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La Fiat e la crisi. Come prima più di prima…

di Carlo Gambescia - 28/01/2009

 


Non è sicuramente sfuggita ai nostri lettori la continuità destra-sinistra della politica governativa nei riguardi della Fiat e del settore automobilistico italiano ( da anni dépendance degli eredi Agnelli... ).
Infatti, come per i governi precedenti, anche quello attuale parla solo di rottamazioni e sostegno alla domanda di autovetture. Anche i sindacati sembrano muoversi sulla stessa lunghezza d’onda. Mentre in realtà, come riconoscono gli storici dell’economia, a partire persino da un moderato come Castronovo, la Fiat e il comparto automobilistico hanno condizionato pesantemente, soprattutto nel secondo dopoguerra, lo sviluppo economico italiano.
E qui si pensi solo alla costruzione di autostrade, bretelle, “sottobretelle” e ai conseguenti processi di urbanizzazione selvaggia delle grandi periferie. Per non parlare del grave deficit ambientale e socioculturale provocato dell’inquinamento e dalla diffusione di un aggressivo modello di vita consumistico, legato al ridicolo status symbol delle quattro automobili per famiglia.
Molti invece sostengono, a cominciare dal sindacato, che si è trattato del giusto prezzo da pagare alla modernità e al progresso. Dal momento che il grande sviluppo del settore automobilistico avrebbe favorito l’occupazione e la conseguente sindacalizzazione dell’operaio italiano, finalmente divenuto consapevole dei suoi diritti, grazie alla catena di montaggio Fiat. Amen.
E così, oggi, invece di investire nella produzione di nuove forme di energia pulita e di trasporto collettivo ed ecologicamente “dolce”, si discute seriosamente del necessario sostegno alla domanda di automobili inquinanti... Che vergogna.
In questo senso Berlusconi e Prodi pari sono. Ma anche gli stessi italiani potrebbero, anzi dovrebbero farsi sentire. O no?