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Kosovo: lo status quo scricchiola con l’accordo Eulex

di Milo Drulovic e Simone Santini - 19/11/2008





stretta di  manoÈ arrivato, contro molte aspettative, l’accordo tra Unione Europea e Serbia sulla missione Eulex, il cui compito sarà quello, dopo un passaggio di poteri, di sostituire l’UNMIK nell’amministrazione del Kosovo, la provincia che si dibatte tra autonomia ed indipendenza da Belgrado e per cui si combatté una lacerante guerra nel 1999, nel cuore dei Balcani e dell’Europa.
Da allora lo status del Kosovo è garantito dalla risoluzione 1244 dell’ONU, che prevedeva il dispiegamento di una autorità civile denominata
UNMIK, con personale delle Nazioni Unite per i settori di polizia, giustizia e amministrazione civile, e della UE per la ricostruzione e sviluppo economico. L’UNMIK è coadiuvata da una forza di sicurezza (KFOR) composta da truppe NATO, circa 16mila soldati attualmente sotto il comando del generale italiano Giuseppe Emilio Gay.

Eulex(European Union Rule of Law Mission in Kosovo) sarà una struttura amministrativa europea di circa 2mila uomini, composta da forze di polizia, magistrati, avvocati e personale di dogana, che dovrebbe garantire la gestione amministrativa della provincia durante il periodo di transizione fino alla definizione finale dello status del Kosovo. Eulex erediterà dunque i compiti già svolti dalla UNMIK ma dovrebbe implementare anche funzioni che erano state previste nel 2007 dal piano del diplomatico finlandese Martti Ahtisaari, già negoziatore insieme al russo Viktor Cernomyrdin del trattato di pace tra Nato e Jugoslavia che mise fine alla guerra del ’99.
Proprio la natura e i compiti della Eulex sono stati oggetto di fortissime tensioni tra Unione Europea, Serbia, e  Kosovo, auto-proclamatosi stato indipendente lo scorso febbraio. Infatti, nella definizione giuridica della missione Eulex si può nascondere il riconoscimento, o meno, della provincia quale entità statale di fatto.
La
Risoluzione ONU-1244, pur decretando sul Kosovo un protettorato politico/militare, sanciva il riconoscimento della integrità territoriale della (ancora) Jugoslavia. Nella primavera dello scorso anno Ahtisaari presentava invece all’ONU un piano che prevedeva la sostanziale indipendenza di Pristina, pur dopo un periodo di transizione. Il piano fu bloccato, oltre che per la scontata opposizione della Serbia, dall’intervento energico della Russia in seno al Consiglio delle Nazioni Unite che minacciò la richiesta dell’integrale adozione della risoluzione 1244. Ed il problema sta proprio qui: quanto rivive nella missione Eulex del piano Ahtissari, e quanto rimane della risoluzione 1244 che addirittura prevedeva, dopo sei anni, il ritorno del controllo sul Kosovo da parte della Jugoslavia?
La Serbia aveva stabilito una condizione essenziale per l’accettazione dell’Eulex. La dichiarazione di neutralità della missione, ovvero che si restasse nell’ambito della risoluzione 1244. Tale condizione pare essere stata pienamente accolta. Pierre Mirel, responsabile per i Balcani occidentali della Commissione Europea, ha dichiarato che Eulex: “deve rimanere una missione neutrale e non aver alcun collegamento con il piano Ahtisaari”.
Pristina è insorta. Il premier Hashim Thaci ha dichiarato che se la missione avesse questa natura non potrebbe mai essere accettata dai kosovari perché lederebbe profondamente i loro interessi. Anzi, Eulex potrebbe essere la benvenuta solo in quanto missione in “rappresentanza” dell’Unione Europea all’interno di uno stato sovrano, quale è il Kosovo dopo la proclamata indipendenza. Ma aldilà delle parole altisonanti, ciò che preoccupa maggiormente Thaci è che nell’accordo accettato dai serbi si fa riferimento (com’è anche attualmente con l’UNMIK) alla creazione, nella regione kosovara ancora abitata dai serbi, di una entità amministrativa con funzioni di polizia in coordinamento con la missione internazionale ma il cui capo verrà designato dai comandanti dell’esercito serbo. E se a questo si abbina la disposizione secondo cui le entrate doganali saranno ad appannaggio delle comunità locali, e solo residualmente andranno a Pristina, ecco che nei territori serbo-kosovari potrebbe costituirsi un nucleo di governo autonomo e autosufficiente sganciato dal potere centrale kosovaro-albanese.
La posta in gioco in questa partita si fa dunque alta, e non priva di forti ambiguità su tutti i lati della scacchiera. Sul fronte europeo, se da un lato il ministro degli Esteri francese (la Francia è presidente di turno della UE), Bernard Kouchner, preme sui kosovari dichiarando essere “molto strano che la missione venga rifiutata da coloro che di una tale missione hanno più bisogno”, la presidente della delegazione europea per l’Europa Sud Orientale, Doris Pack, dice: “la missione Eulex implementa il piano Ahtisaari ma non pregiudica lo Status del Kosovo perché rispetta innanzitutto la risoluzione ONU 1244”, ovvero lega insieme due statuizioni oggettivamente inconciliabili mettendo in allarme i serbi. Il presidente Tadic si è infatti affrettato a precisare che “ci troviamo ancora in quella fase in cui le nostre proposte per la riconfigurazione della missione internazionale sono state accettate, ma su garanzia delle dichiarazioni dei funzionari e dei rappresentanti dell’UE. Tuttavia, fin quando non avremmo delle garanzie scritte, non esisterà nessun accordo”.
Ai serbi non sfugge infatti che oltre l’approvazione europea, per partire l’Eulex necessiterà del via libera dell’Onu, ed in tale sede potrebbero essere fatte anche modifiche non marginali. A Belgrado ricordano bene quando nelle trattative di Rambouillet, nel 1999, venne inserito all’ultimo momento negli accordi una clausola che prevedeva la possibilità di ingresso delle truppe Nato su tutto il territorio jugoslavo (non solo in Kosovo) con una giurisdizione che di fatto svuotava il Paese di sovranità, e ciò allo scopo di ricevere un NO alle trattative da parte di Belgrado che aprisse la strada all’intervento armato.
Ma l’opposizione serba non si fida nemmeno del presidente Tadic, che ha recentemente prospettato “la partizione del Kosovo su linee etniche se tutte le altre opzioni dovessero fallire”, ovvero la divisione in due del Kosovo, il nord serbo che dovrebbe tornare sotto Belgrado ed il sud albanese indipendente. In fondo la missione Eulex potrebbe rappresentare, in nuce, proprio tale situazione. Prioritario per Tadic non è infatti tanto il destino del Kosovo, quanto l’ingresso della Serbia nella Unione Europea, considerato elemento strategico per il futuro del paese. Per questo l’ex premier Kostunica, ora all’opposizione, ha voluto precisare non senza celare diffidenza e polemica che “se siamo tutti dell’idea che il Kosovo è Serbia, dobbiamo difendere la posizione che la Serbia farà parte dell’UE solo con Kosovo e Metohija”, ovvero la parte occidentale del Kosovo, ricca di monasteri greco-ortodossi, considerata la culla della civiltà slava-ortodossa.
Ma differenze e possibili doppi giochi non mancano neppure sul lato kosovaro-albanese. I due uomini forti di Pristina vengono entrambi dall’Uck, la guerriglia che combatté in armi contro Belgrado per l’indipendenza, e su cui non sono mancate le accuse, da parte di istituzioni internazionali come l’interpol, di traffici criminali, e che ora possono considerarsi come fratelli/coltelli appartenenti a fazioni contrapposte.
L’attuale premier Hashim Thaci fonda il suo potere sull’appoggio americano e protegge gli estremisti islamici insediati nella vallata di Drenica. Ancora più colorito il passato dell’ex premier Ramush Haradinaj, che ha la sua roccaforte nel Kosmet e dove vengono registrati i maggiori flussi di traffici illeciti in direzione Montenegro ed Albania. Haradinaj è rientrato in patria nell’aprile del 2008 dopo essere stato assolto dal Tribunale dell’Aja, che lo giudicava per crimini di guerra, per insufficienza di prove. In realtà gran parte dei suoi accusatori e testimoni a sfavore erano stati fatti sparire o avevano nel frattempo ritrattato le accuse. Haradinaj si era dimesso da premier e consegnato spontaneamente alla giustizia internazionale per affrontare il processo. Ora che è di nuovo al posto di comando, sono molti a domandarsi quali forme prenderà la lotta per il potere a Pristina.
Nella fase di transizione tra UNMIK ed Eulex si dovrà tenere conto di tutti questi elementi.