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Per essere buoni e intelligenti, facciamoci del bene.

di Stefano Montanari - 17/12/2008

    
  
 

 

Non lo so perché, ma a Natale pare che dobbiamo essere tutti più buoni. Per 364 giorni ne facciamo di cotte e di crude e poi, per un giorno, magari rincretiniti dall’eccesso di proteine, grassi e carboidrati della notte precedente, il tutto sciolto in alcool etilico quanto basta, vediamo di non nuocere.

Vabbè, meglio un giorno che niente. 

Il 25 dicembre, nello Sturm und Drang di bontà, per passeggero che sia, benefichiamo pure il prossimo con qualche regalo, e su questo punto ci sarebbe qualcosa da dire. 

Intanto, chi è il prossimo? La domanda non è certo nuova, tanto che una ventina di secoli fa, stando al Vangelo di Luca, uno scriba la pose a Gesù, e da lì la famosa parabola del buon samaritano.

 

Tecnicamente il prossimo è chi ci sta accanto, ma in questo mondo nuovo che ci siamo costruiti intorno, un mondo improvvisamente troppo piccolo, pare non esserci soluzione di continuità tra noi, chi ci sta accanto, chi sta accanto a questo e così via in una catena di qualche miliardo d’individui. E questi individui generano altri individui destinati a vivere nel mondo che i primi hanno allestito per loro. In un palcoscenico di questo genere diventa difficile distinguere il bene di uno rispetto ad un altro, così come avviene in un organismo fatto di cellule: se una di queste è in sofferenza, è automatico che il malessere si trasferirà, prima o poi, alla cellula prossima, innescando una catena tutt’altro che virtuosa. Nel mondo complesso degli uomini accade che una cellula prosperi mentre le sue vicine se la passano maluccio, ma la cosa è del tutto occasionale e temporanea. 

 

Veniamo al concreto e facciamo un solo esempio: se io mi arricchisco (perché questo pare essere il criterio dello stare bene) facendo porcherie come si sta facendo ora un po’ dovunque con la costruzione d’impianti demenziali per (mal)trattare i rifiuti, è a dir poco ingenuo pensare che le conseguenze di questo mio atto criminale tocchino solo le altre cellule, le altre persone, di cui sto approfittando. Il mezzo di coltura il cui noi viviamo è, lo si voglia o no, uguale per tutti, e, se questo mezzo è avvelenato, lo è per tutti senza distinzione.

 

 E, allora,

cerchiamo di essere non solo occasionalmente buoni, ma anche intelligenti (vedi Socrate), vestendo legittimamente le insegne di Principi del Creato così come ci piace tanto, nella nostra buffa spocchia, agghindarci. Il bene che si fa al prossimo sia bene sul serio e, se lo sarà, sarà un regalo fatto pure a noi stessi e, quel che più importa, a chi ci seguirà. 

Purtroppo fare del bene in un contesto simile costa sotto tanti aspetti e uno di questi è, ahimé, quello monetario. Se vogliamo cominciare a tappare le falle che noi stessi abbiamo aperto, non c’è altra scelta che dirottare le risorse che abbiamo finora dedicato ad altro, senz’altro meno importante, a questa necessità assoluta.

 

Chi segue questo blog, chi viene alle mie conferenze, sa benissimo che qui non si fa altro. E sa altrettanto bene che siamo sempre con l’acqua alla gola dal punto di vista economico. Insomma, sa che, se non ci si dà una mano, di falle ne tapperemo ben poche. 

Allora, la proposta. Nell’attesa di essere in grado di aprire una raccolta fondi (noi non siamo inseriti nelle “maratone” di tipo Telethon su cui vi prego davvero di non chiedermi opinioni) vi propongo di fare regali che portino del bene a tutti, voi compresi. Io ho scritto un libro che si chiama Il Girone delle Polveri Sottili. Lì racconto tante cose che, almeno negl’intenti miei, dovrebbero servire a far conoscere certi aspetti delle ingiurie cui stiamo sottoponendo l’ambiente, dove con la parola ambiente intendo anche quello sociale. La sua lettura potrebbe sortire qualche effetto benefico. Uno sarà senz’altro quello di convogliare almeno un po’ di denaro alla nostra ricerca, perché tutti i proventi derivati dalle vendite finiscono lì. Purtroppo la distribuzione nelle librerie è alquanto carente e per l’acquisto è opportuno rivolgersi direttamente all’editore. 

 

Stesso discorso per l’altro libro, quello intitolato Lo Stivale di Barabba, che è una collezione di testimonianze preziose sui problemi ambientali scritte per tutti da addetti ai lavori e che io ho coordinato. In questo caso si tratta di un e-book che si scarica direttamente da Internet. 

Perché non regalare qualche copia di quei libri che cosano come una pizza non solo agli amici ma anche ai nostri amministratori, imponendo loro l’obbligo di lettura? Potrebbe essere che un amministratore onesto (sperando che non si tratti di un ossimoro) cominci almeno a mettersi dei dubbi.