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USA meno l’auto…

di Riccardo Torsoli - 16/12/2008

 

Nel IV trimestre 2008, gli economisti si aspettano una contrazione del 4% del Pil americano e una disoccupazione attorno all’8%, roba da brividi, con questi numeri non si parla più di recessione semplice ma di recessione feroce o profonda, ma se dovessero fallire le tre grandi case automobilistiche americane ovvero Ford, Chrysler e General Motors, oppure solo le ultime due, si potrebbe parlare senza alcun timore di depressione economica e apertamente di un disastro sociale con gli oltre 3 milioni di nuovi disoccupati  tra dipendenti diretti quelli delle aziende dell’indotto che potrebbero collassare istantaneamente. Per lo stato del Michigan e per la sua capitale Detroit, la Torino americana, chiamata la capitale mondiale dell’industria automobilistica il contraccolpo economico e sociale potrebbe risultare quasi mortale con l’ aumento dei senza lavoro ed il conseguente crollo del gettito fiscale e dei prezzi degli immobili, ma soprattutto sarebbe la fine del sogno americano, la più grande azienda del mondo come per decenni è stata la General Motorsgeneralmotorsboblutz_fondo-magazine e tuttora la prima azienda automobilistica al mondo per fatturato, chiusa per fallimento, che shock! Un’ America senza Cadillac, senza Pontiac, senza Chevrolet è come un un cielo stellato senza luna, impossibile, impensabile.

 

 

L’opinione pubblica americana, in queste settimane, ha aperto un notevole dibattito su quello che l’industria automobilistica è stata e rappresenta oggi per il paese, sulla bassa qualità dei manufatti rispetto ai concorrenti soprattutto quelli del sol levante, sui costi di produzione fortemente più alti e quindi meno competitivi, sulla mancanza di innovazione e sulla rigidità da parte dei sindacati, ma su una cosa tutti convergono ovvero che l’ industria automobilistica americana ha prodotto la cosiddetta classe media che ha spinto il paese a stelle a strisce ad essere uno dei paesi più benestanti del mondo e, a quanto pare, a termine.

 

 

La situazione finanziaria oggi è la seguente: General Motors brucia 1 miliardo di cassa al mese ed ha chiesto apertamente al congresso 4 miliardi di dollari entro fine mese altrimenti rischia l’insolvenza e una linea di credito di almeno 14 miliardi nel 2009 da restituire in comode rate solo a partire dal 2011, Chrysler che è l’unica che non è quotata sul mercato borsistico e che quindi non ha bilanci pubblici, ha richiesto 7 miliardi entro fine mese altrimenti potrebbe fallire entro i primi mesi del 2009, Ford, che avrebbe cassa per resistere anche nel 2009 senza infusioni pubbliche, ha comunque richiesto 9 miliardi nel 2009, tutte le case automobilistiche hanno comunicato di utilizzare parte di questi fondi in grandi progetti di innovazione di prodotto soprattutto nel settore delle macchine ibride ed elettriche, intanto però le varie case stanno chiudendo impianti a catena mettendo alla porta decina di migliaia di lavoratori e stanno chiedendo ai sindacati (UAW - United Automobile Workers) grandissimi sacrifici per i lavoratori.

 

 

Il presidente della UAW Ron Gettelfinger avrebbe concesso di praticare una sostanziale diminuizione dei salari dei lavoratori, tagliando drasticamente i costi per le pensioni, per l’assistenza medica e per la sicurezza, per portarli allo stesso livello a cui sono sottoposti i lavoratori americani degli impianti delle marche giapponesi, finisce così l’epoca dei lavoratori ‘privilegiati’ nel comparto auto così come in Alitalia alla fine pagano solo i lavoratori che vengono ricattati ad accettare salari e condizioni sempre più bassi, mentre chi ha effettivamente sbagliato strategia ed indirizzo industriale riceve compensi milionari e buonuscite suntuose. Nel 1933, Henry Ford per combattere la disoccupazione e la grande crisi che attanagliava la grande industria automobilistica e non solo, propose e mise in atto, aumenti salariari oggi invece per uscire fuori dalla crisi si va in direzione diametralmente opposta, questo ci fa capire come la depressione di oggi sia molto più grave di quella vissuta circa ottanta anni fà.

 

 

Mr. Rick Wagoner, Mr. Alan Mullaly e Mr. Robert Nardelli rispettivamente amministratore delegato di General Motors, Ford e Chrysler alla prima udienza presso il Congresso Americano si erano presentato addirittura con i jets privati delle rispettive compagnie, suscitando l’irritazione dei deputati e senatori americani e solo dopo una forte pressione dell’opinione pubblica hanno acconsentito sia a tagliare il loro stipendio da decine di milioni di dollari l’anno a 1$ per il 2009 sia a presentarsi a Capitol Hill a bordo dei modelli di macchina ibrida delle loro aziende, confermando che la serietà e il buon senso sono completamenti assenti ai piani alti delle società americane.

 

 

Il congresso americano ha , per adesso, ascoltato le richieste da parte degli amministratori ma ha declinato qualsiasi utilizzo del fondo da 700 miliardi di dollari già stanziati qualche settimana fa, quei fondi, hanno sottolineato, sono destinati al salvataggio del sistema finanziario e non possono essere utilizzati per l’industria produttiva, insomma le banche hanno una corsia preferenziale, soprattutto perchè sono ampiamente rappresentate nelle amministrazioni siagm-logo_fondo-magazine di Bush che di Obama. Il salvataggio, quindi, dovrà essere finanziato con nuovi stanziamenti e si richiede a General Motors e a Chrysler non solo importanti piani di ristrutturazione ma anche pare circoli la voce che sia richiesto un probabile fallimento pilotato in modo da commissariare le aziende e imporre in maniera coatta le amare pillole che i lavoratori dovranno inghiottire, il sogno americano è finito rimangono i conti da pagare e pagano sempre i lavoratori.

 

 

Un fallimento comunque, benchè spiani la situazione da un punto di vista legislativo, produrrebbe importanti ripercussioni nel mercato dell’auto, nessuno comprerebbe un auto da un produttore in odore di amministrazione controllata e trascinerebbe nel baratro anche la Ford, per non pensare alle devastanti conseguenze anche fuori dagli Stati Uniti non bisogna dimenticarsi che la General Motors possiede la tedesca Opel e Ford possiede la svedese Saab e che molti impianti delle tre sorelle americane sono presenti soprattutto in Europa. Il governo svedese ha già acconsentito a prestare ingenti fondi per il salvataggio della Saab ed è disposta anche a rilevare l’intera azienda svedese, ma la Svezia lo può fare non essendo un membro dell’area euro, il problema è molto più grande per quanto riguarda il governo tedesco che sta monitorizzando molto preoccupata la situazione ed è pronta al piano di salvataggio della Opel nel caso ce ne fosse la necessità, ci sono a rischio 100.000 lavoratori tedeschi (26.000 diretti e 75.000 nell’indotto).

 

 

Le lobby automobilistiche americane al Congresso sono già state allertate e sono in piena attività per risolvere la situazione. Non va dimenticato che le tre sorelle americane danno molti fondi sia ai democratici che ai repubblicani e intanto Barack Obama, davanti alla peggioramento sul fronte disoccupazionale, avverte che la situazione peggiorerà ancora, forse una profezia? Non è dato sapersi, ma intanto il Pentagono ha dato il via ad un dispiegamento di truppe di fanteria all’interno paese in deroga al Posse Comitatus Act del 1878 con compiti di difesa interna, prevenzione del terrorismo e calamità naturali. Sono tempi interessanti quelli che stiamo vivendo, molto interessanti.

 

 

 

 

 


 

 

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