Il tradimento coniugale sta perdendo interesse. È anche un effetto delle crisi economiche, come il crollo nella domanda di prostitute/i, e di pornografia in generale. Comportamenti divenuti meno attraenti non solo perché ci sono meno soldi ma soprattutto perché tutti hanno altro a cui pensare.
Della caduta di prestigio del tradimento fa parte anche la sdrammatizzazione datane dal cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, che ha invitato il coniuge tradito a tollerare e perdonare. Si tratta naturalmente di una posizione non nuova: il perdono è da sempre al centro della vita cristiana. Finora però, nelle posizioni pubbliche, la Chiesa aveva messo sempre al primo piano la condanna del tradimento, non il perdono per chi lo compie. E poiché di solito la Chiesa ha molto saldamente il polso dei comportamenti del suo gregge, questa tolleranza più esplicita significa probabilmente almeno due cose. Da una parte che vescovi e pastori si stanno accorgendo che il tradimento è un comportamento in via di indebolimento, che ha perso molta della sua carica eversiva. Dall’altra che ci sono comportamenti e situazioni oggi più pericolose, per l’individuo e per la famiglia.

Qualcosa di simile, insomma, a quanto risulta anche dagli incontri psicologici, e psicoanalitici. Non che non si tradisca più: l’infedeltà nei confronti del partner, sia nei fidanzamenti che nelle coppie di fatto o nel matrimonio, è certamente elevata (anche se non sappiamo esattamente quanto fosse diffusa già prima, quando non si praticavano ancora le rilevazioni statistiche dei comportamenti intimi). La sua diffusione, però, tende a diminuirne l’intensità emotiva e sentimentale, ad abbassarla al rango di merendina, di sigaretta fumata quando si è deciso di smettere, insomma di consumo come un altro, spesso riconosciuto come tale da chi lo adotta.
Anche il presidente della Commissione episcopale italiana, del resto, tende a presentare il tradimento un po’ come un consumo, utilizzato ampiamente per via dell’offerta particolarmente vasta. Infatti scrive nella sua lettera pastorale: «Le occasioni di altre sponde disponibili, che promettono emozioni nuove sono presenti ovunque». È quindi relativamente facile coglierne una, ma non è certo il caso, secondo il cardinale, ma anche secondo molti psicologi, di mettere sullo stesso piano il tradimento e la famiglia, e mandare in aria la seconda perché si è verificato il primo, mangiando la merendina, eccitante ma indigesta.
Il vero problema, per lo psicologo (ma anche per molti cardinali), è piuttosto un altro. Vale a dire la difficoltà, sempre più diffusa tra uomini e donne, di appassionarsi davvero all’incontro con l’altro, di prenderlo sul serio, di metterci tutto il proprio cuore. Nel gergo psicologico, si descrive questa situazione dicendo che sempre meno persone sono capaci di una «relazione oggettuale», di vedere cioé l’altro come un vero oggetto d’amore. È una difficoltà caratteristica delle forme narcisistiche (oggi le più diffuse), dove si è interessati solo a se stessi e sostanzialmente incapaci di un vero incontro.
Infatti, il tradimento-merendina accompagna il più delle volte un matrimonio di cui si è stufi, perché vissuto come non abbastanza exciting e appagante, troppo impegnativo, e poco di intrattenimento.
Entrambi, tradimento-merendina e matrimonio-mamma, dove l’altro dovrebbe porgerci costantemente il seno, sono il prodotto di un’idea dell’amore fast food, pieno di sostanze eccitanti aggiunte, di veloce consumo, e basso costo.
È l’incapacità di amare il vero problema.