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Il Kirghizistan, la base, gli USA, la Russia e i soldi

di Peter Lavelle - 11/02/2009

Torniamo per un momento al Kirghizistan che avrebbe messo alla porta gli Stati Uniti negando loro l'uso della base aerea di Manas. Ne ha scritto il sublime Bhadrakumar nel suo pezzo dominato dalla metafora scacchistica, e il tema è stato ripreso da vari commentatori. Dovendo scegliere, riporto due interventi interessanti che fanno luce sui diversi aspetti della decisione kirghiza.

L'articolo di di Peter Lavelle, opinionista di Russia Today, è utile perché riassume schematicamente alcuni punti probabilmente azzeccati.

Traduco e sintetizzo (traduzione libera del titolo):

Washington, l'uscita è da quella parte

Dunque il Kirghizistan ha deciso di mettere alla porta gli americani: Washington non è più ospite gradito alla base militare di Manas. Al contempo il Kirghizistan ha deciso di rafforzare i legami con la Russia. Non dovrebbe sorprenderci: per come vanno le cose, a Washington non potrebbe importare meno degli interessi del Kirghizistan in fatto di sicurezza o delle preoccupazioni di Russia e Asia Centrale sotto questo aspetto.

Cerchiamo di essere realistici. Perché Bishkek ha deciso di chiudere il contratto di affitto della base firmato subito dopo l'11 settembre? Secondo me ci sono vari motivi. E ricordiamoci che gli americani avevano detto di aver bisogno di Manas solo “temporaneamente”. Be', temporaneamente cominciava a diventare “per sempre”. E il Kirghizistan non aveva firmato per questo.

Ecco una serie di possibili motivi del cambiamento di rotta kirghizo:

1. Il Kirghizistan naviga in cattive acque: la sua economia è in gravi difficoltà e questo alimenta l'estremismo islamico. Il Kirghizistan ha semplicemente bisogno di aiuti finanziari, e Mosca ha fatto un'offerta a Bishkek, un affare che vale il doppio del suo attuale PIL annuo. Non è stato esattamente un quid pro quo, ma il fatto è che nella politica internazionale gli stati devono fare degli scambi. Comunque gli americani non erano mai stati ben accetti in Kirghizistan: due donne kirghize erano state investite da soldati americani e un uomo era stato ucciso senza alcun motivo a colpi d'arma da fuoco. Secondo l'accordo in vigore tra Stati Uniti e Kirghizistan per l'uso della base, il personale militare americano gode dell'immunità rispetto alla legge kirghiza.

2. Il Kirghizistan non vuole più stare in prima linea nella fallita “guerra al terrorismo” dell'America. Il disastro in Afghanistan non si sistemerà ancora per un bel po' e Bishkek non vuole più essere associata agli sforzi di guerra americani.

3. Il Kirghizistan capisce che gli Stati Uniti potrebbero cambiare atteggiamento con l'Iran, ma anche no. Ancora una volta, non vuole schierarsi pubblicamente solo per i pochi soldi che riceve per l'affitto di Manas. Cedere l'uso di Manas significava guadagnare un po' di soldi facili, non vendere l'anima del paese a Washington per il resto del tempo.

4. Il Kirghizistan è semplicemente troppo piccolo, fragile e debole per ignorare le realtà geopolitiche. Vuole fare parte della regione e ha la necessità di armonizzarsi con i suoi vicini. E Manas era un punto dolente nei rapporti con i russi e i cinesi. Manas aveva concesso all'esercito statunitense la capacità di “osservare” i movimenti delle operazioni militari di Russia e Cina.

5. Il Kirghizistan è profondamente preoccupato per quello che sta succedendo in Afghanistan, e lo stesso vale per la Russia. Chiedere agli americani di lasciare Manas rafforza la posizione della Russia a scapito di Washington.

6. Non credo che la decisione di Bishkek sia un voluto affronto a Washington. Essenzialmente il messaggio è: “Possiamo esservi utili, ma come partner di Mosca. Che Mosca vada avanti, noi seguiremo”.

Si spera che Washington e Bruxelles capiranno i ragionamenti di Bishkek. La NATO è nei guai fino alla punta dei capelli in Afghanistan. Deve volgersi a Mosca per elaborare una nuova strategia per l'Afghanistan. Come ho scritto ripetutamente, dipende da Washington. Il Kirghizistan ha deciso di uscire dal “grande gioco”.

Link:
Peter Lavelle's weblog

"Cedere l'uso di Manas significava guadagnare un po' di soldi facili, non vendere l'anima del paese a Washington per il resto del tempo", scrive Peter Lavelle. Bene, a quanto pare quei soldi non erano così facili. O meglio, non erano finiti nelle casse dello Stato ma nelle tasche dei familiari dell'ex presidente. Insomma, alla base della decisione del Kirghizistan ci sarebbe una faccenda di soldi.
Ecco cosa scrive Laura Rozen su Foreign Policy:

Guai in Kirghizistan
di Laura Rozen

Mentre la Repubblica del Kirghizistan minaccia di cacciare gli Stati Uniti dalla base di Manas, da loro utilizzata come importante punto logistico e di rifornimento verso l'Afghanistan, fonti a conoscenza degli eventi dicono che sotto c'è una storia di pagamenti precedentemente fatti dagli Stati Uniti e che non sarebbero arrivati nelle casse del governo di Bishkek ma nelle tasche di imprese controllate dalla famiglia dell'ex presidente Askar Akayev.

Nel 2006 la NBC riferì che il governo degli Stati Uniti aveva pagato più di 100 milioni di dollari a imprese controllate dalla famiglia dell'ex presidente:
“L'esercito degli Stati Uniti ha indirizzato più di 100 milioni di dollari in contratti di subfornitura al monopolio del combustibile della famiglia Akaev, secondo compagnie statunitensi che hanno presieduto ai pagamenti e alle transazioni”.

Un rapporto dell'FBI ottenuto dal giornalista Aram Roston “suggerisce che la famiglia del presidente [kirghizo]... controllava una vasta rete criminale internazionale che comprendeva anche tutta una serie di compagnie di facciata negli Stati Uniti”.

“Fondamentalmente si è sempre trattato di soldi”, dice Alexander Cooley, professore di scienze politiche al Barnard College ed esperto di basi militari statunitensi. Quando la Rivoluzione dei Tulipani del marzo 2005 costrinse Akayev alla fuga per Mosca, il nuovo governo chiese agli Stati Uniti di pagare per l'utilizzo della base. “Arriva il tizio nuovo, Bakiyev, e prevedibilmente capisce subito che Akayev traeva profitto personalmente dalla base e che bisognava doveva rinegoziare le riscossioni in modo da beneficiare il Kirghizistan”.

Aggiornamento: Una fonte del Kirghizistan coinvolta nei negoziati ha raccontato a The Cable che l'amministrazione Obama sta ereditando la crisi della base kirghiza, una crisi che cova da molto tempo ed è stata trascurata per anni dall'amministrazione Bush.

“Il governo degli Stati Uniti avrebbe potuto evitarlo se fosse stato sensibile alle lamentele kirghize”, ha detto la fonte. “Quando [a Bishkek] il nuovo governo è salito in carica e ha scoperto l'imbroglio, ha chiesto agli americani un risarcimento per le perdite. Ma gli americani hanno esitato a riconoscere che ci fosse qualcosa di sbagliato”.

Secondo la fonte, il governo kirghizo aveva sollevato la questione con l'ex Segretario della Difesa Donald Rumsfeld, l'ex Segretario di Stato Condi Rice e il Segretario della Difesa Robert Gates.
“Torna a merito di Gates l'aver detto di non conoscere la questione e che avrebbe fatto loro sapere. Ma non l'ha mai fatto”.

Un portavoce del Dipartimento della Difesa ha detto: “I negoziati iniziali e le discussioni attuali [sulla base] sono stati tutti condotti dal Dipartimento di Stato... per quanto ne so, [il Pentagono] normalmente non parla agli organi di governo. Ci rivolgiamo al Dipartimento di Stato e all'ambasciata”.

Lo scorso mese il comandante di Centcom Generale David Petraeus è stato a Bishkek, ma gli è stato negato un faccia a faccia con il Presidente kirghizo, anche se ha incontrato funzionari del suo ufficio che hanno risollevato la questione dei pagamenti.

Secondo la fonte, la settimana scorsa l'ambasciatore del Kirghizistan a Washington ha parlato della faccenda con Hillary Clinton. Ha fatto capire che venivano prese in considerazione varie opzioni per “salvare la faccia” a tutte le parti coinvolte. Tra queste opzioni c'è forse la possibilità che gli Stati Uniti annuncino che lasceranno la base dopo un certo numero di anni. Probabilmente si sta discutendo anche di qualche forma di pagamento. (Le fonti dicono che il Kirghizistan inizialmente aveva chiesto 150 milioni di dollari all'anno per l'uso della base, ma i costi per la permanenza sono destinati a lievitare).

Un portavoce del Dipartimento di Stato ha detto che avrebbe fatto le necessarie verifiche. Nel frattempo, ha dichiarato, la posizione del governo degli Stati Uniti è che non ha ricevuto dai kirghizi alcuna notifica sulla chiusura della base.

Fonte:
Trouble in Kyrgyzstan