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Palestinesi sotto assedio

di Eugenio Roscini Vitali - 31/12/2008

 

Bloccare i razzi Qassam per far cadere il regime di Hamas e costringere il movimento islamico a lasciare la Striscia di Gaza nelle mani di Fatah e del presidente Abu Mazen: questi gli obiettivi di Israele che, dopo tre giorni di bombardamenti, dichiara l'area intorno a Gaza zona militare chiusa e parla ormai di “prima fase di una guerra totale ad Hamas ed ai suoi simili”. Che il fine ultimo dell’operazione “piombo fuso” sia quello di smantellare la struttura politico militare che attualmente governa la Striscia, lo conferma lo stesso vice-premier israeliano, Haim Ramon, che da Gerusalemme parla apertamente di immediata cessazione delle attività militari a patto che qualcuno prenda il posto di Hamas nella Striscia. In caso contrario, e qui a parlare è il vice Capo di stato maggiore delle Forze di Difesa, Dan Harel, il peggio potrebbe non essere ancora arrivato. A settantadue ore dall’inizio dell’attacco il bilancio, peraltro provvisorio, è di 325 morti e 1600 feriti; in base ai dati raccolti negli ospedali dal personale della United Nations Relief and Works Agency, tra le vittime ci sarebbero almeno 57 civili.

Da parte israeliana il premier Ehud Olmert ha fatto sapere che l'operazione militare andrà avanti fino a che la popolazione della parte meridionale di Israele non vivrà più nel terrore e nella paura. Stessi toni da parte del ministro degli Esteri, Tzipi Livni, la quale ha dichiarato che lo Stato ebraico ha fatto di tutto per evitare l’opzione militare: Israele si è trovato costretto a difendere i cittadini ebrei che vivono a ridosso del confine palestinese dagli attacchi di Hamas che invece continua con il lancio di razzi Qassam contro le scuole e gli asili “in cerca di bambini da uccidere”. Sta di fatto che l’aviazione israeliana sta ampliando la lista degli obiettivi e dopo il porto, il commissariato di Elgewzet (intorno al quale sorgono almeno tre scuole), le caserme, gli arsenali bellici e le basi di addestramento, gli aerei da guerra hanno colpito l’università, dove si presume venissero costruiti e modificati i Qassam e i Katyusha. Stessa sorte per il ministero dell'Interno, che supervisiona i 13 mila membri delle forze di sicurezza, il valico di Rafah, dove sono stati interrotti molti dei tunnel che collegano la Striscia al Sinai egiziano e le case di almeno due importanti comandanti del braccio armato di Hamas, dove sono stati uccisi diversi loro familiari. Citando il rischio di lancio di razzi palestinesi, Israele ha appunto dichiarato le aree di confine “zona militare chiusa” ed ha ordinato ai giornalisti di allontanarsi: una notizia che potrebbe preannunciare l’inizio di un eventuale assalto terrestre.

Secondo Hamas, il cui portavoce Fawzi Barhoum ha esortato i gruppi palestinesi ad usare “ogni mezzo” (compreso il martirio) per colpire Israele, sarebbero 180 i militanti uccisi nei bombardamenti. Il resto delle oltre 300 vittime sarebbero civili, tra loro decine di donne e bambini. Per ora le Brigate Al-Quds e le Brigate Ezzeddin hanno risposto all’attacco israeliano con un fitto lancio di razzi che in tre giorni ha causato la morte di cinque israeliani: colpito il kibbutz di Nahal Oz, dove un uomo è morto ed un'altra persona è rimasta gravemente ferita; la città di Ashdod, 38 chilometri dal confine settentrionale, dove un Grad da 122 millimetri ha centrato una stazione di autobus ferendo cinque persone, una delle quali una donna, poi deceduta; un cantiere della città di Ashkelon dove un razzo ha ucciso un manovale beduino, originario del Neghev, e ha ferito altre 15 persone. Uccisi anche un soldato israeliano che si trovava in una base militare al confine con la Striscia di Gaza e un civile, centrato una casa nella cittadina di Netivot. C’è poi da registrare quello che gli israeliani hanno definito un attacco “terroristico”: il ferimento di tre ebrei, uno dei quali versa in gravi condizioni, accoltellati da un palestinese nella colonia di Kiryat Arba, in Cisgiordania.

Per quanto riguarda la situazione sanitaria, a Gaza e in tutti gli ospedali della Striscia la situazione è al collasso. Nonostante il Cairo abbia deciso di schierare diecimila soldati lungo la linea di confine, sono decine i feriti palestinese che sono entrati nel Sinai, così come è stata effettuata la consegna di viveri e medicinali per gli ospedali della Striscia. Dal mare non riescono invece ad arrivare aiuti: partita dal porto cipriota di Larnaca, la Dignity, barca del movimento pacifista internazionale “The Free Gaza Movement”, è stata speronata e gravemente danneggiata da una motovedetta della Marina israeliana mentre si trovava in acque internazionali a largo di Haifa. Carica di aiuti umanitari diretti alla popolazione di Gaza e con a bordo un ortopedico britannico, un chirurgo tedesco e un chirurgo pediatra cipriota, la Dignity ha fatto poi rotta verso il Libano. Unico valico aperto per la Striscia è quello di Kerem Shalom, attraverso il quale il governo israeliano ha autorizzato il passaggio di un centinaio di camion carichi di medicine e generi di prima necessità inviati dalla Turchia, dalla Giordania e da altre organizzazioni umanitarie.

Nelle ultime ore i razzi Qassam hanno colpito Sderot, la sala del Consiglio regionale del kibbutz di Sha'ar Hanegev, le comunità di Kiryat Malachi e Kyriat Gat, Be'er Sheva e il villaggio israeliano di Rahat, nel Neghev occidentale, la località più a est mai raggiunta dai missili palestinesi. Sul fronte opposto, al valico di Erez, i grossi carri armati delle Forze di Difesa scaldano i motori; unità di paracadutisti e soldati della fanteria sono pronti all’invasione terrestre mentre in Israele sono stati richiamati 6500 riservisti. Intanto, mentre a Parigi la diplomazia europea cerca una soluzione al conflitto e invita le parti ad un immediato cessate il fuoco, il mondo arabo si spacca: da Beirut sud, roccaforte di Hezbollah, Hassan Nasrallah usa toni di guerra contro lo Stato ebraico e condanna molto duramente l’atteggiamento di alcuni paesi arabi che etichetta come collaborazionisti con il nemico. Un chiaro messaggio al presidente egiziano, Hosni Mubarak, che non ha intenzione di aprire completamente al traffico il valico di Rafah fin quando l'Autorità Nazionale palestinese non riprenderà il controllo del posto di frontiera.

Nemmeno l’Iran rimane indifferente a quanto accade a Gaza e da Teheran la guida suprema, l’Ayatollah Khamenei, proclama una giornata di lutto nazionale, mentre il governo istituisce un tribunale speciale che ha il compito di giudicare e condannare in contumacia i cittadini israeliani coinvolti a vario titolo nell'offensiva militare contro la Striscia. In Cisgiordania la rivolta di una parte della popolazione palestinese si stringe intorno alla solidarietà per le vittime dei bombardamenti e le sempre divise fazioni di Fatah ed Hamas tornano a parlare lo stesso linguaggio.