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Islanda, è crisi nera

di Luca Galassi - 27/11/2008




Inflazione più 17 percento, prezzi degli alimenti più 30 percento. E primi scontri di piazza

Da circa un mese l'Islanda sta affrontando la peggiore crisi economica della sua storia. Ieri l'inflazione è salita al 17 percento rispetto a un mese fa, mentre i prezzi sono aumentati del 30,6 percento. Lunedì il governo ha superato il voto di sfiducia dell'opposizione, e nel fine settimana alcuni manifestanti di un corteo iniziato di fronte al Parlamento hanno protestato di fronte alla stazione di polizia di Reijkiavik, scontrandosi con alcuni agenti che li hanno dispersi con gas al peperoncino. Si tratta di eventi piuttosto rari in uno dei Paesi fino a qualche mese fa con il più alto Pil per capite d'Europa e il costo della vita tra i più cari del mondo.

Secondo gli economisti, il tasso di inflazione potrebbe salire oltre il 20 percento. Come contromisura, oltre al prestito di 10 miliardi di dollari accordato dal Fondo monetario internazionale (Fmi), la banca centrale europea ha deciso di mantenere i tassi di interesse al 18 percento, il più alto d'Europa. I tassi erano stati innalzati il mese scorso di sei punti, dietro raccomandazione del Fmi, per mantenere la corona stabile nonostante molti proprietari di immobili siano già indebitati fino al collo. PEr il 2009 è prevista una contrazione economica del 10 percento. La crisi ha investito sia il sistema creditizio che la moneta. Le banche sono in una delicata fase di ricostruzione - le tre principali sono state assorbite dallo Stato - ma il commercio con la corona ha subito una battuta di arresto, creando non pochi problemi per gli investitori. La banca centrale, secondo il capo del mercato monetario, Petter Sandgren, ha un sufficiente fondo di valuta straniera, grazie ai prestiti del Fmi e di alcuni Paesi europei, e questo dovrebbe essere sufficiente per stabilizzare la corona.

Da un punto di vista politico, la possibilità di nuove elezioni non è un evento da escludere, soprattutto in seguito alla micro-crisi di governo di lunedì scorso. L'Islanda è governata da una coalizione formata dal partito per l'indipendenza guidato dal Primo ministro Geir Haarde e dall'Alleanza socialdemocratica, alla cui testa è il ministro degli Esteri Ingibjorg Gisladottir. I due partiti controllano 43 dei 63 seggi parlamentari. Ogni ipotesi di elezioni anticipate prevede una spaccatura nella coalizione, eventualità esclusa al momento da Gisladottir. L'avvio di un possibile percorso di adesione all'Unione Europea, vista di buon grado dalla maggioranza della popolazione, è stato paventato anche dallo stesso Primo ministro conservatore, che ha cambiato posizione negli ultimi mesi, incaricando una commissione di esperti di valutarne la fattibilità.

Tornando all'economia, la domanda che si pongono gli esperti è sul lungo periodo: il dopo-crisi assomiglierà più a una 'L', dove all'improvviso collasso seguirà una lenta stabilizzazione, o più a una 'V', dove la ripresa sarà repentina più di quanto si creda? Il direttore del mercato monetario, Sandgren, sostiene che la crisi islandese sarà diversa da quella per esempio dell'Argentina, in quanto l'Islanda ha una forza lavoro altamente qualificata, solide strutture legali, dinamismo. La ripresa - a suo giudizio - durerà qualche anno, e non qualche decina, come molti sostengono.