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Le persone, l'Onda e le agorà

di faremondo - 03/11/2008

Fonte: faremondo

 

Cielo della terra

d'ora in avanti

ogni anno è un premio

 

Yotaro Issa

 

Non se ne sono accorti o quasi. Il loro "mestiere" (di giornalisti e simili) è altro, da gran tempo. A parte qualche eccezione, di cui diremo, gli eventi italiani di queste ultime settimane vengono letti "slegati", nemmeno un po' di stucco fra le mattonelle. Dunque dalle fessure, o "fughe", come significativamente le chiamano quelli di questo mestiere (senza virgolette perché è ben diverso dal "mestiere" dei signorotti sopra) ci si può insinuare in profondità. E vedere anche ciò che non si può vedere: che gli studenti-genitori-insegnanti hanno compreso e toccato qualcosa di allarmante per le agenzie del Potere, così come avevano fatto quelli che nell'aprile scorso si erano politicamente rifiutati di andare a votare e i tanti partecipanti ai V-day per nulla sedotti dal grillo pifferaio, come per mesi molti dipendenti di Alitalia e i sindacati di base il 17 ottobre...

Un'unica notizia vogliamo proporvi qui: tutti quelli che hanno compreso e toccato si ribellano alla sottrazione di futuro impacchettata ad oltranza dai dominanti, alla certezza di essere già – genitori-figli-nipoti – condannati alla precarietà non tanto del "lavoro" ma dell'intera vita. Tanto più in una Monnezza Italia, paese non diverso da altri, dove i dominanti hanno giocato sporco come altrove, trascinandosi tuttavia dietro una massa di manovra forse più numerosa e "convinta" che altrove.

Non è poco, per i tempi. Per questo la notizia non la si deve dare e, se qualcuno la dà, non la si deve far girare.

Meglio discettare a vanvera sul Nuovo Sessantotto o Settantasette, meglio coprire tutto il davanti della scena con gli scontri tra studenti "di sinistra" e "di destra" indotti dalle veline di un ottuagenario Agente a vita del Potere... La forca mediatica si è messa qualche altro velo mentre qualcuno dei soliti noti veniva lasciato cadere. Ma stavolta il trucco non è pienamente riuscito. L'operazione di recupero corporativo, politica e sindacale insieme, ha fatto flop con la semplice faccia di Veltroni alla testa della parata insabbiante del 30 ottobre. E, almeno a questo giro, hanno perso loro tutti insieme, "la destra di governo" del muscolare sbandieratore di Arcore e "la sinistra di piazza" prontamente riversatasi a nera macchia di petrolio sopra l'Onda appena nata.

Sulla scena sono invece comparse persone che pongono la domanda di futuro negata da tutte le "risposte" politiche e culturali provenienti dalle agenzie del Potere. Persone a loro modo consapevoli dell'ulteriore, enorme saccheggio che i centri finanziari dominanti stanno organizzando ai danni delle moltitudini planetarie con il capestro della spazzatura (la crisi dei mercati, delle banche e dei loro mutui), che potrebbe rapidamente mutarsi in guerra di distruzione (capacità produttiva ed esseri umani) in caso di "intoppi" o "resistenze".

Proviamo a ragionare: cosa sta succedendo a queste persone che apparentemente vanno in piazza contro i provvedimenti di una maestrina ministro? Essere consapevoli della sottrazione di futuro provoca due tipi di "risveglio". Diradata la primitiva foschia depressiva (quando ancora nel profondo dell'anima si coltiva l'illusione "io speriamo che me la cavo"), finisce di colpo l'automatismo indotto della delega, la visione della democrazia senza partecipazione. E quasi subito, con un salto, si riacquista una certa stima di sé come persona che insieme agli altri può fare qualcosa per scongiurare una catastrofe già segnata nella tavola delle leggi di questo mondo. Di questi due tipi di "risveglio" si preoccupano le agenzie del Potere. Non della "difesa" del tempo pieno (che potrebbero anche lasciare così com'è), non della lotta contro le classi-ponte (che in questi anni hanno bellamente lasciato proliferare nelle diseguaglianze competitive all'interno dei gruppi-classe, anche davanti a due o più insegnanti...).

Ha ben ragione Carlo Bertani (una di quelle rare eccezioni) ad insistere sull'importanza dello slogan sentito in molte piazze: "Noi non pagheremo la vostra crisi". (1) Dove la consapevolezza sta finalmente dal lato del noi, noi che dobbiamo riprendere ad immaginare un altro futuro se vogliamo vivere, mentre dal lato della vostra crisi nessuno di noi si riempirà più la bocca con l'inevitabile crollo del capitalismo nella sua metastasi terminale, né con tutto il contorno di disarmanti paralisi cognitive ed autoassoluzioni preventive dispensate da noti maîtres à penser mediatici.

Questo noi consapevole lo diventerà ancora di più e meglio se non si farà più sedurre da quei meccanismi della delega che sono le elezioni e la partecipazione (cammellata o convinta) ai rituali di piazza scelti dai dominanti. Di più (e sappiamo di toccare qui un nervo scoperto): sarà ancora meglio se questo noi comincerà a disertare il corpo a corpo di piazza anche quando a proporlo sono i cosiddetti "settori antagonisti", perché anche in questo caso è facile (quasi inevitabile, vista la "potenza degli agenti" e dopo lo spartiacque di nome 11 settembre...) cadere nella trappola delle agenzie del Potere (strumentalizzazione, infiltrazione di provocatori, repressione, svuotamento mediatico e tutto il dejà vu almeno da Genova 2001, se proprio vogliamo lasciare sullo sfondo l'armamentario stragista italiano precedente, da Portella della Ginestra in poi...).

Occorrono dunque altre strategie, altre pensate, sui "luoghi" e sulle "forme". E occorrono soprattutto occasioni in cui questo noi consapevole possa esercitarsi in dialogo senza rissa, alla presenza delle persone intere (quindi non solo in rete). Delle agorà, insomma, dove pensano insieme gli uguali con tutte le loro diverse esperienze e "competenze". Delle agorà da dove nessuno delegherà l'organizzazione del cambiamento ai "poteri pubblici e democratici" (come vorrebbe Giulietto Chiesa) o ad altra élite illuminata, per la semplice ragione che l'architettura decisionale mondiale (auspicata dallo stesso Chiesa) in grado di mettere in atto dentro la catastrofe misure contro la catastrofe dovrà formarsi all'interno delle agorà e mai fuoriuscire dalle stesse. (2)

Su questo punto non ci possono essere equivoci o fraintendimenti. Altrimenti si è già morti in partenza, s'innesta da subito il déjà vu e l'autocontradditorio Paolo Barnard (che sull'11-9 ripete funesto lo schermo di fumo del gatekeeper magno Noam Chomsky) finisce per aver ragione quando scrive che bisogna "riportare le persone al centro" togliendo spazio a tutti i "personaggi" (lui compreso, ovviamente). (3)

Che cosa potrà fare quest'Onda di persone lo vedremo strada facendo. Combinati come siamo, d'ora in avanti ogni anno è un premio, come disse in modo sublime Yotaro Issa. Scampate per un momento all'assalto della marea nera, in attesa di nuovi agguati mediatici le persone dell'Onda potrebbero cominciare a riunirsi in agorà. Cielo della terra: per pensare.

 

(1) C. Bertani, Il grande convoglio, sul binario morto, in www.carlobertani.blogspot.com, primo novembre 2008.

(2) Per la posizione di G. Chiesa si veda, da ultimo, l'articolo Fine corsa, apparso su www.megachip.info il 27 ottobre 2008.

(3) Questa istanza Barnard la pone in ogni suo intervento e compiutamente nel suo sito, www.paolobarnard.info, in particolare nel saggio L'informazione è Noi, apparso sullo stesso sito il 18 maggio 2008.