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Perchè Ahmadinejad vuole le scuse dell'America

di Sergio Romano - 04/02/2009


Leggo sul Corriere che il presidente iraniano ha chiesto che Obama domandi scusa per i «crimini Usa degli ultimi sessant'anni», fra i quali la compartecipazione al golpe che rovesciò il primo ministro Mossadeq, «colpevole» di aver nazionalizzato l'industria petrolifera da sempre in mano agli inglesi. Qual è la sua opinione? È vero quello che dice il presidente iraniano? Se è vero, potrà/saprà/dovrà il presidente Obama chiedere scusa?

Massimo Serventi
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Caro Serventi,
Il colpo di Stato di cui parla Ahmadinejad è quello con cui la Cia e i servizi britannici, nel 1953, dettero un contributo decisivo al rovesciamento del governo del primo ministro Mohammed Mossadeq. Per comprendere quegli avvenimenti occorre tornare agli anni della Seconda guerra mondiale, quando l'Iran divenne pedina di un gioco politico ed economico di cui furono protagonisti la Germania hitleriana, l'Unione Sovietica e la Gran Bretagna. Dopo l'invasione tedesca dell'Urss, nella fase in cui era possibile temere che la Wehrmacht giungesse rapidamente al Caucaso e al Caspio, gli inglesi e i sovietici si affrettarono a occupare l'Iran e costrinsero lo Scià Reza Khan ad abdicare in favore del figlio Mohammed Reza Pahlevi. Terminata la guerra, l'Iran divenne di fatto, grazie alla posizione privilegiata dell'Anglo-Iranian Oil Company nell'economia nazionale, un satellite britannico. E la Gran Bretagna fu di conseguenza il nemico contro cui crebbe e si irrobustì da allora il nazionalismo iraniano.
L'uomo che prese la guida di questi sentimenti nazionali fu un vecchio politico (era nato nel 1881), Mohammed Mossadeq, emotivo, lacrimoso e demagogico, ma capace di trascinare i suoi connazionali nella lotta contro il «colonialismo britannico» e la società petrolifera che ne era l'espressione. Se vorrà avere una buona idea di ciò che accadde in quella fase della politica iraniana, caro Serventi, potrà leggere una buona «Storia dell'Iran 1890-2008» di Farian Sabahi, apparsa ora in una nuova edizione aggiornata presso l'editore Bruno Mondadori. Sabahi ricostruisce bene il clima politico della società iraniana nella fase che precedette la nazionalizzazione dell'Anglo- Iranian, la formazione del governo Mossadeq e la partenza dello Scià Reza Pahlevi per Roma dove trascorse il suo primo, breve esilio.
Mossadeq aveva molti nemici in patria, e ancora di più riuscì a crearne con lo stile imprevedibile, isterico e sussultorio del suo governo. Ma gli avversari non sarebbero riusciti a sbarazzarsi di lui se il colpo di Stato non fosse stato organizzato e finanziato dall'esterno. Il disegno fu prevalentemente britannico, ma l'operazione fu condotta dalla Cia. Mossadeq venne arrestato e condannato a tre anni di isolamento. Il suo ministro degli Esteri fu giustiziato. Lo Scià tornò in patria e divenne da quel momento il migliore alleato degli Stati Uniti nella regione. È probabile che Mossadeq, come ricorda Farian Sabahi, non avesse le doti necessarie per governare il Paese in quella difficile transizione dalla sudditanza all'indipendenza. Ma la brutale interferenza britannica e americana aprì una ferita nella coscienza nazionale e una forte ostilità, soprattutto negli ambienti religiosi, contro uno Scià che doveva il suo trono agli stranieri. A queste considerazioni occorre aggiungere che nella guerra fra l'Iraq e l'Iran (1980-1988), l'Iraq di Saddam Hussein fu assistito militarmente e finanziariamente dagli Stati Uniti. Quando pretende le scuse dell'America, Ahmadinejad sa di toccare un tasto a cui la maggioranza degli iraniani, anche se contrari al regime degli Ayatollah, sono sensibili.