demenziale debolezza, non può far altro che rivolgersi – malgrado lanci loro continui insulti – ai “fratelli maggiori” della sinistra socialdemocratica, la forza più filoamericana (e filosionista) oggi esistente.

Dire come finirà, è impossibile; significherebbe darsi alle profezie. Si può solo suggerire che cosa corrisponderebbe di più agli interessi dell’Italia, se questa avesse intenzione di diventare un paese autonomo, abitato da gente dignitosa e gelosa della propria indipendenza. E’ del tutto evidente che l’intera sinistra (compresa la “radicale”) non corrisponde minimamente a questi interessi; così pure la destra. Una sua buona parte è in fondo del tutto speculare alla sinistra, desidererebbe fare come quest’ultima, movimentando la piazza e manifestando la più ottusa mancanza di idee politiche nel vero senso della parola (cioè progetti di largo respiro). Anche i “circoli” che, magari per propri precipui interessi, potrebbero dar corda ai nostri settori industriali più avanzati, non sono né consistenti né così decisi in una politica di vera autonomia; essi sono inoltre troppo fedeli agli Usa e, in fondo, si barcameneranno sempre tra due opposte sponde strategiche, tra cui dovrebbe invece essere compiuta una scelta decisa; lo voglio ribadire ancora una volta: non per antiamericanismo preconcetto ma per la preferenza verso un mondo multipolare (non bipolare, sia detto senza mezzi termini).

Quindi occorrerebbe la nascita di una forza politica – se del caso, persino due in netta antitesi, come spesso accade all’interno di una formazione particolare (paese) – che vada appunto nella direzione di una trasformazione sociale consona all’autonomia. Non sto parlando della “rivoluzione comunista”, mi si intenda bene, per carità. Anzi, non bisogna farsi mettere steccati da certi imbonitori, residui di un’altra epoca, che cercano di resuscitare qualche sparuto gruppo di zombi per riconquistare piccole quote del mercato elettorale. Esistono gruppi di individui ragionanti, certo con ascendenze teoriche e politiche molto differenti. Il dialogo non è facile ma certamente, se non si infila un ideologismo dopo l’altro, qualcosa si può fare. Ognuno di noi, evidentemente, è orientato da una ideologia. Tuttavia, vi sono quelli per cui questa è una religione con incartapecoriti dogmi che dovrebbero sempre suscitare le vecchie, e ormai sterili, contrapposizioni. Vi sono altri che sanno riflettere sul proprio pregresso background teorico e culturale (e dunque ideologico) onde valutarne i limiti e l’irreversibile decrepitezza.

Ciò non significa abbandonare lo spirito critico, che deve restare assai vigile (in questo senso, diffido profondamente degli ambientalisti catastrofisti, dei decrescisti, dei cattocomunisti tanto “amorevoli” verso “diseredati e diversi”). Il dialogo è comunque aperto al di fuori dei vecchi schemi, senza impaurirsi degli ostracismi e scomuniche dei fedeli delle vecchie “chiesuole”. Cominciamo a discutere, escludendo dal nostro orizzonte soltanto l’ormai stucchevole politically correct. Cerchiamo invece di essere scorrettissimi; tanto più lo saremo, tanto più dialogheremo e uniremo forze un tempo impensabili. Siamo ad un tornante estremamente pericoloso: forze reazionarie – con mille tentacoli avvinghiate disperatamente ai settori della sfera “pubblica”, il vero centro d’irradiazione del cancro che corrode la società italiana – sono all’opera per alimentare una violenza disgregante onde poi pescare nel torbido.

Non mi si obietti scioccamente che comunque il “pubblico” è necessario. Stiamo parlando di quello svedese o danese, di quello tedesco o francese, o di quello italiano? Ci riferiamo alle partecipazioni dello Stato in Eni e Finmeccanica (né Scaroni né Guarguaglini sono proprietari privati delle stesse) o del torpido e inefficiente apparato scolastico e universitario dove si sprecano risorse a gogò? Vogliamo incrementare alcuni centri eccellenti di ricerca (rarissimi in Italia) o buttare via soldi per studi che nulla hanno di scientifico o per iniziative pseudoculturali che servono a dare qualche “mancia” ad “amici” e collettori di voti? Ecc. ecc. “Privato” e “pubblico” sono le due grandi menzogne; la prima diffusa dalla destra liberista, la seconda dalla sinistra e dalla destra “sociale” o, detto meglio, clientelare. Lo ribadisco: viviamo in un regime di menzogna, in cui si fanno e dicono certe “cose”, il cui reale significato – nascosto ai più – è l’esatto contrario di quello che vien fatto apparire. Attenti ai bugiardi!

 

PS C.V.D. Leggo adesso in internet: Gasparri apre: “Siamo disponibili al dialogo con studenti e rettori”. Formigoni: “La legge non preveda soltanto tagli”. Veltroni: “Discutiamo se bloccano i tagli”. Casini: “Lavoriamo insieme”. Il disegno di chi ci fa vivere in un clima di menzogne e di “falsi significati”, per pescare nel torbido, è in pieno svolgimento. E, come rilevavo, vi partecipano sinistra e destra. Per quanto mi riguarda, questi loschi figuri non hanno segreti malgrado i loro contorti maneggi, assolutamente meschini e di scarsa intelligenza ma adatti alla situazione in cui si sta “trascinando” un paese disfatto come il nostro; e con quel po’ po’ di cancro rappresentato da chi vive (e sono milioni, compreso l’intero ceto politico) a spese del “pubblico”, pesando sulle spalle di altri milioni che – si spera – troveranno la forza di finalmente “incazzarsi”. Se qualcuno volesse prendere atto delle sporche (e menzognere) manovre in corso, non sarebbe male.