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Schiavi del desiderio e bravi consumatori, ecco l’ideale totalitario che insidia l’uomo

di Jacques Ellul - 09/02/2009

     
 
 
 
Lo storico e filosofo Jacques Ellul espresse, negli anni settanta, una radicale critica al consumismo e alla tecnica quale generatrice di desideri artificiosi. In occasione della ripubblicazione de Il sistema tecnico, un brano del saggio, in cui Ellul affronta sia la questione del rapporto fra desiderio e tecnica sia del concetto di falsa libertà di scelta possibile nella società consumista.

L’anti-Leviatano di Ellul

Jacques Ellul (Bordeaux, 1912 - 1994), storico e filosofo, studioso del diritto e di teologia, ha condotto per tutta la vita una battaglia contro le conseguenze dell’uso immorale della tecnica. Come raccontò, senza diffondersi in particolari, il 10 agosto 1930 ebbe la «rivelazione di Dio» e da quel momento non lascerà più la fede protestante. Grazie a Bernard Charbonneau si avvicina al personalismo, il gruppo raccolto intorno alla rivista «Esprit» , fondata nel 1932 da Emmanuel Mounier, e con Charbonneau firma nel 1935 il manifesto, le «Directives pour un manifeste personnaliste». Nel 1937 sposò Yvette Lensvelt, da cui ebbe quattro figli: Jean, Simon, Yves e Dominique. Nello stesso anno iniziò la sua carriera accademica come lettore di diritto all’Università di Montpellier e l’anno dopo in quella di Strasburgo, intanto che collaborava alle riviste protestanti «Le Semeur» e «Foi et Vie»; nel 1939 passò ancora all’Università di Clermont- Ferrand e l’anno dopo gli fu revocata la cattedra dal governo di Vichy. Per vivere, si trasferì con la famiglia a Martres, nella Gironda, improvvisandosi agricoltore; aderì alla Resistenza e, con la liberazione della Francia, nel 1944 fu nominato professore di diritto nell’Università di Bordeaux, dove rimase fino al pensionamento nel 1980. Il suo manuale di diritto «Storia delle istituzioni» (Mursia) è ormai un classico sempre ristampato, ma in realtà il pensiero filosofico di Ellul era stato fino a qualche anno fa rimosso, in quanto accusato di eccessivo pessimismo dai bempensanti della cultura laica e razionalista. Le critiche di Ellul alla società tecnologica, dove la tecnica da mezzo diventa fine e sottomette l’uomo alle sue regole, e al consumismo come effetto di un desiderio che incentiva il metabolismo stesso della tecnica, trovarono sistemazione definitiva nel libro «Il sistema tecnico» del 1977, che esce oggi in libreria da Jaca Book e dal quale pubblichiamo alcuni brani delle conclusioni.

Non capisco l’opinione di alcuni che esaltano il desiderio vedendovi la forma dell’indipendenza, della liberazione dell’uomo in rapporto all’universo tecnico come se oggi il desiderio potesse avere altro oggetto e altro mezzo di realizzazione che la tecnica! È un’ingenuità parlare dello scatenamento del desiderio come espressione umana in mezzo al rigore organizzato della società tecnica. [...] La tecnica non è solo assoggettante e rigorosa nel modo semplicistico in cui viene sempre rappresentata: essa è «liberatrice», facendo entrare più profondamente nel sistema tecnico. Ma si cerca di opporre desiderio e tecnica, di fare del desiderio la scappatoia, la risposta, l’apertura del possibile basandosi sulle analisi di Freud. Ciò è doppiamente ingannevole e porta in realtà ad assumere una posizione metafisica. È vero che il desiderio è fondamentale e supera infinitamente tutte le realizzazioni, che spinge l’uomo ad avanzare senza tregua e che tutto ciò che oggi soddisfa il desiderio è presto superato.
Ma ciò che sfugge a questa beatifica visione è che l’uomo della società attuale conosce e considera una sola via alla realizzazione, alla soddisfazione dei propri desideri, ossia la via tecnica: la tecnica realizza tanti prodigi inattesi che necessariamente, quando un desiderio appare spontaneamente, l’uomo cerca risposta in un dato prodotto tecnico. Le rivolte studentesche, le critiche alla società dei consumi non fanno eccezione! L’esaltazione del desiderio ci proietta più rapidamente nella crescita tecnica. E ciò fa apparire l’altro errore: poiché razionale, la tecnica sembra essere la contraddizione dell’impulso fondamentale dell’essere. È un errore nei confronti della tecnica, che è, molto più profondamente, espressione dell’hybris. Brun dimostra in modo certo come la tecnica non sia la macchina cieca e fredda ma l’esaltante danza dionisiaca. Tecnica e desiderio si uniscono così a perfezione. Nella nostra società, l’esaltazione del desiderio può farci avanzare solo lungo la via tecnica. Per manifestare il rapporto profondo tra i bisogni umani e il loro soddisfacimento attraverso la tecnica, è inutile aggiungere lunghe trattazioni a riguardo di ciò che alcuni chiamano «bisogni nuovi o artificiali» creati in funzione della tecnica e attraverso la pubblicità, mentre altri ritengono che non ci sia nulla di nuovo e che non si possano compiere separazioni tra bisogni naturali e artificiali. Diciamo semplicemente che i bisogni fondamentali (nutrirsi, proteggersi dalle intemperie e dai pericoli) sono completati da un lato, frammentati in un’infinità di bisogni secondari dall’altro lato grazie ai prodotti e ai processi moderni. I bisogni secondari si innestano su desideri, sogni, tendenze più antichi ed essenziali, ma divengono rapidamente «naturali» e necessari. Essi hanno un’origine tecnica perché è il mezzo messo a disposizione per soddisfarli a renderli urgenti. Si può essere perfettamente liberi avendo a ogni pasto solo del riso da mangiare, e perfettamente alienati davanti al menù di un ristorante e alla scelta tra mille piatti diversi. In realtà, esistono solo ordini di scelta (l’ordine di scelta dell’uomo o della donna con cui si può costruire una vita è diverso dall’ordine di scelta di una marca di macinacaffè elettrico), di diversa natura, e zone di scelta. Per quanto concerne queste ultime, la zona delle mie scelte è perfettamente delimitata dal sistema tecnico: ogni scelta avviene all’interno del sistema, nulla lo oltrepassa. [...]
Bisogna dissipare il mito che la tecnica aumenti le possibilità di scelta: ovviamente l’uomo moderno può scegliere tra cento marche di auto e mille tessuti... cioè prodotti. A livello dei consumi, la scelta si basa su un più ampio ventaglio.
Ma a livello del ruolo nella società, a livello delle funzioni e dei comportamenti, c’è una considerevole riduzione. La scelta tra oggetti tecnici non è della stessa natura della scelta di un comportamento umano. Non c’è una categoria teorica della «scelta» che esprima la libertà. La parola «scelta» non ha alcun contenuto etico in sé, e non è attraverso la scelta di oggetti che si esprime la libertà. Ciò che ci viene offerto è la scelta tra due oggetti possiamo prendere uno e lasciare l’altro, ma mai una scelta più fondamentale, ad esempio tra ciò che è prodotto e ciò che è limitato dal processo di crescita del sistema, tra una possibilità e la soppressione dell’altra. L’aut-aut si basa su «o l’auto» «o la Tv» . Mai per esempio: o più elettricità o una riduzione dei rischi atomici. La scelta proposta è sempre falsa, perché il discorso tecnico normale consiste nell’affermare che non è necessario compiere una scelta, ma che è possibile accumulare tutto, ed essere così più ricchi e più spirituali, più potenti e più solidali. A un altro livello, si può dire che le scelte nella società tecnica vengano fatte altrove rispetto alla realtà di colui che sceglie. Il consumatore può scegliere tra moltissimi oggetti diversi da consumare, ma non sceglie mai a proposito degli investimenti, che dettano e decidono il consumo.