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Kamut e le scelte del consumatore tra leggenda, marketing e realtà

di Daria Casali - 26/01/2009

Il Kamut è un cereale ricco di proteine, amminoacidi, vitamine e minerali e lo troviamo sempre più spesso negli scaffali dei negozi biologici e nelle cucine di consumatori attenti ai principi di una corretta alimentazione. Alcuni GAS - gruppi di acquisto solidale - tuttavia, stanno prendendo in considerazione farine alternative. Vediamo perché.

 


Chicchi di Kamut

 

Il Kamut è un cereale, un antenato del grano duro moderno, le cui origini si fanno risalire alla zona della Mezzaluna Fertile, la regione situata fra l'Egitto e la Mesopotamia; il nome infatti deriva da Ka'moet che nella lingua egizia antica significava “anima della terra”.

Questo cereale è ricco di proteine, amminoacidi, vitamine e minerali ed è caratterizzato da un alto livello di digeribilità.

Il Kamut viene prodotto esclusivamente tramite coltivazione biologica in diverse aree del mondo, nell'ambito del sostegno agli agricoltori biologici mediante progetti agricoli regionali durevoli.

Tuttavia alcuni GAS (Gruppi d'Acquisto Solidale) italiani stanno cominciando a parlare di “boicottaggio felice del Kamut” interrogandosi sull'opportunità di acquistarlo oppure scegliere alternative che possano soddisfare maggiormente i criteri su cui si basano le scelte dei prodotti e dei produttori, quali ad esempio il chilometro zero, la preferenza per piccoli produttori locali, acquisto di prodotti etici, biologici ed ecologici ponendo attenzione anche alle condizioni dei lavoratori.

Kamut®: un marchio registrato

La riflessione inizia dal nome: non è infatti corretto riferirsi a questo grano antico scrivendo “Kamut” ma bisognerebbe identificarlo così: “Kamut®”. La differenza è questo simbolo “®” alla fine della parola. Il simbolo identifica un marchio registrato, un brevetto, posseduto dalla società americana Kamut International. Sul sito dell'azienda troviamo che Kamut® “è un marchio registrato utilizzato per commercializzare il cereale e i prodotti derivati da questo cereale, con standard di qualità garantiti. E’ solo attraverso l’uso del marchio registrato che queste caratteristiche possono essere garantite. Coloro i quali desiderano utilizzare il marchio registrato, devono siglare un accordo di licenza d’uso del marchio, applicare e rispettare gli standard di qualità richiesti e accettare un controllo da parte di organi indipendenti.

Questo è fatto a beneficio dei consumatori, trasformatori e agricoltori. Benefici per i consumatori: elevato contenuto di proteine e selenio. Per chi è ipersensibile al grano comune, i prodotti a base di Kamut possono offrire una soluzione.

Benefici per i trasformatori: standard di qualità chiari e controlli indipendenti assicurano una qualità eccellente e prevengono la competizione illegale.

Benefici per gli agricoltori: buoni prezzi e mercato sicuro”.

C'è da chiedersi, d'altra parte, se ha senso brevettare un prodotto che è frutto della natura e che viene quindi definito e considerato “un marchio di fabbrica”, per il quale è necessario stipulare licenze d'uso e che prevede Royalty: “Su ogni chilogrammo di grano a marchio Kamut venduto, una percentuale è trattenuta per la ricerca, promozione e protezione della purezza e della qualità del grano a marchio Kamut e prodotti a marchio Kamut.”

Luogo di produzione

Il secondo motivo che spinge alcuni GAS a non acquistare prodotti a marchio Kamut® è il luogo di produzione.

 

Farina di Kamut
Torte realizzate con la farina di kamut
Il Kamut® viene coltivato, esclusivamente sotto contratto, negli Stati Uniti nell’area nord-orientale e centrale del Montana, nell’area nord occidentale del Nord-Dakota, e in Canada negli stati d’Alberta e del Saskatchewan.

 

Sono stati fatti dei tentativi di coltivare il grano Kamut® in altre aree del mondo (Australia, Argentina, Egitto) ma l'azienda è rimasta delusa per la scarsità dei raccolti e a causa della scarsa qualità del prodotto. Anche in Europa (Ungheria, Austria, Germania, Spagna) e in Italia (Italia Settentrionale, Umbria e Sicilia) furono fatti dei tentativi ma senza esito positivo: “Nel 1994 furono collocati alcuni campi sperimentali nell'area del delta del Po non lontano da Bologna. La coltivazione del Kamut® si rivelò economicamente insostenibile, a causa dei raccolti veramente scarsi. Altri test a Colatone, sud di Pisa, dettero raccolti di qualità così bassa da essere inaccettabili”.

Quindi, dato che la produzione odierna di Kamut® è limitata alle Grandi Pianure semi aride del Montana, di Alberta e del Saskatchewan, significa che le farine vengono lavorate e trasformate anche da aziende locali italiane ma provengono quasi totalmente dall'estero.

Questo significa per molti GAS entrare in contraddizione con i propri principi di scelta dei prodotti e dei produttori perché in genere si preferisce acquistare, se possibile, prodotti locali e cercare di accorciare la filiera in tutti modi saltando gli intermediari e prediligendo il chilometro zero.

Un compromesso per riuscire ad avere cereali di buona qualità dal punto di vista nutrizionale e biologici ma senza doverli importare d'oltre oceano potrebbe essere quello di cercare i tantissimi produttori biologici di farine di grano duro e tenero che abbiamo nel nostro territorio e capire quali varietà offre il mercato italiano regione per regione, aiutando le aziende agricole locali a commerciare prodotti altrettanto buoni, biologici e derivati dalla macina di semi coltivati con cura e rispetto delle tradizioni anche se, e soprattutto se, si tratta di semi di grano non contraddistinti da alcun marchio registrato.