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Obama penserà alle prossime sette generazioni?

di Stefano Montanari - 07/11/2008

    
  
 

 

E adesso Barack Obama potrà tirare un sospirone di sollievo. Mica perché ha vinto le elezioni: che la cosa non avvenisse era quasi impossibile. E, infatti, è regolarmente avvenuta. Il sollievo sta nella rassicurazione che il nostro Silvio manda al suo più giovane collega: “ Tu sei un pivellino, ma non ti preoccupare, appena i miei impegni celesti e terreni mi consentiranno un attimo, faccio un salto da te e ti spiego come gira il mondo.” Questo, in buona sostanza, quanto il nostro divino premier mandato tra noi a miracol mostrare, come avrebbe cantato l’Alighieri, ha esternato stamattina alla radio di regime.

Di contro, c’è una piccola preoccupazione: Gasparri, forse non divino ma terreno in modo autorevole, ha levato la sua voce e ha intimato all’intimidito Barack di dargli senza por tempo in mezzo spiegazioni: è vero o no che lui e Bin Laden sono pappa e ciccia? Diciamoci la verità, quando il nostro statista Maurizio ruggisce c’è di che tremare alle vene e ai polsi.

Dall’altra parte dell’Olimpo, quella dove abitano gli sguatteri e i palafrenieri, il tenue Veltroni, in una breve licenza premio dal suo coma vigile, ci ha fatto sapere che in USA è come se avesse vinto lui, l’antico marxista che delle sue simpatie liberali americanofile non ha mai fatto mistero. Una po’ di qua e un po’ di là, pacatamente. Vabbè, il senso del ridicolo non abita lì.

Insomma, Obama ha fatto felici tutti.

E io? Io sono felice? Non lo so.

Gli Stati Uniti d’America sono al momento di gran lunga il maschio dominante nel branco di lupi che è la società degli uomini e, approfittando della loro prerogativa, una prerogativa che si conquista a suon di morsi, fanno un po’ il bello e il cattivo tempo. Ogni quattro anni, da repubblica a regime presidenziale, gli USA eleggono (con sistemi demenziali) un presidente cui sono affidati amplissimi poteri, ma questo solamente sulla carta. Come da noi dove, nel nostro piccolo, quando si tratta di porcherie non siamo secondi a nessuno, in effetti chi comanda laggiù sono gruppi economici la cui influenza soverchia quella di qualsiasi presidente. Senza menzionare i fin troppo menzionati fabbricanti e mercanti d’armi o i petrolieri, basta dare un’occhiata a chi timona l’economia nel settore alimentare. Un presidente sta in carica al massimo quattro più quattro anni. Questi sono lì da decenni e non ci sarà elezione che tenga. Quello maneggia i quattrini pubblici che sono, tutto sommato, dispiegati su di un tavolo alla luce del sole e sui quali, almeno là, si deve rendere conto. Questi maneggiano fondi propri, e tanti, tantissimi, con tutto ciò che il fatto comporta. Sono loro, queste persone di cui il frequentatore delle TV non ha mai visto la faccia, che pesano su decisioni gravissime, dalle relazioni con un paese straniero fino ad una dichiarazione di guerra.

Dunque, come è sempre accaduto, Barack Obama avrà un grado di libertà che sarà tutt’altro che infinito e temo che non ci sarà da farsi soverchie illusioni: per il mondo nuovo, per improrogabile che sia, non è ancora arrivato il momento.

Alcuni mesi fa Per il Bene Comune fu citato nel blog di Obama come esempio di vittima dell’arroganza di quel paese da operetta  tragicomica che è l’Italia. Poi, a fine maggio, ad un convegno in Grecia, io, candidato premier bocciato senza appello, ebbi diversi incontri con Jason Olive che fa parte dello staff del nuovo presidente. Ieri l’ho contattato per congratularmi e per esprimere la mia preghiera. Certo, io non ho la divinità del celeste cavaliere né l’autorità di statista di Maurizio Gasparri, e nemmeno ho vinto con lui, l'"uomo più potente del mondo" (?), come ha fatto, invece, il linfatico Walter, ma il diritto ad una preghiera non si nega a nessuno.

È vero che il mondo è affetto da una collezione di patologie che sfuggono ad ogni conta: da una crisi economica e finanziaria, peraltro prevedibilissima, che non ha possibilità di guarigione a decine di guerre ormai cronicizzate. Ma si tratta di contingenze che, in un modo o nell’altro, e non è detto che sia nel verso del meglio, in tempi più o meno lunghi finiranno. Ciò che non ha un andamento ciclico e di cui non esiste soluzione possibile, invece, è l’inquinamento della Terra unito all’esaurimento delle risorse energetiche. Grazie all’azione devastante di politici che non posso esimermi dal definire criminali e alla complicità di scienziati che sarebbero a loro agio in un film espressionista tedesco degli Anni Venti, noi abbiamo preteso di prevaricare le leggi fondamentali della Natura, abbiamo saccheggiato le scarse risorse energetiche del pianeta sterilizzandolo e abbiamo avvelenato in modo irreversibile aria, acqua e terra, sperperando il patrimonio dei nostri figli. Gli Stati Uniti sono tra i maggiori responsabili di questa devastazione, tanto che è noto il calcolo: se ognuno di noi si comportasse come gli americani, non basterebbero sette pianeti come il nostro per darci energia e per contenere l’immondizia.

Di questo ho chiesto a Jason Olive di farsi portavoce, che Barack Obama si comporti come un capo pellerossa: ogni decisione sia presa pensando alle prossime sette generazioni.

Tra le altre cose, Jason mi ha risposto che se da questa elezione, per tanti versi epocale, non ci saranno segni evidenti di risveglio, significherà che tutto il sistema ha un assoluto bisognio di una revisione.

Io, che di santi in paradiso non ne ho, che non sono uno statista all’italiana e che non ho vinto nulla, prego.