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Italia: il paradiso dei politici

di Eugenio Orso - 03/02/2009

Al politico di mestiere, abituato a distribuire chiacchiere e ad alimentarsi con le
pubbliche risorse, non conviene andare - che ne so - in Danimarca, dove da sempre i
parlamentari sono molto meno pagati dei loro omologhi italiani, oppure negli Stati
Uniti d'America, dove i ministri dell'amministrazione federale si dimettono [è
accaduto durante la trista era di G.W. Bush] perché devono mandare i figli ad un buon
college e non guadagnano a sufficienza, nel loro pur importante ruolo.

Men che meno l'astuto politico di mestiere, che vuol continuare ad evitare il lavoro
senza rinunciare a benefit e redditi elevati, deve mettere piede sul suolo sloveno,
perché in questi giorni i ministri dell'esecutivo di Ljubljana si sono tagliati la
paga, a partire dal corrente mese, di 215 euro ...

Non è certo la soluzione decisiva per i problemi che la crisi comporta anche nella
piccola e ordinata Slovenia, ma è indice di senso di responsabilità, nei confronti
dei cittadini di quel paese, e di una certa moralità di chi copre importanti cariche
pubbliche.

Doti sconosciute, queste ultime, ai politici più pasciuti e meglio trattati del
mondo, anche se poi si rivelano immancabilmente i più immorali e i più inefficienti:
quelli italiani.

Infatti, basta aprire un quotidiano per apprendere che il premier sloveno Borut
Pahor - assumiamo questo termine di paragone, perché d'attualità - arriva a
guadagnare poco più di seimila euro lordi mensili, più o meno quanto i suoi ministri,
con un tenore di vita, in quel paese, di poco inferiore a quello italiano.

Niente di paragonabile, dunque, al costo di un Berlusconi che è già straricco di suo, e
tanto meno a quello del celebre dormiente del Quirinale, il presidente della
repubblica Giorgio Napolitano, al quale spettano - a titolo di compenso,
trascurando le numerose spese che il nostro con la sua semplice presenza genera - più
di duecentomila euro lordi l'anno ... che moltiplicati per i sette anni di mandato
fanno una cifra non male, tanto da rappresentare i sette anni delle vacche grasse di
craxiana memoria, ma soltanto per il presidente in carica e relativa consorte!

A prescindere dal fatto che una parte più che significativa della retribuzione di un
deputato o di un senatore italiano è dovuta ai miserabili trucchetti dei rimborsi
spese, comprese quelle riguardanti i rapporti con gli elettori, e che gli
euro-parlamentari italiani sono i meglio pagati dell'assemblea [tanto paghiamo
noi, non la mitica Europa dell'unione], non possiamo non rilevare che i pregevoli
parlamentari italiani - fregandosene bellamente di una situazione sociale e
occupazionale difficile, dalle fosche prospettive future - si sono di recente
concessi, all'unanimità, un aumento stipendiale di ben 1.135 euro mensili, che per
loro saranno anche noccioline, visti i cachet al quali sono abituati, ma che per un
lavoratore metalmeccanico rappresentano praticamente una mensilità intera.

Del resto, l'italiano che ha la sfortuna di non essere "occupato in politica"
l'abbonamento a piscine e palestre se lo deve pagare di tasca sua - esattamente come il
biglietto dell'autobus - mentre per i "nostri" parlamentari tutto questo è gratuito
e, più in generale, ogni cosa è ormai oggetto d'immeritato benefit.

E non si creda che a livello di enti locali, quali ad esempio le regioni, le cose siano
molto diverse.

Prendo come esempio il consiglio della regione a statuto speciale Friuli Venezia
Giulia [regione in cui vivo], in cui di recente è scoppiato l'inquietante e grottesco
caso dei "consiglieri regionali a vita", indicativo di come la degenerazione che
parte dal centro ha ormai investito in pieno anche la remota periferia, per non dire la
profonda provincia del paese.

L'antefatto è che nella citata regione vige una disposizione che impedisce ai
consiglieri regionali di restare in carica per più di quindici anni [l'equivalente
di tre legislature] e la pietra dello scandalo è rappresentata da alcuni furbetti del
gruppo consiliare del PdL che ne hanno proposto l'abolizione, adducendo
motivazioni sospette e fumose - quale, ad esempio, quella di voler "liberare" la
politica da lacci e laccioli - e tentando il blitz proprio nel momento in cui i nostri
occhi sono sempre di più puntati sul rapido deteriorasi della situazione economica e
sociale.

La cosa, per fortuna, non è passata inosservata ed ha suscitato reazioni politiche,
all'interno della stessa maggioranza come dell'opposizione, finendo in bella
evidenza sui giornali locali.

Il presidente del consiglio regionale, Edouard Ballaman, di provenienza e di fede
leghista, si è opposto in ossequio al suo elettorato visceralmente anti-politico,
come pure il cartello del Pd, al quale non è sembrato vero di poter attaccare
l'avversario dopo la cocente, doppia sconfitta elettorale dello scorso anno, in
occasione delle politiche e delle amministrative.

All'interno dello stesso PdL, vista la malaparata e la risonanza mediatica del
miserando casus belli, sono nati dissensi e lo stesso coordinatore regionale del
cartello, Isidoro Gottardo - accortosi che la cosa avrebbe fatto perdere consensi a
cappellate - ha tagliato la testa al toro sventando il proditorio abbattimento dei
tre mandati, ma si è ben guardato di condannare duramente l'iniziativa ... infatti,
il nostro si è limitato a dire che la questione in oggetto non è urgente, non è
politicamente opportuna e non rientra nei patti.

C'è da essere certi, comunque e vista la sostanza morale dei politici autoctoni, che
in futuro tale "liberalizzazione" dei mandati potrà essere riproposta e forse, in un
momento di generale distrazione dovuto alla crisi e alla disoccupazione che avanza
ad ampie falcate, riusciranno a farla passare, garantendosi - oltre al lucroso
cachet di non meno di sei mila euro mensili - anche il posto a vita.

Alla faccia del popolo che li elegge e soffre, che soffre e che continua - per un mix di
stupidità, disperazione e mancanza di vera alternative - ad eleggerli.

E' l'Italia, dunque, il vero paradiso dei politici, meglio se avidi e incapaci ...
purtroppo per noi!